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Cesare Sacchetti

Il caso Cecchettin: il mistero del vicino di casa fantasma e la “confessione” lampo di Turetta

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Categorie: Notizie

30/11/2023

di Cesare Sacchetti

In ogni grande caso di cronaca nera siamo stati abituati spesso a vedere la comparsa di una sorta di supertestimone che corrobora l’impianto accusatorio delle autorità investigative.

Non di rado però quando spesso questi supertestimoni sono comparsi, essi si sono contraddetti oppure hanno più volte ritrattato e cambiato la loro versione dei fatti.

Il caso forse più clamoroso che si può citare a questo riguardo è quello di Gabriella Alletto, la testimone che accusò i due ricercatori universitari Ferraro e Scattone di aver sparato contro la povera studentessa universitaria Marta Russo, uccisa a soli 22 anni.

In quella circostanza si parlò persino di un intervento di due dirigenti della DIGOS che ebbero un colloquio con la Alletto in assenza dei suoi avvocati difensori, e dove la dipendente dell’università La Sapienza arrivò a individuare in Scattone e Ferrato i colpevoli dell’omicidio nonostante nei mesi precedenti la Alletto avesse persino detto di non essere entrata nella stanza da dove avrebbero sparato i due ricercatori.

Stavolta nel caso di Giulia Cecchettin non siamo ancora arrivati ad uno scenario simile, o se ci siamo arrivati esso non si è ancora pienamente manifestato alla luce del sole.

Ciò che sappiamo è quanto ci è stato detto dagli inquirenti fino ad ora e abbiamo visto che tale versione presenta palesi incongruenze e illogicità.

C’è un aspetto però sul quale crediamo non ci sia soffermati abbastanza e risale ai momenti iniziali della presunta aggressione di Turetta verso Giulia Cecchettin.

I misteri della notte dell’11 novembre

È necessario ancora una volta tornare a quella maledetta notte dell’11 novembre scorso, di sabato.

Per poter cercare di capire come sono andate realmente le cose, è necessario passare in sequenza più volte nella nostra mente i momenti chiave dell’accaduto come le immagini e i dialoghi di un film per cogliere magari quello che può esserci sfuggito prima e per vedere se ciò che abbiamo appena visto ha effettivamente un senso logico.

Secondo quanto è stato detto dalla magistratura e dai media mainstream, alle 23:15 circa inizia l’alterco tra Giulia Cecchettin e Filippo Turetta.

Il ritratto che stanno facendo i media dello studente universitario veneto è quello di una sorta di soggetto instabile che angosciato dal fatto di aver perduto la sua fidanzata avrebbe iniziato a tormentarla sempre più insistentemente.

Sorprende vedere che persino i genitori del giovane non si sottraggono affatto all’attenzione mediatica, e sorprende vedere che il padre di Filippo descriva suo figlio come una persona che probabilmente è stata colta da qualche disturbo psichico.

Nemmeno il tempo di cercare di capire come sono andate veramente le cose e nemmeno il tempo di voler parlare con il proprio figlio per provare a sentire almeno la sua versione dei fatti.

Addirittura i genitori di Filippo si sono rifiutati di vederlo in carcere perché non si sentirebbero pronti mentre invece non hanno avuto nessuna difficoltà a rilasciare dichiarazioni pubbliche ai media.

Come si vede, il prosieguo di questa vicenda non va affatto nella chiarificazione dei suoi punti oscuri ma piuttosto verso un loro completo oscuramento.

C’è fretta da parte di tutti di dire che il colpevole è Filippo senza però andare a spiegare quelle che sono delle palesi incongruenze.

Una in particolare è quella che riguarda l’inizio dell’aggressione a Giulia. Ci è stato riferito che questa sarebbe iniziata a circa 150 metri da casa della giovane studentessa universitaria e che un uomo avrebbe sentito le grida della giovane.

Il mistero del vicino di casa testimone dell’aggressione

Ora ciò che appare alquanto anomalo è che nessuno conosce l’identità di questo vicino di casa. Non si sa con certezza chi è, e per quanto ne sappiamo egli non è ancora nemmeno stato ascoltato dagli inquirenti.

È stato riferito che questa persona avrebbe chiamato il 112 per denunciare l’aggressione in corso ma che i carabinieri non sarebbero intervenuti per motivi che non sono ancora stati chiariti.

Se effettivamente le cose sono andate così, allora ci si aspetterebbe che la procura di Venezia proceda ad indagare su una possibile ipotesi di omissione di soccorso per il mancato intervento dei carabinieri ma non risulta ad oggi che i magistrati veneziani abbiano messo sotto inchiesta gli uomini della stazione dei carabinieri del posto.

Il luogo poi dell’aggressione, Vigonovo, è un piccolo Paese del Veneto di 9mila anime e non appare certo un posto dove ci sono moltissime chiamate alle forze dell’ordine.

Non siamo a Roma o Milano, dove la criminalità raggiunge purtroppo vette ben più alte e dove, non è un segreto, se si chiamano la polizia o i carabinieri non sempre gli uomini in divisa si presentano all’appuntamento.

Ad infittire ancora di più il mistero riguardo a questo presunto vicino di casa è il fatto che nessuno sappia chi sia.

Le televisioni che nei loro orrendi contenitori pomeridiani dove da anni c’è la celebrazione del trash e del gossip stanno allestendo una vera e propria fiction sul caso Cecchettin ma non sembrano interessate a sapere chi sia quest’uomo.

Semplicemente lo ignorano, eppure trovarlo sarebbe molto facile visto che in fondo si tratta di un piccolo paesino e non di una grande metropoli.

Si inseguono parroci, anziani seduti al bar, edicolanti e fiorai ma nessuno va dall’unica persona che potrebbe sulla carta testimoniare l’inizio dell’aggressione.

Ne dobbiamo dedurre che i media non vogliono andare da questa persona e questo ci induce a riflettere ancora una volta sulla scarsa volontà da parte di alcuni apparati di cercare la verità su questa storia.

Ancora più singolare il fatto che non esca nemmeno la conversazione telefonica tra il 112 e questo vicino di casa.

Ci viene fatta ascoltare la voce di Giulia che racconta della sua tormentata storia con Filippo ma non ci viene fatta ascoltare la voce di questo testimone fondamentale.

Soltanto ieri la trasmissione “Chi l’ha visto” ha cercato questo testimone fondamentale di cui non si è visto nemmeno il volto e che è apparso molto vago su ciò che avrebbe visto quella notte.

Secondo quello che scrive “Il Mattino” di Napoli l’uomo si chiamerebbe Marco Musumeci e ne dobbiamo dedurre, dato il cognome, che non ha origini venete. Al quotidiano napoletano, il testimone avrebbe detto di aver visto delle “sagome” senza però essere stato in grado di riconoscere i volti delle persone nè tantomeno senza confermare tutta la dinamica dell’accaduto.

Quando poi l’aggressione sarebbe iniziata ci è stato detto che Filippo avrebbe preso a calci e pugni la povera Giulia e poi l’avrebbe persino accoltellata per poi costringerla a salire con la forza nella sua Grande Punto.

Se le cose sono andate effettivamente così, è impossibile che non ci siano tracce di sangue visibili nella macchina di Filippo, eppure stando a quanto affermano le autorità tedesche la macchina non presentava visibili tracce ematiche.

Quando arriva a Fossò, vicino a dei capannoni industriali, Filippo si ferma e Giulia scende dall’auto. Nella ricostruzione che ci è stata fornita, la ragazza qui non avrebbe nemmeno provato a gridare a squarciagola né risulta aver provato a scendere dalla vettura quando Turetta ce l’avrebbe caricata a forza.

Se Filippo aveva estratto un coltello per colpire la povera giovane, avrebbe dovuto essere chiaro sin dal principio che il ragazzo voleva uccidere e non picchiare.

E quando una persona sfodera un coltello davanti ad una persona, ci si aspetterebbe che questa gridasse non solo “mi fai male” ma “aiuto, mi vuole uccidere”.

Sono quei momenti nei quali si attiva in ognuno di noi un istinto di sopravvivenza che porta, specialmente nei soggetti più deboli, quali le donne, a gridare disperatamente per provare a salvarsi e invocare aiuto in una situazione così disperata.

Nella ricostruzione che ci è stata fornita tutto questo però non risulta esserci. Non risulta esserci una Giulia che grida una volta giunta all’appuntamento con la morte a Fossò, e non risulta esserci nemmeno una seconda chiamata dei carabinieri da parte di un vigilante dei capannoni che circondavano la zona dove si era fermata la vettura.

Sono stati gli stessi carabinieri ad aver smentito che un vigilante li abbia chiamati, e quindi pensiamo che sia legittimo chiedersi se un addetto alla sorveglianza abbia mai assistito a tale scena e, se lo ha fatto, perché non ha avvertito le autorità di un’aggressione in corso.

Si era detto del sangue poco fa. Sempre secondo quello che riferiscono i media, ci sarebbero due macchie di sangue nei due distinti punti dell’aggressione.

Una vicino al parcheggio di Vigonovo, laddove il vicino di casa non identificato con certezza avrebbe sentito le grida. E l’altra a Fossò, laddove Giulia sarebbe poi morta dopo aver battuto la testa contro il marciapiede dopo che Turetta l’avrebbe spinta a terra.

Gli inquirenti hanno detto di aver rinvenuto un coltello da cucina nel parcheggio di Vigonovo che però non risulta essere l’arma del delitto ma non si capisce però la presenza di un oggetto simile in un luogo come quello.

Non crediamo che capiti tutti i giorni di trovare un coltello da cucina in un parcheggio a meno che qualcuno non abbia gettato dei rifiuti in strada ma non pare essere questo il caso.

Anche qui però si presenta lo stesso problema. Se Filippo ha accoltellato Giulia a Vigonovo e l’ha messa poi a forza nella sua vettura, perché nella macchina non ci sono tracce di sangue?

Secondo quello che riferiscono gli inquirenti della procura di Venezia, la giovane sarebbe morta per “shock ematico” e qui si apre un’altra rilevante questione.

Già avevamo visto la irritualità, per usare un eufemismo, dell’ordinanza di custodia cautelare della Gip di Venezia, Benedetta Vitolo, nella quale si arrivava ad utilizzare un linguaggio non consono ad un provvedimento emesso dalla magistratura quali “femminicidio” e si arrivavano a fare considerazioni che esulavano di molto dal perimetro dell’indagine.

Appare però ancora più irrituale che il Gip in questione abbia affermato che la causa di morte della Cecchettin sarebbe uno “shock ematico” quando non è nemmeno stata eseguita un’autopsia che verrà fatta soltanto i primi giorni di dicembre.

Anche in questa occasione questa decisione non appare molto conforme alle procedure perché l’autopsia non è stata ancora eseguita quando in questi casi, come quello di un omicidio, generalmente non passano molti giorni dal ritrovamento del corpo e quello dell’esame autoptico.

Qui invece si è deciso di attendere più di 15 giorni dal ritrovamento del cadavere e quello dell’autopsia e non se ne capisce francamente la ragione.

Ancora meno si comprende come il Gip di Venezia abbia potuto scrivere una ipotetica causa di morte senza avere nemmeno a disposizione il referto autoptico e come abbia potuto di conseguenza individuare in Filippo il responsabile del delitto, visto che non c’è ancora l’arma del delitto e nemmeno la vettura utilizzata presumibilmente per trasportare il cadavere per 139 km tra Veneto e Friuli in un tragitto che non ha senso alcuno se si batte la strada della premeditazione.

C’è poi un ulteriore elemento che solleva ulteriori perplessità su tutta la dinamica della storia.

L’indomani della scomparsa di Giulia quando il padre Gino presenta un esposto ai carabinieri di Vigonovo, gli uomini dell’arma non scrivono che la ragazza si sarebbe trovata in pericolo di vita ma parlano di “allontanamento volontario” ed escludono il pericolo di vita per la studentessa.

Se c’erano delle macchie di sangue vicino al parcheggio di Vigonovo e se Gino Cecchettin aveva fatto presente che Filippo la tormentava da tempo perché i carabinieri non hanno preso minimamente in considerazione l’ipotesi del rapimento e dell’aggressione?

C’è poi da mettere in rilievo che la confessione di Filippo è quantomeno anomala perché il giovane avrebbe subito ammesso le sue responsabilità senza però dare alcuna spiegazione su tutta la dinamica degli eventi.

Intanto si avvicina il funerale di Giulia il prossimo sabato e i media quasi certamente proveranno a spettacolizzare l’evento pur di agitare lo spauracchio dei cosiddetti “femminicidi” e portare avanti la venefica agenda del femminismo.

C’è molta fretta di archiviare la storia da parte della magistratura e dei media senza dare tutte le risposte alle contraddizioni del caso.

Da parte nostra, continueremo a mettere in rilievo ciò che non sembra affatto corrispondere al vero e continueremo a chiedere di fare davvero luce e di cercare la verità su questo caso che presenta delle enormi anomalie.

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14 Commenti

  1. P.

    Buongiorno alla redazione.
    Ho ragione di credere che questo omicidio-sacrificio umano in nome di qualche demone specifico abbia un legame con la vicenda mostri di Firenze. Il legame è il libro trovato, o che si dice sia stato trovato, accanto al corpo di Giulia: “Anche i mostri si lavano i denti”. L’originale in inglese è “Tooth Monsters”. Libro per bambini…
    È a mio modesto avviso un rimando ad un personaggio implicato- a quale titolo ancora non si sa -nella vicenda mostri, i cui denti analizzando la salma riesumata risultarono essere tutti stati curati e otturati con amalgama assai scadente quando era in vita.
    Cosa assai strana per una persona abbiente e attenta anche nel nutrirsi.
    Il libro non può essere casuale, e una giovane donna in procinto di laurearsi in ingegneria biomedica che non ha figli non ha alcun motivo di avere tale libro in borsa.
    È chiaramente un messaggio a qualcuno, da parte di chi vuole ancora a distanza di quasi 40 anni dalla presunta morte del personaggio, far restare aperta la partita.
    Anche il Veneto, il lago non sono casuali. Tutto legato al personaggio in questione.
    La Massoneria non lascia mai nulla al caso.
    Buon lavoro.

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  2. Federica Tregnago

    Complimenti dottor Sacchetti. Per la tenacia e la lucidità. Grazie

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    • Zeno

      Io sottolineerei anche la data, molto importante per “loro”.
      L’11/11 (le colonne massoniche, Joachim e Boaz) e il giorno di sabato, dedicato a Saturno/Crono.
      Il dio infero, che divora i suoi figli.

      Rispondi
    • Riccardo

      Non va bene affatto

      Rispondi
  3. Simonetta GIANNI

    Secondo me una ricostruzione così macabramente fantasiosa getta solo discredito sulle molte cose apprezzabili che lei fa. Il ragazzo ha confessato, lo ha fatto in Germania e lo ha fatto qui, è chiaro che il supertestimone ha visto solo delle sagome, ma perchè Turetta secondo lei è scappato, perchè prima ha avuto comportamenti da squilibrato che hanno visto diverse persone di cui si sa nome e cognome? Poteva anche un appassionato di massoneria e di satanismo e aver scelto le date non a caso, ma, la prego, non insista a voler sostenere che non è stato lui!

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    • La Cruna dell'Ago

      A me questo commento pare assurdo e vedo che purtroppo lei su questo si è messa al pari del mainstream. La confessione non vuol dire nulla se non è poi dimostrata dai fatti e provata da elementi oggettivi. Io non ho fatto “ricostruzioni fantasiose”. Ho analizzato la versione che ci è stata data, quella sì fantasiosa, e messo in evidenza come non stia in piedi.

      Rispondi
    • Cyberether

      Femminista da due soldi che vuole per forza dar colpa all’uomo.
      Vai nel mainstream

      Rispondi
  4. Giorgio

    Il suggerimento di Luca “ipotesi fantasiosa” si accorda bene con la frase, a dir poco ambigua, della nonna-scrittrice, intervistata in questi giorni. D’altra parte se il padre di Giulia si dedica a certi rituali è noto che “di rimbalzo” effetti deleteri psico-patologici possono manifestarsi nelle persone vicine. Come i fidanzati di figlie o figli eccetera…

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