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Cesare Sacchetti

Il nein della Merkel alla riforma dell’euro:”nessuna condivisione dei debiti”

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Categorie: Notizie

04/06/2018

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di Cesare Sacchetti

A poco più di 48 ore di distanza dalla nascita del governo gialloblu, arriva già una doccia fredda sulle speranze di ammorbidire la rigidità teutonica su una modifica dei trattati UE e dell’assetto dell’eurozona.

La cancelliera Angela Merkel infatti ha rilasciato un’intervista alla Frankfurter Allgemeine Sonntagszeitung, nella quale si è espressa in maniera piuttosto esplicita sul tipo di riforme che ha in mente per l’eurozona.

Una serie di proposte che prevedono la creazione dell’EMF, l’acronimo che identifica l’European Monetary Fund, un Fondo Monetario Europeo simile alla struttura e ai compiti assegnati al Fondo Monetario Internazionale.

Sostanzialmente attraverso questa nuovo organismo, per la Cancelliera, consentirebbe agli stati membri in difficoltà di “avere la possibilità di aprire una linea di credito” da restituirsi sia nel breve periodo, un periodo non superiore ai 5 anni, sia in un arco temporale più lungo di 30 anni, durante il quale il paese che richiede l’intervento dell’EMF, dovrebbe adempiere ad una serie di riforme strutturali.

Il funzionamento di questa struttura non pare essere molto dissimile dall’attuale MES, il fondo salvastati creato nel 2012, al quale possono rivolgersi gli stati membri per ottenere prestiti necessari per reagire a shock esterni dove è necessaria una iniezione di liquidità.

Ma la proposta della Merkel non va per nulla nella direzione di quella auspicata da Macron lo scorso settembre davanti alla platea degli studenti della Sorbona a Parigi, dove disse chiaramente che per superare le sue criticità strutturali, l’eurozona aveva bisogno di dare vita ad unico budget fiscale per l’intera eurozona assegnato alla gestione di un superministro delle finanze UE.

Da tempo gli economisti hanno rilevato che la principale falla dell’unione monetaria è quella di non avere un unico debito pubblico per tutti i 19 stati membri dell’eurozona, garantito da una banca centrale che assicura la restituzione dei tassi di interesse ai detentori di titoli di Stato.

Per avere i cosiddetti “eurobond” quindi, sarebbe necessario che fosse la stessa Bce ad emetterli, una condizione che darebbe vita ad un unico debito pubblico europeo ed eliminerebbe necessariamente anche il problema del famigerato spread, dal momento che non esisterebbero più differenze tra i rendimenti dei vari titoli di Stato dei paesi dell’eurozona. Ci sarebbe, in questa situazione, un solo debito pubblico europeo.

Ma su questo punto la Merkel è stata piuttosto perentoria quando ha affermato che “la solidarietà non deve mai condurre verso una unione del debito, ma deve venire nella forma di un aiuto verso un aiutarsi da soli.”

La Germania non vuole i trasferimenti fiscali

In poche parole, la Germania continua a ribadire che gli Stati che hanno problemi dati dall’attuale struttura dell’eurozona, devono arrangiarsi e provvedere da soli ai loro problemi.

Stesso tipo di chiusura resta sull’ipotesi dei trasferimenti fiscali dai paesi in surplus commerciale, su tutti la Germania, verso quelli in deficit, Grecia e Portogallo in particolare.

Il cambio fisso dell’euro assegna un enorme vantaggio competitivo alle merci tedesche che continuano a beneficiare di una moneta troppo debole per i parametri dell’economia della Germania, mentre il Sud Europa si trova esattamente nella condizione opposta, appesantito nella sua competitività da una moneta troppo forte.

L’unione fiscale sarebbe l’unico modo per compensare questi squilibri, con la previsione di consistenti trasferimenti di liquidità dai paesi in surplus a quelli in deficit, ma anche su questo punto la Germania è completamente chiusa a qualsiasi ipotesi di discussione.

Come ha sostenuto lo stesso Fondo Monetario Internazionale recentemente, “senza un’unione fiscale, l’eurozona continuerà ad affrontare minacce esistenziali che i governanti non dovrebbero ignorare.”

Avvertimenti che cadono nel vuoto di fronte all’intransigenza tedesca che apre solo alla possibilità di dare vita ad un generico fondo di investimenti per l’eurozona di qualche miliardo di euro, ma del tutto insufficiente per sanare gli squilibri creati dall’unione monetaria.

Chi quindi continua a puntare il dito verso l’Italia per la tenuta dell’euro, viene smentito nuovamente. E’ la Germania che con le sue chiusure alle riforme sta facendo di tutto per far crollare la moneta unica.

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