di Cesare Sacchetti

Un rapporto redatto dal comitato disciplinare interno, l’organismo della Commissione europea che ha il compito di vigilare sul comportamento dei dipendenti dell’organo esecutivo dell’UE, ha rivelato un quadro di corruzione e malaffare in una delle istituzioni simbolo dell’UE, taciuto dai media mainstream.

I contenuti della relazione sono stati pubblicati recentemente sul quotidiano britannico Daily Mail e descrivono il lato oscuro di Bruxelles.

Al Berlaymont, l’edificio di Bruxelles che ospita la Commissione europea, lavorano complessivamente 32000 dipendenti in una delle istituzioni simbolo dell’Unione europea

Il comitato interno della Commissione in questo caso si è occupato di revisionare i casi di 77 persone, e le violazioni disciplinari riscontrate vanno dalle molestie alla produzione di fatture false, fino alla vera e propria corruzione.

Dopo aver revisionato i comportamenti illegittimi riscontrati nel 2018, l’organismo disciplinare ha licenziato 3 funzionari comunitari e degradato altri 7 dipendenti.

Ad uno di questi è stata contestata la consegna di materiale riservato alla stampa, un altro invece è stato accusato di “concussione e l’estorsione professionale”, mentre il terzo funzionario è stato allontanato per comportamento “aggressivo e minaccioso”.

La vicenda fa scalpore perché la Commissione europea nel corso degli anni non ha mancato di indirizzare duri rimproveri agli stati membri, specialmente ai Paesi del Sud Europa accusati di fare poco per contrastare la corruzione.

Ora emerge uno scenario fatto di affari illeciti, scambio di favori e corruzione che vede protagonista la stessa Bruxelles.

I casi infatti non si sono limitati al licenziamento dei tre dipendenti in questione.

Dopo l’indagine della commissione interna, 14 dipendenti sono stati accusati di “dichiarazioni illegali”, 14 accusati di molestie e altri 18 di “comportamento inadeguato”.

Tra le condotte illecite riscontrate c’è il caso di un dipendente che produceva false fatture di spese mediche per delle sedute di fisioterapia per le quali invece aveva beneficiato un suo parente.

Il conto ovviamente andava a carico della Commissione finanziata dai 28 Stati membri.

Nonostante questo, il dipendente in questione è riuscito a mantenere il suo posto di lavoro e se l’è cavata solo con un declassamento professionale.

In altre circostanze invece si riscontrava l’assenteismo vero e proprio dei funzionari, un comportamento che quando accade nelle istituzioni pubbliche italiane riscontra la massima attenzione mediatica, ma che stranamente non riceve lo stesso interesse quando riguarda le istituzioni comunitarie.

Altri invece erano in flagrante conflitto interessi, con un funzionario che somministrava contratti d’appalto a carico della Commissione ad una società nella quale c’era un suo parente, oppure un altro dipendente comunitario che invece prestava consulenze esterne ad una società, mentre manteneva il suo incarico al Berlaymont.

Anche in questa occasione, la Commissione ha deciso di non licenziare le persone che si sono macchiate di questi comportamenti, ma ha preferito piuttosto delle reprimende formali.

A quanto pare, lo standard di severità irreprensibile richiesto agli Stati membri e ai loro apparati pubblici si appanna notevolmente quando le istituzioni comunitarie devono applicarlo direttamente su di loro.

Allo stesso modo, si riscontra facilmente il doppio pesismo dei media italiani sempre pronti a dare la massima visibilità ai casi dei furbetti del cartellino nostrani, ma poco o nulla ai furbetti del cartellino dell’UE.

Il lato oscuro di Bruxelles continua ad essere ignorato dai media italiani.