di Cesare Sacchetti

Nel suo ultimo editoriale pubblicato in una delle sue riviste preferite, Project Syndicate, uno dei media prediletti dei poteri globali, George Soros ha lanciato un vero e proprio “allarme”.

Secondo il finanziere di origini ungheresi e askenazite già noto in Italia per il suo famigerato attacco speculativo alla lira nel 1992, la Russia e la Cina starebbero mettendo a rischio la civiltà per come la conosciamo.

La cosiddetta civiltà di cui Soros sta parlando in realtà non è altro che l’ordine globalista liberale che è stato partorito alla fine della seconda guerra mondiale.

È l’ordine secondo il quale è l’Occidente liberale nelle vesti del blocco Euro-Atlantico ad essere il pilastro economico, militare, e geopolitico del cosiddetto Nuovo Ordine Mondiale.

Il pensiero globalista aveva in mente già all’epoca una gerarchia piuttosto precisa nella distribuzione del potere.

Questo pensiero mirava e mira alla costruzione di una sorta di repubblica universale nella quale un domani gli Stati nazionali non esisteranno più.

La filosofia globalista è la negazione della sovranità e dell’indipendenza delle nazioni. È una filosofia autoritaria molto più pericolosa e autoritaria dei totalitarismi del secolo scorso perché minaccia la pace e la prosperità di ogni singolo popolo che abita il pianeta.

L’Occidente liberale assieme alle sue istituzioni cardine, tra le quali ci sono, solo per citarne alcune UE, NATO e FMI, è stato indubbiamente la forza motrice di questo disegno.

A sua volta, dopo il crollo del muro di Berlino si è aggiunta alla partecipazione di questa visione la dittatura comunista cinese che è stata il motore della globalizzazione economica.

Il patto tra la Cina comunista e l’Occidente liberale

Ciò che potrà sorprendere molti lettori è proprio questo. Soros era l’uomo che ieri tesseva le lodi della Cina fino a definirla un “governo più funzionale di quello degli stessi Stati Uniti” mentre oggi la definisce apertamente una “minaccia”.

Per comprendere le ragioni di questo divorzio tra la finanza anglosassone e la Cina, occorre prima risalire alla causa di ciò che ha originato la vertiginosa ascesa della Cina negli anni addietro.

La potenza della Cina comunista non viene infatti dal nulla e può essere spiegata soltanto con l’appoggio e il sostegno ricevuto dal gotha della finanza mondiale.

La filosofia economica di questi ambienti finanziari non è altro che quella del neoliberismo. Nel neoliberismo, i veri signori dell’economia e della finanza sono un manipolo di oligarchi e di banchieri che accumulano nelle loro mani un potere così enorme e dominante da metterli al di sopra degli stessi Stati nazionali.

Quando non esiste un attore, in questo caso lo Stato, che governa e partecipa ai processi economici si crea un vuoto e a riempire questo vuoto di potere sono gli oligarchi e le loro corporation.

Il potere viene tutto trasferito nelle mani dei privati. Sono loro il vero Stato, poiché quello formale è divenuto un simulacro giuridico privo di effettivi poteri.

Per dare una idea di come le grandi corporation abbiano raggiunto una influenza superiore a quella degli stessi Stati si pensi al fondo di investimenti americano BlackRock che è arrivato ad accumulare risorse pari alla folle cifra di 16 trilioni di dollari, superiore al PIL della Cina stessa o dell’Unione europea.

È in questi fondi che si annida il vero potere della finanza mondiale e delle famiglie di banchieri come i Rothschild che nascondono sempre la loro partecipazione azionaria in un dedalo inestricabile di scatole cinesi.

La globalizzazione è stata l’ordigno che ha fatto esplodere il neoliberismo, e la Cina può senz’altro considerarsi come la miccia che ha innescato il micidiale meccanismo.

Per poter produrre una quantità praticamente infinita di beni a basso costo e di bassissima qualità occorreva individuare un Paese che avesse al suo interno un bacino praticamente infinito di manodopera a bassissimi costi.

È questa la ragione per la quale l’ascesa della Cina non è stata decisa a Pechino. È stata decisa negli ambienti finanziari di Wall Street e della City di Londra che hanno fatto affluire una quantità enorme di capitali verso la terra del dragone.

La migrazione in Cina di tutte le multinazionali americane siglò il patto tra i poteri finanziari dello stato profondo di Washington e la dittatura comunista cinese.

L’apertura dei mercati Occidentali alle merci cinesi sarebbe stata difatti impossibile senza che gli organismi di controllo dell’UE e degli USA ne avessero permesso volutamente l’ingresso.

Fu infatti proprio l’amministrazione del democratico Clinton a permettere l’ingresso della Cina nell’Organizzazione mondiale del Commercio sotto le false premesse che la Cina si sarebbe “democratizzata” e che i deficit commerciali non sarebbero aumentati.

Ovviamente si è verificato il fenomeno opposto e le ragioni sono facilmente intuibili. Se si aprono i mercati a delle merci prodotte a bassissimo costo non si farà altro che disoccupare la propria manodopera di alta qualità, e aumentare enormemente il numero delle importazioni da quel mercato.

La globalizzazione è stata una partita con delle regole truccate sin dal principio perché coloro che hanno scritto le regole volevano che Pechino vincesse a tavolino.

La Cina quindi per come l’abbiamo conosciuta è una creazione diretta dell’Occidente liberale. Non esisteva sotto un punto di vista industriale prima degli anni 90, e fu creata artificialmente dal potere finanziario per andare verso la visione di un mondo nelle mani di una governance globale.

La Cina è servita per bloccare l’ascensore sociale, e a precipitare verso il basso la classe media dei Paesi Occidentali che sono state letteralmente schiacciate dall’avvento della globalizzazione.

Gli unici che sono saliti al piano superiore sono gli oligarchi Occidentali e cinesi che hanno visto aumentare a dismisura le loro ricchezze fino ad arrivare ad una forbice sociale senza precedenti.

Ad oggi, il 76% delle ricchezze è concentrato nelle mani di un 10%, costituito da un manipolo di capitalisti che hanno accumulato ricchezze ancora più enormi dopo l’avvento della farsa pandemica.

Tutto quindi sembrava procedere senza particolari intoppi. La luna di miele tra le élite occidentali e Pechino sembrava consolidata.

I rapporti successivamente hanno iniziato a incrinarsi. Soros in realtà aveva già lanciato in questo senso “l’allarme” nel 2019 quando definì per la prima volta il presidente cinese Xi Jinping come il più “feroce nemico delle società aperte”.

Per società aperta si intende sostanzialmente quel modello che porta appunto allo scioglimento dello Stato nazionale, dei suoi confini e conseguentemente anche della sua identità etnica e culturale.

Nella repubblica universale totalitaria il tutto si fonde con l’uno, dove per uno si intende il Leviatano assoluto, il tiranno globale che impera su ogni nazione.

L’Occidente già si era reso conto che c’era un problema con Pechino. La Cina aveva accettato il patto con il potere globalista ma soltanto qualora questi fosse finalizzato soltanto ed esclusivamente gli interessi nazionali cinesi.

La Cina ha un modello economico sotto certo aspetti persino più imperialista di quello Occidentale, vista la sua colonizzazione selvaggia del continente africano.

Il potere economico di Pechino è una leva per conquistare progressivamente tutte le nazioni e renderle delle colonie cinesi.

A questo proposito l’esempio della via della Seta è perfettamente calzante. I Paesi che si sono trovati a firmare questo accordo con la Cina si sono ritrovati invischiati in una trappola del debito che li ha portati poi a cedere tutte le loro infrastrutture chiave alla dittatura comunista cinese.

Il dragone in questo modo si è fagocitato intere nazioni come accaduto ad esempio con il Sri Lanka costretto a cedere i suoi porti per ripagare gli esorbitanti debiti contratti con i cinesi.

La previsione di Q: Stati Uniti, Russia e Cina alleati contro il globalismo

All’Occidente liberale tutto questo è andato sostanzialmente bene fino a quando questa enorme accumulazione di potere cinese fosse servita poi a raggiungere il fine ultimo del globalismo, ovvero il supergoverno mondiale.

George Soros e i suoi storici referenti nel mondo della finanza, su tutti la famiglia Rothschild, hanno dovuto prendere atto di una realtà inaspettata. La Cina non è interessata a rinunciare alla sua sovranità. La Cina non vuole smettere di esistere come Paese e non vuole portare in dote il suo potere ai vertici del mondialismo che sono stati coloro che l’hanno costruita.

Questa è stata una delle ragioni principali che hanno portato al fallimento del Grande Reset concepito da Davos sin dall’inizio dell’operazione terroristica del coronavirus.

L’idea era quella di dare vita ad una società globale talmente integrata da prevedere ovunque gli stessi modelli autoritari.

Ovunque si sarebbe dovuto ricorrere al vaccino obbligatorio, nuovo marchio razziale della società liberale, per poter entrare in un luogo pubblico.

Ovunque si sarebbe dovuto esibire permanentemente questo infame marchio per poter accedere al proprio posto di lavoro.

Coloro che si fossero opposti sarebbero stati messi progressivamente al bando fino ad essere messi in dei veri e propri campi di detenzione COVID.

Il piano così come l’avevano concepito le alte sfere del club di Davos e il suo ideologo massone, Klaus Schwab, è invece rovinosamente fallito.

Sono troppi gli attori geopolitici che mancano all’appello, e soprattutto le superpotenze globali che avrebbero dovuto dare il loro imprescindibile sostegno, Stati Uniti, Russia e Cina, si sono tutte opposte fermamente al piano.

Per comprendere la strategia del Nuovo Ordine Mondiale occorre ragionare su un piano che supera i propri confini del proprio Stato nazionale. Il Nuovo Ordine Mondiale come dice la parola stessa è “mondiale” per definizione, non locale, e quindi non può essere eseguito soltanto in singoli Paesi.

Occorre immaginare il mondo come una scacchiera dove alcuni pezzi sono più fondamentali e strategici di altri per vincere la partita.

Gli architetti di Davos non sono riusciti a raggiungere il loro disegno ultimo proprio perché non disponevano e non dispongono tuttora dei pezzi senza i quali la partita non si può vincere.

E quei pezzi come si accennava in precedenza sono proprio gli Stati Uniti, la Russia e la Cina.

A questo proposito viene in mente uno scritto pubblicato da Q qualche tempo sulla sua bacheca. Per coloro che non sapessero chi è Q, l’ipotesi più probabile e accreditata è che dietro questa lettera si nasconda un gruppo di intelligence militare americana che ha affiancato Trump sin dall’inizio del suo mandato e con ogni probabilità ancora prima della sua candidatura.

Lo scopo di questo gruppo è quello di separare e liberare gli Stati Uniti dal governo occulto dello stato profondo che ha controllato l’America per molti decenni.

Molta disinformazione è stata fatta al riguardo su Q e molti, alcuni in buonafede molti altri in malafede, l’hanno liquidata come una sorta di psy-op, ovvero un depistaggio concepito da qualche agenzia di intelligence dello stato profondo americano per ingabbiare i dissidenti e portarli in un vicolo cieco.

Se si studiano attentamente gli scritti di Q, i cosiddetti drop, e si guarda con attenzione agli accadimenti degli ultimi anni, si vedrà che è in realtà è accaduto l’esatto opposto.

Il mondo è andato sicuramente vicino al baratro del governo mondiale, ma il disegno originario del potere globale è andato praticamente in frantumi.

L’alleanza più palese e naturale che si è creata in questo senso in chiave patriottica e anti-globalista è stata quella tra Donald Trump e Vladimir Putin dal 2016 in poi.

Quando i poteri dello stato profondo di Washington hanno perduto il controllo degli Stati Uniti hanno subito una perdita pesantissima, praticamente incolmabile. Hanno perduto il pezzo più importante della scacchiera, quella regina che gli aveva consentito di portare avanti tutti i piani del vero potere finanziario internazionale.

Il disegno originario era quello di mandare alla Casa Bianca una delle tradizionali referenti del potere di Washington, la “democratica” Hillary Clinton.

Alla Clinton sarebbe spettato il compito di gestire gli Stati Uniti durante l’operazione terroristica del coronavirus e di dare l’accelerazione massima e definitiva verso il Grande Reset globale.

Non è accaduto. Alla Casa Bianca c’era un presidente che era ed è fermamente opposto all’idea di un governo mondiale.

La dottrina del “Prima l’America” ha segnato un punto definitivo della dipendenza degli Stati Uniti dai vari circoli dello stato profondo quali il CFR, il gruppo Bilderberg e la Trilaterale che sono tutti sottomessi a loro volta al potere delle grandi famiglie di banchieri quali Rothschild, Rockefeller, Dupont e Astor.

La separazione tra gli Stati Uniti e il globalismo non si è nemmeno ricomposta sotto la cosiddetta amministrazione Biden perché questa non sta eseguendo l’agenda prescritta di questi poteri.

Piuttosto prosegue, incredibilmente per alcuni, a tenere distante gli Stati Uniti dall’Unione europea e dalla NATO.

È un argomento che è stato affrontato numerose volte e già in passato abbiamo avuto modo di spiegare questa enorme anomalia attraverso una decisione presa da Trump prima di lasciare la Casa Bianca.

La decisione in questione è stata quella di firmare l’atto contro le Insurrezioni che ha trasferito il potere ai militari nel gennaio del 2021 per impedire la riuscita del colpo di Stato elettorale del novembre del 2020.

I poteri dello stato profondo portarono in atto la più grossa frode elettorale della storia perché avevano bisogno di riprendersi il controllo del loro pezzo pregiato senza il quale la partita non poteva essere vinta.

La contromossa di Trump ha sventato il golpe e il globalismo oggi si ritrova in braghe di tela.

L’alleanza tra Trump e Putin si è consolidata ancora di più e l’operazione militare in Ucraina condotta dai russi sta dando l’ultima spallata definitiva al traballante pilastro dell’Occidente liberale, la NATO e il cosiddetto blocco Euro-Atlantico.

La Russia ha deciso di condurre questa operazione proprio ora perché era ed è perfettamente consapevole che l’avversario è debole e diviso come mai prima. Soprattutto l’avversario è privo della protezione militare statunitense senza la quale nulla può di fronte a Mosca.

La Russia per molti anni è stata un incrollabile baluardo nell’impedire l’avanzata del totalitarismo mondiale ma spesso si ritrovava isolata sul piano internazionale. Oggi la Russia si guarda intorno e scopre che intorno a sé a solo alleati.

Non solo la Cina comunista che ha deciso di schierarsi apertamente con la Russia per contrastare i poteri Occidentali ma anche l’America Latina, l’Asia, l’Eurasia, e i Paesi arabi.

Sotto certi aspetti si sta manifestando già nei fatti quell’alleanza anti-globalista di cui parlava l’arcivescovo Carlo Maria Viganò.

Nell’idea degli architetti del caos il mondo avrebbe dovuto stringersi intorno all’idea del governo mondiale. Il mondo invece si sta stringendo intorno all’idea della preservazione della propria sovranità.

A questo punto, quello di Soros sembra un disperato grido d’aiuto. È il grido di aiuto di chi ha compreso che ormai la finestra di opportunità per giungere al Nuovo Ordine Mondiale si è definitivamente chiusa.

All’alleanza tra Trump e Putin si è unita la Cina anche se principalmente per i propri interessi nazionali e non perché abbia a cuore i destini dell’umanità.

Questo però non cambia un’evidenza di fatto. L’ordine liberale globale non ha più solidi perni di riferimento sui quali poter contare salvo la debole Unione europea le cui contraddizioni e divisioni si sono esacerbate ancora di più sotto la farsa pandemica.

È proprio di questi giorni la notizia che la BCE potrebbe sospendere nei prossimi mesi il programma di acquisto dei titoli di Stato, staccando definitivamente la spina alla moneta unica.

Sarebbe quindi la vittoria della linea dei falchi tedeschi e olandesi a prevalere e sarebbe la definitiva accelerazione della disgregazione del progetto europeo.

Il mondialismo quindi si ritrova in questa condizione. Ambiva alla conquista del mondo, ma ha subito un brusco risveglio e ha scoperto che è il mondo ad aver messo fine al mondialismo.

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