di Cesare Sacchetti Sui quotidiani italiani ha avuto poco spazio, o tutt’al più è stato trattata...
Melania Trump e il suo ruolo nei Balcani contro le manovre di Londra e dell’UE
di Cesare Sacchetti
Taluni ne hanno fatto un’icona di stile.
Sono stati fatti dei paragoni tra Melania Trump e la first lady di JFK, Jacqueline Kennedy, divenuta negli anni’60 un simbolo di eleganza e raffinatezza per molto donne nel mondo, ma la parabola di Jacqueline è ben diversa da quella di Melania.
Jacqueline Kennedy era lontana dagli affari politici del marito. Non aveva un ruolo attivo e non appena John fu ucciso, iniziò ad allontanarsi sempre di più dal mondo della politica per sposarsi con uno degli uomini più potenti e ricchi della sua epoca, il famoso, o famigerato armatore greco, Aristote Onassis.
Onassis era intimo di tutti i nemici di Kennedy.
Il magnate di Smyrna aveva rapporti strettissimi con la famiglia Rockefeller e i Rothschild, l’emblema del vero potere del capitale, i burattinai della finanza che spostavano a proprio piacimento i vari governanti delle democrazia liberale e si servivano di essi per accentrare ancora di più il loro potere e marciare verso il tanto agognato governo mondiale.

Aristote Onassis e Jacqueline Kennedy
David Rockefeller stesso lo disse, senza pudori e senza vergogne nel 1991 quando ringraziò i vari “giornalisti” del Washington Post e del New York Times per aver tenuto sottotraccia la cospirazione per costruire il Nuovo Ordine Mondiale, del quale per molti decenni gli ignari cittadini dei vari Stati hanno saputo poco o nulla, e quel poco che veniva loro trasmesso raffigurava il totalitarismo mondiale come una sorta di paradiso terrestre.
Se n’è avuto un assaggio ai tempi della infausta farsa pandemica.
Il biennio nel quale ebbe luogo quel colpo di Stato globale è servito a far capire all’uomo della strada la vera natura totalitaria della liberal-democrazia, i suoi veri burattinai e soprattutto i suoi veri scopi.
Jacqueline dopo la morte di suo marito non ha iniziato una marcia per cercare verità e giustizia per il brutale assassinio dell’uomo che le era stato infedele molte volte, ma che aveva comunque dato prova di voler mettere al primo gli interessi del suo Paese e non quelli del clan sionista che voleva costringerlo ad approvare il programma nucleare israeliano a e chiudere gli occhi sull’immenso potere dell’AIPAC.
Melania Trump è molto diversa.
Se è vero che Melania inizia la sua carriera come modella slovena emigrata a New York, dopo il matrimonio con uno degli imprenditori più famosi degli Stati Uniti, Donald Trump, mostra anche doti manageriali a fianco a suo marito nella gestione della Donald Trump organization.
Il ruolo politico di Melania Trump
Melania si rivela quello che i vari organi di stampa non scrivono, ovvero una donna con capacità e intelligenza, che sono state molte preziose a Trump una volta diventato presidente degli Stati Uniti.
La moglie di Trump sta mostrando in questi anni che è qualcosa di più di una First Lady che partecipa a cerimonie di beneficenza e serate di gala a differenza di molte che l’hanno preceduta.
Melania ha un ruolo attivo da diversi anni, ma l’opinione pubblica ha potuto averne un saggio soltanto ora, quando la First Lady ha scritto un accorato appello al presidente russo Vladimir Putin sulla sorte dei bambini ucraini, vittime di turpi traffici da parte del regime di Zelensky, che ha anche la faccia tosta di farsi passare per “difensore” dell’infanzia ucraina.
La consorte del presidente americano ha chiesto di consegnare al presidente russo una lettera da lei scritta, e la fiducia di Putin in Melania è talmente alta che il presidente non ha esitato ad aprire la missiva in pubblico, nel corso dello storico summit russo-americano in Alaska, stato un tempo in mano alla Russia e simbolo del ponte diplomatico che Washington e Mosca stanno costruendo.
Melania si è interessata attivamente del traffico di bambini.
Sapeva e sa che il regime ucraino rapisce i bambini, li priva dei loro organi e li consegna a vari orchi pedofili sparsi per l’Europa Occidentale, e protetti dall’establishment politico europeo.
Si è rivolta per tale ragione a Putin e non a Zelensky, perché consapevole che il “presidente” ucraino è uno dei principali padrini di quel traffico, nel quale ha un ruolo attivo sua moglie Olena, attraverso la sua fondazione che dice di occuparsi dei bambini ucraini, ma non nel senso che vuole far credere.
Secondo ex collaboratori stretti di Olena Zelenska, la sua fondazione non è altro cha una centrale di smistamento del traffico di bambini che finiscono nelle mani della élite pedofila europea, alla quale apparterebbero personaggi come il filosofo francese di origini ebraiche Bernard Henry Levy, sostenitore dei nazisti ucraini, e ideologo del globalismo.

Olena Zelenska
Melania ha chiesto aiuto a Putin per incrementare gli sforzi contro quel traffico, e il presidente l’ha pubblicamente ringraziata, ma il rapporto va persino oltre la semplice corrispondenza che tutti hanno potuto vedere lo scorso agosto.
La First Lady ha un canale diretto con il Cremlino.
Lo ha rivelato lei stessa, lo scorso ottobre, quando disse che aveva comunicazioni dirette con il presidente russo, senza intermediari, a dimostrazione che Melania Trump è un elemento attivo dell’amministrazione Trump e che ha un ruolo in particolare nella cura e nella gestione dei rapporti internazionali.
Londra e Kiev alla ricerca di una guerra nei Balcani
Secondo quanto appreso da fonti di intelligence dei servizi serbi, la moglie del presidente americano in questo momento ha un ruolo attivo e vitale nei Balcani, laddove sono in corso le manovre di Londra per destabilizzare la regione.
I Balcani sono un vecchio pallino di Downing Street.
Londra ha cercato dal 2022 in poi di aprire dei nuovi fronti di crisi in quell’area nel tentativo di distrarre Mosca dal fronte ucraino, e alla costante ricerca di un evento in grado di far deflagrare un potenziale conflitto mondiale, vera e propria nemesi dei globalisti alla continua ricerca della “tempesta perfetta”.
A mettersi a disposizione delle trame eversive inglesi fu, non sorprendentemente, anche la classe politica “italiana”, vero e proprio scendiletto dell’anglosfera, che mandò agenti dei servizi dell’AISE a bordo di una barca, il Goduria, dove era in corso una riunione assieme ad agenti del Mossad e dell’MI6 per organizzare un false flag in Kosovo, e trascinare così la Serbia, e conseguentemente la Russia, in una pericolosissima guerra balcanica dagli effetti devastanti.
Mosca seppe di quella riunione, e si fece trovare pronta all’appuntamento, quando propiziò l’affondamento della barca, scaricato poi sulle spalle del malcapitato proprietario, Claudio Carminati, vittima di una macchinazione e di un ingranaggio molto più potente di lui.
I giochi di spie non di rado colpiscono vittime innocenti, e tale circostanza si verifica in particolar mondo quando c’è un governo, come quello di Giorgia Meloni, che ha trasformato il base in un covo di agenti del Mossad che stanno colonizzando diverse zone del Paese, in particolar modo quella intorno al lago Maggiore, ormai divenuto luogo di elezione delle attività della NATO e di Israele in Italia.
Londra però non sembra aver abbandonato i suoi propositi di destabilizzazione.
A Downing Street, sono affetti dall’incurabile vizio di seminare caos, e provano, maldestramente, a sostituirsi al ruolo che un tempo spettava agli Stati Uniti, non avendo però la forza né militare né economica dell’ormai dismesso impero americano.
Londra è velleitaria, ma non si rassegna.
I servizi segreti inglesi stanno studiando nuove provocazioni nei Balcani, e in particolar modo in Serbia, vero e proprio bersaglio “privilegiato” dell’anglosfera sin dai tempi degli infausti anni’90, quando Washington ordinava il bombardamento di Belgrado, rea di non essersi piegata ai voleri dell’Euro-Atlantismo.
In Serbia si vedono da mesi molte proteste di giovani che sembrano molto lontane dall’essere spontanee e sono l’accenno di un ennesimo tentativo di rivoluzione colorata per propiziare la caduta di Vucic, e mettere al suo posto un presidente completamente allineato a Bruxelles.
Bruxelles sono mesi che preme su Belgrado.
L’Unione europea vuole la rottura della Serbia con la Russia, una circostanza che porterebbe il Paese dal passare da uno storico alleato di Mosca ad un suo potenziale Stato avversario.
L’UE vuole fare della Serbia uno Stato satellite della stessa Unione e della NATO, ma il presidente Vucic, seppur tra diversi equilibrismi, non sembra intenzionato a cedere.
A Melania Trump è stato affidato il compito di parlare e aprire dei canali diretti con i leader dei Paesi balcanici per tentare di sopire le manovre destabilizzanti di Londra e Bruxelles, e il suo profilo è forse quello più adatto di tutti nell’amministrazione del presidente americano.
Melania, oltre ad essere originaria della zona, conosce bene la situazione politica di quei Paesi, e ha una padronanza anche delle varie lingue parlate nei Balcani, soprattutto del serbo, da lei parlato anche in alcune occasioni pubbliche.
Il presidente Trump ha chiaramente dato alla First Lady questo ruolo.
Quello di interlocutore privilegiato degli Stati Uniti con i Paesi balcanici, Serbia in particolar modo, per tentare di prevenire i vari piani eversivi di Londra e Bruxelles, ormai alla costante ricerca del caos.
L’Europa Orientale: il ponte tra USA e Russia
Stati Uniti e Russia così costruiscono un ponte diplomatico inedito tra i due Paesi che unisce certamente Washington e Mosca sulle fondamentali linee guida della lotta alla governance globale e del ritorno sulla scena degli Stati nazionali.
Nell’ormai celebre documento della sicurezza nazionale sulla Casa Bianca, c’è scritto chiaramente.
Stati Uniti e Russia vogliono costruire uno scacchiere diplomatico nel quale non c’è più la supremazia di un impero, ma la convivenza tra Stati nazionali, ripristinati del tutto e tornati ad esercitare il loro ruolo nei rapporti internazionali, dopo essere stati messi da parte sul finire della seconda guerra mondiale.
Il secolo XXI è un’era nella quale si assiste ad un trasferimento inverso della sovranità, dalla governance globale agli Stati, mentre nel secolo XX, si è assistito al fenomeno opposto.
Melania Trump ha ora questo ruolo.
La First Lady serve a rafforzare il ponte tra Washington e Mosca attraverso la costruzione di nuove alleanze nell’Europa Orientale, laddove il terreno sembra essere più fertile contro i globalismi, soprattutto, oltre che nella citata Serbia, nell’Ungheria del primo ministro Orban, l’uomo che più di tutti sta lavorando per un definitivo accantonamento della tirannia dell’Unione europea sui Paesi europei.
Mosca e Washington scrivono così pagine di storia di rapporti praticamente inediti tra i due Paesi negli ultimi 100 anni.
Stati Uniti e Russia si avvicinano in chiave anti-globalista, aprono canali attraverso le loro consorti presidenziali e parlano apertamente del ruolo di Q, e non dell’inesistente Qanon inventato dai media, sulle reti sociali.
Q è stato citato apertamente dal consigliere speciale del presidente Putin, Dmitriev.

Dmitriev su X scrive apertamente di Q
Si pensava da parte di taluni che fosse tutta una “montatura” o, secondo Alex Jones, uno dei vari gatekeeper sulla piazza, che si trattasse di una psy-op sulla falsariga di operazione Fiducia, una trappola ideata da Lenin nei primi anni’20 per schedare dissidenti del sanguinario regime sovietico attraverso un falso gruppo anti-URSS.
Q invece non è nulla del genere.
Chiunque abbia scritto molti dei suoi drop, non è qualcuno che passa le sue giornate ad ingannare il tempo, ma qualcuno che ha una conoscenza precisa delle relazioni internazionali e che ha anticipato correttamente molti scenari, a dimostrazione che dietro questa lettera c’è quasi certamente un apparato di intelligence militare, la cui esistenza è stata confermata da Trump sulle reti sociali innumerevole volte.
Melania ne fa chiaramente parte, come anche ne fa parte la Russia, fatto riconosciuto dagli stessi uomini di Putin.
Si è costituita un’alleanza internazionale per affondare i piani del totalitarismo globale che dopo il fallimento della farsa pandemica possono dirsi definitivamente falliti.
Nella fase presente, ci sono disperati colpi di coda di ciò che è rimasto della governance globale per cercare inutilmente di far precipitare la situazione verso un conflitto globale, ma tutti i tentativi sono vani.
Tramontato l’impero americano, non esiste più una vera e propria centrale di destabilizzazione come quella degli Stati Uniti.
Il 2026 si annuncia come uno degli anni più importanti per definire questo passaggio, ovvero la definitiva transizione dalla governance globale agli Stati nazionali.
Di recente, Giorgia Meloni, ha fatto una dichiarazione sibillina nella quale ha detto che il prossimo anno sarà “peggio” di quello che sta per finire.
Peggiore certamente per chi 5 anni addietro aveva pianificato il colpo di Stato “pandemico”, e per chi voleva edificare il Nuovo Ordine Mondiale.
Per coloro che non volevano nulla del genere, il 2026 sarà invece un anno carico di rosei presagi.
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