di Cesare Sacchetti Mentre in questi giorni ancora si respira un’aria di incertezza e paura dalle...
Lo spygate: lo scandalo che i media italiani non vogliono raccontare
di Cesare Sacchetti
Potrebbe essere la trama tratta da un romanzo di spie partorito dalla penna di John le Carrè, ma in realtà forse questa storia è ancora più intricata e ricca di colpi di scena.
E’ la vicenda dello spygate che i media italiani continuano inspiegabilmente a ignorare.
Occorre andare con ordine per ricostruire i passaggi chiave della storia, altrimenti il lettore potrebbe perdersi tra i suoi dedali.
Questo blog aveva già trattato in precedenza lo spygate, e qui sinteticamente si ricorda che essa vedrebbe coinvolta l’Italia e i suoi servizi segreti in un spionaggio illegale nei confronti di Donald Trump.
Come si è già evidenziato in passato, il collegamento tra l’Italia e gli Stati Uniti viene dal misterioso personaggio noto come Joseph Mifsud, professore universitario della Link Campus, di cui ancora oggi non si ha più traccia, e si ignora persino se sia in vita.
La nascita dello spygate
Per capire meglio il ruolo di Mifsud, occorre un breve ripasso.
L’ex consigliere della campagna elettorale di Trump, George Papadopoulos, si reca a Roma nel marzo 2016, proprio per partecipare a delle conferenze organizzate dalla Link Campus.
A Roma, Papadopoulos entra in contatto con il professore Mifsud, il quale prospetta al giovane consigliere di Trump, la possibilità di ottenere da ambienti del Cremlino delle email compromettenti su Hillary Clinton, allora candidata dem contro Trump.
Papadopoulos abbocca all’esca del professore, e sarà così imprudente da confidare questa informazione nei mesi successivi al diplomatico australiano Alexander Downer, noto amico dei Clinton, che informerà prontamente i servizi di intelligence del suo Paese.
L’informazione poi viene girata dagli australiani ai colleghi americani consentendo così all’FBI di poter dare il vita all’operazione Crossfire Hurricane, tramite la quale la campagna Trump viene messa sotto sorveglianza per sospette collusioni con i russi.
Ai lettori che si fossero persi gli ultimi sviluppi, è utile ricordare che l’intera vicenda si è rivelata una enorme montatura e che ora stanno emergendo oscure trame tra l’intelligence italiana e quella americana, volte ad accusare falsamente Trump di essere un agente al servizio dei russi.
Il ruolo degli Occhionero nello spygate
In questa storia, sono finiti coinvolti anche i fratelli Occhionero, Giulio e Francesca Maria. Probabilmente molti ricorderanno i loro nomi per essere finiti al centro di un’inchiesta giudiziaria, nota come Eye Pyramid, condotta dalla procura di Roma che ha portato i due ad essere condannati in primo grado per accesso abusivo a sistemi informatici.
Ma che cosa c’entrano gli Occhionero con lo spygate e che ruolo avrebbero avuto i servizi italiani in tutto questo?
Giulio Occhionero è un ingegnere nucleare ed un analista finanziario, ed è anche titolare della società Westlands Security che ha i suoi server negli Stati Uniti.
L’ingegnere ha denunciato tentativi illeciti di accesso ai suoi server americani prima ancora di finire sotto la lente investigativa della procura di Roma.
Gli Occhionero sostanzialmente ritengono che l’inchiesta della procura di Roma contro di loro sia stata un elaborato tentativo per incastrarli e accusarli conseguentemente di hackeraggio informatico.
I due hanno denunciato i fatti in questione alla procura di Perugia, che li ha presi in seria considerazione tanto da indurla a chiedere il chiesto il rinvio a giudizio per omissione di atti d’ufficio e falso ideologico del pm della procura di Roma, Eugenio Albamonte, assieme a due agenti della divisione informatica della polizia postale, il CNAIPIC (Centro nazionale anticrimine informatico per la protezione delle infrastrutture critiche), accusati di falso e omessa denuncia.
Il processo è ancora in corso, ma la domande che ci si deve porre in questo caso sono altre: chi ha cercato di incastrare i due fratelli, e soprattutto per quale ragione?
L’idea di Occhionero, vicino agli ambienti conservatori repubblicani, è che qualcuno negli apparati di intelligence italiani abbia voluto mettere le mani sui suoi server per poterci piazzare le email compromettenti di Hillary Clinton e poi, in un secondo momento, associare questi server alla campagna di Donald Trump.
In altre parole, i due fratelli sarebbero stati incastrati dai vertici dei servizi per poter arrivare a un bersaglio più grosso, ovvero Donald Trump.
E’ importante ricordare che i tentativi di costruire il falso teorema che accusa Trump di essere un agente russo sono iniziati sostanzialmente con i viaggi di Papadopoulos a Roma nel 2016, proseguiti poi anche il 2017 nel tentativo di delegittimare il neo-eletto presidente americano.
Renzi e Gentiloni sapevano dello spygate?
In quegli anni, si sono succeduti due esecutivi in Italia: il governo Renzi e il governo Gentiloni. Che ruolo hanno avuto questi due governi in questa storia, e soprattutto sapevano i due di un eventuale coinvolgimento dei servizi segreti italiani nello spionaggio illegale contro Trump?
Papadopoulos, intervistato da La Verità qualche tempo fa, non ha dubbi. Renzi sapeva e ha eseguito gli ordini arrivati da Obama di utilizzare i servizi italiani per accusare falsamente Trump.
Da notare a questo proposito le singolari tempistiche degli incontri tra Renzi e Obama proprio mentre si stava sviluppando l’intrigo dello spygate.
L’ex primo ministro italiano ha incontrato difatti l’ex presidente USA nel ottobre 2016 alla Casa Bianca e in una successiva occasione a Milano nel maggio del 2017, quando i due non avevano più incarichi ufficiali.
Nella sua lettera indirizzata al Congresso americano e all’FBI, lo stesso Occhionero accusa apertamente la polizia postale italiana e il CNAIPC di aver hackerato illegalmente i server americani della sua società, la Westlands Security.
Secondo l’analista finanziario, la complessa tecnica di hackeraggio utilizzata dalla polizia postale non poteva essere messa in atto senza la collaborazione di un ente governativo, dal momento che per attuarla sarebbe stata necessaria l’assistenza di un fornitore di servizi internet, la TIM in questo caso.
Se tutto questo dovesse essere dimostrato, sarebbe la conferma di un ruolo quantomeno opaco delle agenzie di intelligence italiana che avrebbero giocato di sponda con quelle americane per costruire il falso caso del Russiagate.
In questo caso, i fratelli Occhionero sarebbero stati effettivamente vittima di una vera e propria macchinazione, una sorta di intrigo internazionale che vede coinvolti servizi italiani,americani e inglesi.
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Nel frattempo, c’è un importante sviluppo. Il capo della sezione FBI di Roma, Kieran Ramsay, che si era rifiutato di ascoltare l’ingegnere, sarà ora convocato dal Senato USA, davanti al quale dovrà chiarire meglio gli oscuri aspetti di questa vicenda.
Una scomoda e atroce verità potrebbe profilarsi all’orizzonte tale da implicare i governi Renzi e Gentiloni e i vertici di sicurezza nazionali.
E’ un caso che non sembra interessare ai media italiani, impegnati fino a poco tempo fa a dare il massimo risalto alla bufala del Russiagate e nessuno a questo enorme scandalo.
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Buona ricostruzione per sommi capi ma da tenere presente un fatto di grande importanza sempre eclissato da tutti i “news outlet”,un fatto che ulteriormente dimostra la predeterminazione della sequenza di avvenimenti che sostanzia lo Spygate-il fatto è che Papadopoulos nega incontrovertibilmente di aver parlato a Downer dell’offerta fattagli da Mifsud….Come dicevo,che non vi sia stata trasmissione di informazioni da Papadopoulos a Mifsud conferma che l’azionamento di Downer nei confronti dell’FBI era predeterminato,doveva accadere perché rientrava in un piano,lo Spygate appunto.Vedere il transcript dell’audizione di Papadopoulos presso la commissione parlamentare rinvenibile presso il sito di Doug Collins….