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Aldo e Mario Mieli: i “padri” del movimento LGBT che voleva scristianizzare l’Italia
di Cesare Sacchetti
Se si parla del movimento LGBT, bisogna aprire le pagine del passato e risalire alle origini di questa “filosofia” che ha cambiato, o sfigurato, il volto dell’Italia e dell’Europa cristiana.
Verso la fine del 1800, inizia a prendere una prima forma il movimento di “liberazione” degli omosessuali già attraverso gli scritti del primo vero padre della ideologia queer in Europa, ovvero l’avvocato tedesco Karl Heinrich Ulrichs che iniziò a teorizzare che gli omosessuali non sono quello che sono per una qualche loro devianza sessuale, ma perché madre natura li avrebbe fatti così.
Si può dire che il famigerato motto del mondo LGBT “born this way”, nati in questo modo, e propalato dalla star del pop, Lady Gaga, sia stato per la prima volta coniato proprio da Ulrichs, fino a quando i suoi discepoli non hanno elaborato ancora più nel dettaglio questa sorta di determinismo biologico omosessuale.
Tra questi c’è una figura forse poco nota al grande pubblico, ovvero lo storico della scienza Aldo Mieli.
Aldo Mieli
Mieli nasce nel 1879 a Livorno da una famiglia di origini ebraiche e tra i suoi primi interessi alla fine della sua carriera scolastica c’è sicuramente il filone scientifico, tanto che il giovane ebreo toscano arrivò a conseguire la laurea in chimica nel 1904 presso l’università di Pisa, per poi diventare professore della stessa materia presso l’università La Sapienza.
Mieli però è ricordato molto poco per i suoi lavori scientifici, e molto invece per quelli della filosofia LGBT.
Lo scienziato livornese ha cercato di dare una dimensione più “scientifica” alla omosessualità che, a suo dire, poteva scaturire anche da una diversa conformazione dei genitali maschili e femminili.
Sono i primi vagiti della “biologia” omosessuale, un filone che ha in realtà praticamente nulla di scientifico e molto invece di ideologico.
Il movimento di “liberazione” gay non mirava tanto ad una emancipazione della comunità omosessuale, o ad una fine dello stigma morale che c’era sui vari sodomiti di quell’epoca.
I discepoli del medico pedofilo Magnus Hirschfeld
L’obiettivo è molto più ambizioso e lo si vede meglio quando nasce nei primi anni’20 in Germania il famigerato Istituto per la scienza sessuale del medico tedesco di origini ebraiche, Magnus Hirschfeld, senza dubbio una delle figure più importanti della comunità LGBT del secolo scorso.
Il contesto è quello della disastrosa repubblica socialista di Weimar.
Una volta patita la disastrosa sconfitta nella prima guerra mondiale, in Germania cade il reich e al suo posto giunge un governo di stampo liberal-progressista che trascina il Paese in un vortice di decadenza morale ed economica.
Weimar può considerarsi a tutti gli effetti un esperimento.
Durante quell’infausto periodo la Germania piomba nell’inferno della recessione economica a causa delle folli e insostenibili sanzioni impostegli con il trattato di Versailles, scritto in larghissima parte da vari esponenti del movimento sionista internazionale.
Se si vuole ricostruire più da vicino la storia della nascita delle sanzioni alla Germania, allora si può consultare quanto scritto da un testimone d’eccezione presente a quell’incontro come l’imprenditore americano di origini ebraiche, Benjamin Freedman, che riferì che a Parigi, luogo dove si discusse il trattato di “pace”, si parlava yiddish talmente numerosa era la presenza dei vari inviati di origini askenazite.
In Germania, nasce così il primo esperimento di demoralizzazione di una nazione in Europa, e Magnus Hirschfeld tramite il suo istituto ha un ruolo di assoluto primo piano.
Magnus Hirschfeld
Difficilmente nelle varie biografie su Wikipedia, l’enciclopedia “liberal”, si racconta che nell’istituto c’era una vasta sezione libraria dedicata alla pedofilia e alla bestialità, perché anche tali degenerazioni vengono viste dal medico tedesco come un momento di “emancipazione” delle pulsioni dell’individuo, “represso” a lungo dalla morale cristiana.
A detta di Hirschfeld, le sue origini ebraiche sono state decisive per elaborare la sua filosofia LGBT, tanto che quando nel 1921 fonda a Berlino la sua Lega mondiale per la riforma sessuale lo fa assieme ad un rabbino, Karl Abraham, e proprio lì il medico incontra Aldo Mieli, che diventa di fatto una sorta di suo epigono in Italia.
Aldo Mieli e la rivoluzione LGBT fermata dal fascismo
A volere a Berlino Aldo Mieli fu proprio Hirschfeld, che sotto certi aspetti affida al docente livornese la “missione” di perorare la causa del movimento LGBT in Italia, fino ad arrivare alla futura marcia di sdoganamento della pedofilia, uno degli obiettivi principali di questo gruppo.
Mieli fonda nel 1921 la Società italiana per lo studio delle questioni sessuali, che è la versione italiana dell’istituto per la ricerca sessuale di Hirschfeld, i cui articoli iniziano ad essere diffusi in Italia proprio grazie ad Aldo Mieli.
L’Italia in quegli anni non era nelle drammatiche condizioni nelle quali versava la Germania, ma la “vittoria mutilata” della prima guerra mondiale aveva lasciato molte ferite su un popolo che aveva pagato un alto tributo di sangue, senza ricevere in cambio quanto promesso da Londra, esperta nel doppiogiochismo e negli impegni non mantenuti.
Coltivava in quegli anni la possibilità che anche l’Italia seguisse la drammatica fine della Germania attraverso l’instaurazione di una repubblica social-democratica o comunista sulla falsariga di quella di Weimar, ma invece proprio nei primi anni’20 nel Paese si afferma il fascismo, un movimento politico che si propone di restituire all’Italia la dignità perduta e soprattutto di esautorare l’Italia dal controllo delle potenze straniere.
Una volta che il fascismo si insedia al potere nel 1922, i “piani” di Mieli subiscono una parziale battuta d’arresto perché gli articoli del professore di chimica devono a poco a poco essere “edulcorati” per non andare in netto contrasto con l’ideologia del fascismo.
Se nei primi anni dell’istituto c’erano articoli che inneggiavano alla normalizzazione della omosessualità, questi in seguito sono progressivamente spariti, e Mieli in qualche occasione elogiò persino il programma per la spinta demografica voluta da Mussolini, ma era soltanto una posizione di facciata, per non incorrere nelle sanzioni del governo fascista.
A dire che ormai l’aria per lui era “irrespirabile” da quando si insediò il governo Mussolini è proprio Mieli che si trasferì in Francia dopo il 1928, e da lì continuò la sua opera di “emancipazione” della omosessualità.
Mieli aveva sempre più difficoltà a far circolare le sue idee. Il fascismo non poteva tollerale la diffusione e soprattutto la promozione della omosessualità perché questa avrebbe condotto ad una progressiva demoralizzazione della società italiana, fino ad arrivare a mettere in discussione l’unica forma di famiglia naturale, quella tra uomo e donna, il matrimonio, senza trascurare l’apologia dell’aborto, del divorzio e la raccomandazione della chiusura delle case chiuse.
Aldo Mieli è stato un “pioniere” anche e soprattutto in questo.
Aveva disegnato il futuro modello di società laica e scristianizzata che si impose nei decenni a venire, ma il suo “torto” era stato quello di essere stato troppo avanti per la rivoluzione sessuale e demoralizzante che aveva in mente per l’Italia.
Sulla sua strada trovò il macigno del fascismo che lo costrinse ad annullare il congresso che aveva in mente del suo istituto nel 1928, e che dovette annullare proprio perché ormai Mussolini tollerava sempre meno che tale veleno potesse scorrere nella società cattolica italiana, e allora a Mieli non restava altra scelta che quella di migrare altrove.
Dopo il 1928, Aldo si trasferisce in Francia, dove trova un temporaneo rifugio negli anni’30 fino ad allontanarsi ancora una volta sale al potere il nazismo e in Francia si instaura la repubblica di Vichy.
Fino a quando ebbe margine per farlo, Mieli continuò la ricerca della “normalizzazione” della omosessualità, senza mai interrompere la convivenza con il suo storico “marito”, Angelo Pisani, da lui chiamato Angelino, che viveva con lui nonostante il matrimonio con la moglie Eda Bonacchi e le sue due figlie, e lo stesso fece il “padrino” dello scienziato italiano, Hirschfeld, che praticava con assiduità il travestitismo e dedicava la sue ultime energie, prima di morire nel 1935, alla creazione del “terzo sesso”.
Hirschfeld infatti credeva fermamente che si potesse cambiare “sesso”, un’assurdità biologica, e fu il primo medico al mondo a consentire un’operazione per una transizione di genere che venne fatta su un povero malcapitato travestito danese, Lili Elbe, che morì drammaticamente dopo l’operazione per compiacere la depravata ideologia dello stesso Hirschfeld.
Lili Elbe
Mieli forse se fosse rimasto in Italia e sotto un governo ben diverso da quello fascista, avrebbe tentato lo stesso esperimento nel Paese, ma il contrasto con il governo di Mussolini lo costrinse appunto, come detto, a migrare in Francia, dove restò nel 1939.
Aldo Mieli trascorse i suoi ultimi anni di vita in Argentina, ma intanto aveva gettato tutte le basi per la rivoluzione che lui e Hirschfeld avevano in mente contro la società cristiana.
Gli anni’60 sono il decennio perfetto per l’affermazione della filosofia liberal-progressista che si proponeva di raccogliere l’eredità dei due scienziati e lanciare così l’assalto all’Europa cristiana.
Ogni cosa andava messa in discussione, a partire alla famiglia, dal matrimonio, dalla difesa della vita fino al concepimento, al divorzio, e ovviamente alla pedofilia.
Mario Mieli: l’altro “padre” del movimento LGBT
A raccogliere l’eredità di Aldo Mieli è un altro Mieli, Mario, anch’egli di origine ebraica e del quale non si sa se ci sia qualche parentela tra lui, nativo di Milano, e Aldo, livornese, così come non è noto se ci sia una eventuale parentela con Paolo, già direttore del Corriere della Sera.
Mario Mieli
Quello che è noto che il padre di Mario, Walter, era originario di Alessandria d’Egitto, ed emigrò a Milano negli anni’20, così come dalla stessa città egiziana viene il padre di Paolo, Renato, militante del partito comunista emigrato anche lui nella città meneghina negli anni’20.
A parte le interessanti ricostruzioni genealogiche della famiglia Mieli, Mario dimostra sin dalla gioventù la sua spiccata omosessualità e sembra deciso a percorrere il cammino intrapreso da Aldo e Hirschfeld.
Mieli si proponeva di seguire in Italia le orme della scuola di Francoforte che si fondava su una sintesi della psicanalisi freudiana e sul materialismo storico di Karl Marx.
Secondo il giovane attivista gay, la “emancipazione” dell’omosessuale doveva passare attraverso il marxismo, motore della rivoluzione sessantottina che vuole smontare pezzo dopo pezzo la società cristiana per mettere al suo posto una società liquida, aperta come la definirebbe George Soros, a tutto ciò che porti all’estinzione dei valori tradizionali e della morale cristiana.
La tempesta sessantottina è semplicemente perfetta per il movimento LGBT perché le idee che Aldo Mieli voleva mettere in pratica con mezzo secolo di anticipo diventavano tragicamente realtà attraverso le leggi sul divorzio e sull’aborto, che non vengono nemmeno ostacolate a dovere da una Chiesa già in ritirata dopo il Concilio Vaticano II, che altro non è che una rivoluzione di natura liberale e massonica eseguita nel cuore della Chiesa Cattolica.
Mario Mieli teorizza così l’ultimo stadio di questa marcia di riconoscimento degli omosessuali fino a sostenere nel suo “Elementi di critica omosessuale” che i gay avranno il compito di far accettare la pedofilia nella società.
Mieli si esprime in questi termini al riguardo.
“Noi checche rivoluzionarie sappiamo vedere nel bambino non tanto l’Edipo, o il futuro Edipo, bensì l’essere umano potenzialmente libero. Noi, sì, possiamo amare i bambini. Possiamo desiderarli eroticamente rispondendo alla loro voglia di Eros, possiamo cogliere a viso e a braccia aperte la sensualità inebriante che profondono, possiamo fare l’amore con loro. Per questo la pederastia è tanto duramente condannata: essa rivolge messaggi amorosi al bambino che la società invece, tramite la famiglia, traumatizza, educastra, nega, calando sul suo erotismo la griglia edipica.”
I dubbi non ci sono dunque. L’arcobaleno LGBT si estende fino a volersi appropriare dei bambini e gli esperimenti di questa società priva della morale cristiana si iniziano a vedere proprio negli anni nei quali l’Italia viene laicizzata, quando nascono famigerate comuni in Toscana come il Forteto, dove la pedofilia era appunto di casa.
I risultati di questa marcia di “liberazione” si vedono sempre in quegli anni quando viene tolto nel 1973 dal manuale dei disturbi psichici l’omosessualità con grande gioia proprio di personaggi come Mieli che era stato in manicomio, che soffriva chiaramente di disturbi psichici, fino ad avere delle incontrollabili crisi isteriche in pubblico, e fino a praticare la coprofagia come il famigerato occultista Aleister Crowley, anch’egli molto dedito alla omosessualità.
Mieli stesso non faceva mistero di essere un praticante dell’esoterismo, e questa è forse la chiave di lettura più importante di tutte perché presso le alte sfere di questo movimento LGBT c’è chiaramente una presenza massonica e satanica che ha in odio la religione cristiana, e soprattutto il cattolicesimo, che costituisce la barriera di contenimento di tutta questa ondata di degenerazione.
Si possono vedere dopo più di un secolo i risultati di questa marcia di normalizzazione dell’omosessualità e della pedofilia.
Dilaga in ogni dove la demoralizzazione e la laicizzazione ha aperto di fatto la porta alla scristianizzazione, sino ad arrivare al punto in cui possono essere ostentati in pubblico simboli satanici, perché il vero scopo di questo movimento era in fin dei conti sostituire una religione, quella cattolica, con un’altra, quella esoterica e luciferina della massoneria.
Il movimento LGBT si è rivelato una delle armi principali di tale guerra all’Italia cattolica, e Aldo e Mario Mieli sono sicuramente i due “profeti” più importanti di questa continua ricerca della normalizzazione della omosessualità e di altre devianze, come appunto la pedofilia.
Se la laicizzazione è stata il cavallo di Troia principale di questi movimenti, allora non se ne può dedurre che l’unico vero antidoto è il ritorno alle radici cristiane e cattoliche.
La demoralizzazione avrà fine quando ci sarà il ritorno e la restaurazione del cattolicesimo, non ovviamente la versione ecumenica vatican-secondista, ma quella autentica, che ha fondato le radici dell’Europa cristiana negli ultimi 2000 anni.
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