di Cesare Sacchetti

C’erano state delle polemiche recentemente in merito al suo presunto passato anti-israeliano, ma stavolta si torna a parlare di Lorenzo Fioramonti, l’ipotetico ministro allo Sviluppo Economico del M5S, per il suo editoriale sul Financial Times, il quotidiano da sempre riferimento della finanza anglosassone.

Il professore ed economista dell’Università di Pretoria , già in passato vicino alla Fondazione Rockefeller e autore di editoriali su Open Democracy, il sito di riferimento della Open Society di George Soros, prende carta e penna per scrivere un lungo editoriale sul quotidiano britannico per precisare che il M5S non è affatto un movimento populista, ma una forza politica pronta a seguire le indicazioni di Bruxelles.

A chiarirlo è lo stesso professore nell’articolo, intitolato “Il M5S può essere una forza di rinnovamento nell’UE”, e il sottotitolo dell’editoriale è piuttosto chiaro quando precisa che “il nostro programma (del M5S) smentisce l’immagine populista del movimento.” Dunque le intenzioni del candidato ministro sono piuttosto chiare sin dal principio, quando dichiara che il M5S non è più da considerarsi un movimento populista, ma una formazione politica pienamente organica agli standard richiesti dall’establishment europeo.

Fioramonti scrive che in principio il M5S “è stato raffigurato come un partito di fanatici con obbiettivi populisti e una minaccia alla stabilità dell’Italia e dell’Unione Europea.” Proprio per questo più di qualcuno negli ambienti dell’establishment era “sembrato perplesso” che un uomo come Fioramonti, come dichiara lui stesso, si fosse avvicinato al movimento pentastellato. Ma tale immagine è dovuta ad “un fraintendimento degli obbiettivi politici del movimento, oramai maturato a tutti gli effetti in una forza politica progressista”.

Per l’economista, il M5S deve essere considerato attualmente come “una forza di rinnovamento in tutta Europa”, ed è questo che ha spinto Fioramonti, un dichiarato sostenitore dell’integrazione europea, ad unirsi al movimento. Il candidato ministro del M5S continua nel suo editoriale tracciando l’excursus politico recente del M5S, nato sull’ondata populista di Grillo per poi finire sotto la guida del nuovo capo politico, Luigi di Maio.

Non solo. Fioramonti considera il ruolo dei 5Stelle essenziale per contrastare “l’estremismo di destra” in un contesto europeo dove “il M5S dovrebbe essere visto come un bastione di stabilità, per aver incanalato il malcontento populista verso un’agenda progressiva di riforme economiche e sociali.”

Da queste parole, si potrebbe dedurre una sorta di ammissione implicita che il M5S non è mai stato in realtà un movimento veramente antisistemico fin dagli esordi, ma piuttosto un contenitore del dissenso che poi viene dirottato su fini completamente diversi da quelli che apparentemente si proponeva di perseguire. Il professore poi assicura che è nelle intenzioni del M5S di “operare nel quadro di riferimento dell’Eurozona per intraprendere un dialogo costruttivo con tutte le istituzioni.”

Le priorità del 5Stelle quindi sono quelle di agire rispettando le linee guida di Bruxelles, soprattutto per quello che riguarda la lotta all’evasione fiscale a alla corruzione. L’economista poi prosegue impegnandosi a seguire le indicazioni dell’UE anche nella lotta al cambiamento climatico, elogiando in questo senso le parole del presidente francese Emmanuel Macron.

Tutti questi obbiettivi, precisa Fioramonti, non possono prescindere dalla “riduzione del debito pubblico in linea con le raccomandazioni del Fondo Monetario Internazionale.” Dunque, se qualcuno si chiedeva quali fossero le reali intenzioni del M5S riguardo ai suoi rapporti con l’Europa, a questo punto non dovrebbero esserci più dubbi. Il M5S non ha alcuna intenzione di mettersi in urto con Bruxelles, ma si dichiara pronto a rispettare le sue direttive. Il movimento che doveva distruggere l’establishment si propone lo scopo opposto; quello di salvarlo.