Lo scandalo nascosto sulla spartizione dei fondi UE: lo scontro tra Orban e Von der Leyen

01/11/2025

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di Cesare Sacchetti

Sulle pagine degli organi di stampa italiani ed europei, non è uscito praticamente nulla, e la notizia è emersa soltanto nei giorni passati grazie ad un sito indipendente chiamato EU Insider.

Si tratta di una storia da prima pagina, ma nel mondo dei media mainstream quegli scandali che possono provocare dei grattacapi ai piani alti del potere, soprattutto quello dell’eurocrazia che non deve essere sfiorato, devono restare ben nascosti.

A Strasburgo, lo scorso 30 agosto, è successo qualcosa di estremamente singolare.

Soltanto un mese prima, l’aula dell’Europarlamento aveva respinto un voto di sfiducia nei confronti del presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen, che è riuscita a superare la prova indenne per una manciata di voti.

Nelle stanze del Berlaymont si respira da tempo un’aria di tensione, nella quale si notano non poche fratture all’interno dello stesso establishment europeo.

Ursula non è soltanto sgradita ai vari partiti conservatori europei, ma il suo consenso nell’ala progressista e centrista dell’europarlamento ha iniziato a erodersi non poco.

Dopo aver superato la prima prova del voto di sfiducia dello scorso luglio, c’è stato un vero e proprio coup de théâtre a Strasburgo del quale non si sapeva nulla fino a pochi giorni fa.

A metterlo in scena è il primo ministro ungherese, Victor Orban, leader del partito magiaro Fidesz, e vero proprio incubo della nomenclatura eurista di Bruxelles.

Orban è probabilmente in questo momento il politico europeo che ha più influenza nel vecchio continente e quello che riesce a utilizzare in maniera magistrale il peso specifico dell’Ungheria.

La storia dei rapporti tra Orban e l’UE

Sembra passato un secolo da quando Budapest chiese di entrare nell’Unione europea, una epoca nella quale Maastricht aveva iniziato a muovere i suoi primi passi dopo l’approvazione del Trattato nel 1992.

A chiedere di poter entrare nell’Unione c’era proprio il partito di Orban, Fidesz, che presentò la domanda di ingresso nel 1994, gestita poi da un giovanissimo Orban nel 1998, al suo primo incarico da primo ministro del suo Paese.

Un giovane Viktor Orban con Romano Prodi nel 1999

Negli anni a venire, Budapest, incassa , per così dire, il dividendo dell’Unione.

Bruxelles riceve come noto annualmente i famosi, o famigerati, contributi da parte degli Stati membri, versati soprattutto dai Paesi più rivelanti dell’UE, quali Francia, Germania e Italia, e buona parte di questi fondi è stata versata in particolar modo ai Paesi dell’Europa, in particolare la Polonia e la citata Ungheria.

I rapporti tra Budapest e Bruxelles si deteriorano però soprattutto dal 2010 in poi, quando Orban vince le elezioni e torna nuovamente a ricoprire ininterrottamente la carica di premier in una sfilza di solidi successi elettorali che mostra come il popolo ungherese sia saldamente allineato alla sua visione politica.

Budapest non ha nessuna intenzione di accogliere i migranti per favorire l’avvento della società aperta di George Soros, il famigerato magnate e speculatore della Open Society, conosciuto da vicino dal primo ministro ungherese, poiché ricevette i suoi finanziamenti nel 1989 per studiare presso la prestigiosa università inglese di Oxford.

Soros stava facendo, per così dire, scouting, ed era impegnato all’epoca nel versare vari finanziamenti a quei giovani di belle speranze nell’Europa Orientale che nella sua idea lo avrebbero aiutato a traghettare i Paesi satelliti dell’ex URSS nella “modernità” del neoliberismo, e soprattutto nel famigerato melting pot, concepito tempo addietro dal conte Kalergi in persona per creare un popolo informe senza identità, la massa che nella sua idea avrebbe dovuto essere la gente degli agognati Stati Uniti d’Europa.

Orban però è molto più astuto di quelli che alcuni miopi osservatori politici credono.

Se è certamente vero che è passato per gli ambienti e le istituzioni della governance globale, è altrettanto vero che lo ha saputo fare con grande abilità, costruendosi la sua base di consenso politico per poi metterla al servizio del suo Paese.

Si potrebbe dire che Viktor Orban è la prova vivente che non serve essere una grande potenza per poter contare dentro l’Unione, ma serve essere un grande statista in grado di giocarsi al meglio le sue carte su tutti i tavoli.

Orban lo ha fatto.

Si è rifiutato di accogliere orde di immigrati clandestini camuffati da “rifugiati” che nei vari Paesi europei che li hanno accolti hanno portato una ondata di crimini e soprattutto di violenze sessuali, taciute dal connivente mondo femminista e protette dalla collusa magistratura di estrazione progressista e mondialista.

Il primo ministro magiaro ha costruito una sua via per restare nell’Unione, una nella quale non c’è il morire per Maastricht caro al bilderberghino Enrico Letta, ma piuttosto quella dove l’interesse nazionale è sempre al primo posto.

Si comprende così come Budapest si sia ritagliata un ruolo importantissimo, quale quello di ponte tra Washington e Mosca, una opportunità che avrebbe potuto essere colta dall’Italia che purtroppo ha una classe politica troppo assoggettata ai diktat di Bruxelles e di ciò che resta dell’anglosfera.

Orban ha mostrato tutta la sua indipendenza anche in tale occasione.

Lo scandalo dei fondi malversati dell’UE

Il 30 agosto si è presentato all’Europarlamento portando in braccio un corposo dossier che documentava degli enormi casi di appropriazione indebita per quello che riguarda uno dei vari programmi di finanziamento dell’Unione, ovvero quello dei Fondi di Coesione.

L’Unione stanzia tali fondi in programmi che durano un settennato, e nell’ultima tranche, quella che va dal 2021 al 2027, la torta ammonta a 392 miliardi di euro, che vengono ripartiti spesso in iniziativa dalla dubbia utilità, a partire dalla folle “agenda verde” di Bruxelles che sostanzialmente vorrebbe condurre l’Europa verso una violenta deindustrializzazione del proprio settore automobilistico.

Orban nel suo dossier ha documentato come almeno 2 miliardi di euro di tali fondi siano stati versati all’università nella quale Ursula Von der Leyen ha conseguito la sua laurea in medicina, e in seguito, dal 1998 al 2002, presso la quale ha iniziato a insegnare epidemiologia.

Orban al Parlamento europeo

Si ipotizza che questi fondi siano stati generosamente donati all’ateneo tedesco per beneficiare per vie traverse l’ex ministro della Difesa tedesco, eppure questa situazione a Bruxelles pare essere un vecchio adagio.

Tra le carte del premier Orban, non si parlava infatti soltanto dei fondi di coesione, ma anche di quelli della Next Generation EU, i fondi di recupero che sono stati stanziati sulla carta per fornire assistenza finanziaria ai vari Paesi europei che iniziarono a interrompere le attività economiche per via della cosiddetta “pandemia”.

Secondo il dossier ungherese, almeno 5 miliardi di euro di tale pacchetto sarebbero finiti in società di consulenza in Germania, legate indirettamente o meno al presidente della Commissione europea.

Si assiste nuovamente quindi allo stesso scenario che si verificò ai tempi del controverso contratto della Pfizer.

Ursula Von der Leyen si precipitò all’epoca a cancellare i messaggi tra lei e l’amministratore delegato della Pfizer, Albert Bourla, appena iniziarono a essere poste delle domande sulla gestione di quella trattativa che aveva portato nelle casse della Pfizer la enorme somma di 36 miliardi di euro.

Secondo il giornalista rumeno Adrian Onciu, la Von der Leyen avrebbe beneficiato direttamente da quel contratto attraverso suo marito, Heiko, trasferitosi improvvisamente a dicembre del 2020 negli Stati Uniti per ricoprire un incarico dirigenziale presso la Orgenesis, una società legata alla Pfizer.

A Heiko, sarebbero andati 760 milioni di dollari in commissioni per il contratto dei vaccini Pfizer firmato da sua moglie, un premio che in questo caso non sarebbe altro che la più classica delle tangenti mascherata da commissione sulla vendita di un ricchissimo contratto.

Sulla storia di questa fornitura e della enorme commissione guadagnata dal marito della Von der Leyen, c’è lo stesso black-out mediatico che riguarda l’episodio andato in scena all’Europarlamento lo scorso 30 agosto.

Sono evidentemente lontani i tempi nei quali gli organi di stampa nel 1992 sobillavano l’opinione pubblica contro la classe politica della Prima Repubblica, mentre predoni di vario tipo si appropriavano dei gioielli di famiglia a bordo del Britannia, indisturbati dai media e dalla solita ineffabile magistratura.

Orban nel suo intervento all’Europarlamento si è rivolto al presidente della Commissione UE, dicendole che il “suo impero di segreti” era giunto al termine.

Il primo ministro magiaro in pratica ha presentato agli occhi della Von der Leyen il magma di corruzione che scorre sotto il Berlaymont, e nel quale il presidente sembra essere pienamente immerso.

Ad essere interessati in questo scandalo risultano essere anche i fondi versati all’Ucraina, perché, a quanto pare, almeno 114 milioni di euro sarebbero svaniti nel nulla, e forse sarebbe anche il caso di aprire il capitolo dei fondi del cosiddetto PNRR, che hanno disseminato l’Italia di cantieri fantasma per realizzare delle opere di dubbia utilità.

A mancare all’appello è chiaramente la stampa che si premura di tenere ben chiusi negli armadi i vari scheletri dell’Unione.

Ad essere però meno tranquilla sembra proprio lei, Ursula.

Secondo quanto riportato da EU Insider, il presidente della Commissione europea avrebbe lasciato l’aula pallida come un fantasma dopo che il primo ministro ungherese ha presentato il suo dossier bomba.

Forse Ursula ha capito che gli scheletri ora non sono più al loro posto, e iniziano a venire fuori dall’armadio del Berlaymont.

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3 Commenti

  1. Gianni

    Tranquilli non succederà niente, ci sono dentro tutti, la casta nn cambia mai da millenni.
    Per noi ci pensano draghi e la draghetta a fornirci lauti stipendi e pensioni.
    E noi tutti zitti.
    Se io fossi loro, avendo popoli di pecore allineate farei peggio.

    Buone tasse a tutti noi

    Rispondi
  2. Isabel

    Buongiorno, Cesare. E io, leggendo questo da quello che è considerato il TERZO MONDO, che è la mia amata Argentina, vedo che il cosiddetto PRIMO MONDO sta cadendo a pezzi ogni giorno di più e sta diventando sempre più simile a noi. Sembra davvero che viviamo in un MONDO SOTTOSOPRA. Entrare nel tuo spazio è sempre la garanzia di sapere tutto ciò che la stampa bastarda ci nasconde. Un grande saluto da Mendoza, Argentina.

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