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Cesare Sacchetti

Trump attacca l’esercito europeo e si riavvicina alla Russia

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Categorie: Geopolitica

17/05/2019

di Cesare Sacchetti

Una lettera di avvertimento contro l’eventualità di dare vita ad un esercito UE, è stata fatta recapitare dall’amministrazione Trump a Federica Mogherini, alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri.

La missiva porta la firma di Ellen Lord, sottosegretario USA alla Difesa, e di Andrea Thompson, sottosegretario di Stato e lancia un duro monito alla controparte europea sulla possibilità di realizzazione di una forza unica di difesa europea.

Gli USA in particolare hanno messo nel mirino il PESCO, il Permanent Structured Cooperation, ovvero il quadro di riferimento generale comunitario che dovrebbe dare vita al progetto di difesa unico dell’UE, e il Fondo europeo di difesa, il budget stanziato da Bruxelles per realizzare l’esercito UE.

L’accordo è stato firmato da 25 dei 28 Stati membri e la sua realizzazione prevedrebbe la costituzione di una sorta di esercito comune europeo.

Non è la prima volta che gli USA mostrano irritazione di fronte alla possibilità che l’UE si doti di proprie forze armate autonome.

Già lo scorso anno, il presidente Trump aveva espresso tutte le sue critiche in un tweet polemico contro il presidente francese, Emmanuel Macron, definendo un “insulto” la possibilità che l’Europa si dotasse di una sua forza armata autonoma.

Il tweet del presidente Trump contro l’esercito UE

Washington ha espresso in questo caso tutte le proprie riserve principalmente per due ragioni.

La prima è la possibilità di creare una forza armata che non solo non possa cooperare con la NATO in Europa, ma che potrebbe rivelarsi d’intralcio con le forze atlantiche.

La seconda è che le regole del Fondo europeo della difesa assegnerebbero una corsia preferenziale per le commesse militari alle imprese che operano principalmente in Europa, pregiudicando in questo modo la possibilità all’industria militare americana di rifornire il futuro esercito europeo.

Il ministro della Difesa tedesco, Ursula von der Leyen, ha provato a rassicurare la controparte USA sul fatto che la Difesa unica europea non ostacolerebbe in alcun modo gli impegni dei Paesi UE di aumentare la loro quota di spesa a sostegno della NATO, ma Washington appare tutt’altro che persuasa.

A questo punto, si apre un nuovo fronte di crisi tra Bruxelles e Washington, capace di generare ulteriori fratture sul piano delle strategie di difesa del continente europeo.

La sicurezza del continente europeo fino ad ora era stata rimessa interamente alla NATO, e conseguentemente agli USA, dal momento che questi sono i primi contributori dell’organizzazione atlantica.

Se fino ad ora Washington non aveva mai chiesto contrappesi alla controparte europea in cambio della sua protezione, l’amministrazione americana ha rimesso in discussione questo principio, chiedendo l’aumento del budget per la NATO ai Paesi membri fino al 4% del PIL.

Il ruolo di “poliziotto del mondo” va piuttosto stretto alla Casa Bianca nel suo nuovo corso di America First, e per questo motivo lo stesso Presidente Trump avrebbe più volte espresso ai suoi collaboratori il desiderio di lasciare il Patto Atlantico.

Si tratterebbe ovviamente di uno scossone geopolitico senza precedenti tale da far crollare definitivamente l’impianto dell’ordine liberale internazionale, l’assetto geopolitico che sin dal 1945 ha visto gli USA esercitare il diritto di intervenire militarmente sullo scacchiere globale per mantenere in vita tale equilibrio.

L’approccio di Trump sta cambiando radicalmente i rapporti tra Washington e Bruxelles, e le possibilità di uno strappo definitivo tra USA e UE si fa sempre più concreta.

Le incomprensioni tra i due blocchi rischiano quindi di estendersi dal settore dei rapporti commerciali, dove gli USA sono pronti a imporre dazi per ridurre l’export di auto UE, soprattutto quello tedesco, al settore della Difesa.

Gli USA rompono con Bruxelles e si riavvicinano a Mosca

Mentre quindi si allargano i fronti di conflitto tra Washington e Berlino, gli Stati Uniti procedono verso la loro marcia di riavvicinamento verso Mosca.

Dopo l’archiviazione dell’indagine sul Russiagate di Mueller, dalla quale non è emerso nulla che dimostrasse una collusione tra Trump e il Cremlino, il Presidente americano ha telefonato a Putin e ha avviato la fase di “normalizzazione dei rapporti” con la Russia.

Il Russiagate difatti aveva avvelenato il clima negli Stati Uniti e sabotato le linee di politica estera della Casa Bianca.

Svanita l’atmosfera da caccia alle streghe contro la Russia, Trump ora è passato ad uno degli obbiettivi di politica estera che si era prefissato durante la sua campagna elettorale. Ridurre l’escalation russofoba alimentata dalle precedenti amministrazioni e avviare un nuovo corso di cooperazione con Mosca.

L’incontro dello scorso martedì a Sochi tra il segretario di Stato USA, Mike Pompeo, e il presidente russo Vladimir Putin, sembra andare esattamente in questa direzione.

La stretta di mano tra Putin e Pompeo durante l’incontro del 14 maggio a Sochi

Al termine del vertice bilaterale tra i due Paesi, Putin ha espresso l’intenzione di “ristabilire pienamente i rapporti con gli Stati Uniti”, auspicio che sembra essere confermato anche da Washington.

Nell’ottica di un nuovo asse tra Stati Uniti e Russia, l’UE a guida franco-tedesca rischierebbe di trovarsi sostanzialmente isolata sul piano delle alleanze internazionali.

Se fino all’amministrazione Obama, il sodalizio tra Washington e Bruxelles è stato l’asse che più ha contribuito ad alimentare il clima anti-russo nelle cancellerie europee, l’amministrazione Trump ha sostanzialmente ribaltato gli equilibri e ora è l’UE che rischia di trovarsi isolata e schiacciata dalle due superpotenze.

L’alleanza franco-tedesca appare troppo divisa e debole per sorreggere il peso di una struttura, l’UE, che mostra crepe sempre più vistose.

Soprattutto, Parigi e Berlino nonostante le solenni promesse di mutua collaborazione, appaiono avere degli obbiettivi di politica estera sostanzialmente divergenti.

La Francia mira ancora ad una possibile riforma dell’euro-zona per riequilibrare il gap di competitività tra Paesi del Nord e Sud Europa, ma Berlino non pare avere la minima intenzione di modificare l’attuale assetto della moneta unica.

Dopo le elezioni europee, Bruxelles quindi si troverà di fronte a molti fronti che rischiano di mettere a rischio la sua stessa esistenza.

In tutto questo, l’Italia se vorrà modificare l’attuale assetto di rapporti nell’UE franco-tedesca, potrà guardare con interesse alla costituzione di un asse Washington-Roma-Mosca per porre fine al predominio franco-tedesco in Europa.

E’ una fase in cui gli equilibri sembrano prendere un’altra direzione e la posizione di Roma sarà decisiva per capire se l’UE resterà ancora in vita oppure no.

 

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2 Commenti

  1. Pinuccio

    Per l’Italia è meglio muoversi con gli usa e Russia, Berlino che crolli pure, ha fatto i suoi comodi fino ad ora, la Francia con un presidente inetto meglio lasciarla con i suoi gillet gialli

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  2. gianni

    l’italia farà sempre quello che dicono gli usa. quindi resterà con il cerino in mano per quanto riguarda l’avvicinamento alla russia. io non credo che i russi siano così fessi da creare un asse con usa mettendosi contro la germania, con la quale ha da decenni ottimi rapporti politici e commerciali (anche se sottotraccia). certo i russi vorrebbero togliersi dal mirino dei missili posti ai suoi confini europei, ma per fare questo ci vorranno dei decenni e infine la russia sa bene che lgli usa stanno solo cercando di non perdere il controllo dell’europa, e sa bene di chi può fidarsi (sicuramente non dell’italia e del suo padrone).

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