di Cesare Sacchetti Il suo nome è associato ai misteri della Prima Repubblica e forse è stato uno...
Leone XIV vuole riformare l’Opus Dei: viaggio nella potente lobby nel cuore della Chiesa
di Cesare Sacchetti
A viale Bruno Buozzi, nel cuore dei Parioli, quartiere roccaforte delle elite liberali e borghesi romane, c’è la sede di un’associazione “cattolica” molto nota e controversa.
Si tratta dell’Opus Dei, una potentissima lobby che si è insediata dentro la Chiesa e che a detta di molti osservatori costituisce una chiesa a parte, una sorta di corpo estraneo che è riuscito a insediarsi con successo tra le Mura Vaticane tanto da costituire ormai un potere parallelo
Del fondatore, Josemaria Escrivà si è detto molto sulle pagine degli organi di stampa, ma non quello che in realtà avrebbe potuto mostrare ai lettori la vera genesi di questo movimento.
Se si leggono le pagine della monumentale opera “Opus Judei” firmata sotto lo pseudonimo Alfonso Carlos de Borbon, si viene subito a sapere che il nome sul certificato di battesimo del sacerdote spagnolo è Jose Maria Escriba,senza l’accento, un nome che in Spagna è considerato chiaramente di origini ebraiche.
La controversia sulle origini di Escrivà sembra essere nel suo stesso nome perché vari ricercatori e storici cattolici sostengono che il prelato originario della provincia dell’Huesca, nel nord della Spagna, sia stato dal principio una sorta di infiltrato, ovvero quello che nei secoli passati veniva definito un cripto-ebreo, una persona di estrazione ebraica che nasconde la sua vera appartenenza.
Un percorso sotto certi aspetti simile a quella di un altro personaggio, quale Kiko Arguello y Wirtz, pittore anch’egli nato in Spagna, e fondatore del famigerato movimento dei neocatecumenali, molto vicino al mondo ebraico e altra potentissima lobby che si è infiltrata nel cuore della Chiesa, soprattutto sull’onda dell’infausto Concilio Vaticano II.
Le origini dell’Opera
Il Cammino, così Escrivà definisce il suo percorso che lo ha portato a fondare l’Opera, non ha avuto vita facile sin dai primi tempi della sua fondazione, nel lontano 1928.

Escrivà
Sono gli anni che precedono le tremende persecuzioni che i cattolici in Spagna soffriranno per mano dei repubblicani e dei massoni che non esiteranno a bruciare conventi, uccidere impunemente sacerdoti e vescovi in nome della laicizzazione del Paese che il liberalismo voleva perseguire a ogni costo, inclusi orrendi crimini contro il clero, poco studiati sui libri di storia che invece esaltano la fazione repubblicana.
Escrivà però non viene ben visto dal clero spagnolo dell’epoca.
Viene trattato con diffidenza dagli ordini religiosi, tra i quelli quello delle suore carmelitane di Barcellona, che vedono nell’Opus Dei una forza anomala che segue molto poco lo spirito delle tradizioni della Chiesa e molto invece i metodi di reclutamento dei movimenti carismatici e delle sette moderne.
Setta sembra essere a tutti gli effetti il termine più appropriato.
Se si leggono già articoli di quotidiani spagnoli scritti sul finire degli anni’80, si apprende che gli ex numerari, il nome dei membri dell’Opera, sono stati costretti a ricorrere a cure psichiatriche per poter essere deprogrammati.
Nulla del genere si era mai sentito prima.
Nella Chiesa non si viene “programmati”, ma si viene piuttosto evangelizzati e accompagnati alla vita cattolica alla luce del sole, cercando di stimolare nei fedeli la necessaria capacità di giudizio per comprendere appieno le verità del cattolicesimo.
Nell’Opera invece riferiscono i suoi ex appartenenti, c’è segretezza, c’è l’assoluto rispetto del voto di obbedienza che viene fatto verso la gerarchia del movimento che sembra seguire tutt’altri principi rispetto a quelli del cattolicesimo.
Secondo il dirigente politico del Frente Nacional, Mariano Sánchez Covisa, l’Opus Dei “il cui nome è una traduzione esoterica per [la pratica occulta della] Teurgia, è un ramo segreto ebraico della massoneria, con un’enorme rete economica e finanziaria e con una potente influenza politica in Spagna e all’estero. L’Opus Dei non è un tipo di massoneria, è massoneria.”
Nella libera muratoria non c’è posto per la luce, ma solo per l’oscurità.
A sapere la vera natura di tale setta sono soltanto i membri che sono più in alto, coloro che si avvicinano al 33° grado, e persino oltre i gradi ufficiali delle logge, mentre il resto dei grembiulini si trova quasi sempre nella penombra, laddove viene fatto loro credere che la massoneria non è ostile al cattolicesimo.
Se si dà uno sguardo al percorso iniziatico della libera muratoria, soprattutto quello del Rito Scozzese, si nota subito come la ritualità massonica non sia altro che quella dell’esoterismo che si manifesta sempre di più man mano che il candidato si avvicina al 33° grado, e man mano che il massone è chiamato ad eseguire orrendi atti contro la fede cattolica, tra i quali quello di calpestare il crocefisso in nome del rifiuto delle cosiddette “superstizioni”.
Il sacerdote spagnolo piuttosto che provare repulsione verso tale mondo, aveva interesse e ammirazione per esso, forse perché la sua ossessione era proprio quella di preservare a tutti i costi la segretezza dei reali scopi dell’Opera.
A dirlo non sono coloro ostili all’Opus Dei, ma coloro che hanno conosciuto e lavorato a stretto con Escrivà, come il suo segretario, Antonio Pérez, che disse chiaramente che il “padre era molto preoccupato dal mantenere la segretezza” fino ad arrivare al punto in cui soltanto alcuni al vertice erano al corrente delle direttive e degli affari interni, i quali “venivano negoziati” appunto soltanto con coloro che dirigevano l’Opera.
Il numerario che entra nell’associazione si ritrova così in una condizione non molto differente da quella nel quale si ritrova l’aspirante muratore.
Non sa ciò che succede sopra la sua testa, perché dei burattinai agiscono sopra di lui a sua insaputa ed egli si ritrova ad essere uno strumento che esegue volontà a lui ignote.
Il padre era così preso da questa ossessione di custodire il segreto che arrivò a stabilire un numero di ordinazione dei vari candidati.
Escrivà era ovviamente il primo e a lui era assegnato il numero 1.
A seguire c’erano gli altri, i 12 “apostoli”, fino ad arrivare agli altri membri, e se c’è da discutere di una determinata questione i vertici si esprimono affermando, ad esempio, che il numero 4 ha detto la tal cosa al numero 10 e così via, per non far capire a eventuali orecchie estranee al Cammino chi siano i soggetti che si scambiano messaggi e direttive.
Non c’è da meravigliarsi dunque se negli anni’30 l’Opus Dei veniva guardata con molto scetticismo e diffidenza dalla Chiesa, considerata la sua natura “anomala”.
Una volta che finisce la sanguinosa guerra civile spagnola iniziata nel 1936 e terminata nel 1939 con la sconfitta dei liberali e dei repubblicani, si instaura al potere il caudillo, il generale Francisco Franco, che resterà primo ministro fino alla sua morte, avvenuta nel 1975.

Il generale Franco
Nel governo di Franco c’è tutto quello che non c’è nella repubblica.
C’è un alto rispetto e considerazione per la Chiesa e il clero, eppure a finire sotto la lente d’ingrandimento del franchismo è proprio l’Opus Dei.
L’indagine del franchismo sull’Opus Dei
Franco segue le orme di Mussolini che nel 1925 decise di mettere fuori legge la massoneria, e questo spinge l’allora primo ministro spagnolo a istituire nel 1940 un tribunale contro la massoneria e il comunismo.
A comparire dinanzi a tale tribunale è proprio lui, Jose Maria Escrivà.
Negli anni precedenti c’erano state diverse segnalazioni contro l’Opus Dei.
Secondo la rivista “30 giorni”, nella sede dell’Opera a Madrid, nel 1939 c’era un oratorio adornato con simboli massonici e cabalistici, in omaggio evidentemente alla libera muratoria e alla Cabala ebraica.
Altre accuse vengono mosse anche alla SOCOIN, l’acronimo che identificava la società di cooperazione internazionale dell’Opera, che, secondo alcuni giuristi era in realtà un riferimento al termine ebraico “socoin” che corrisponde al nome di un gruppo di assassini al servizio del talmudismo.
I giudici spagnoli procedono con la loro inchiesta e accusano esplicitamente Escrivà di essere stato sospeso a divinis dal Vaticano, e di “essere protagonista di oscure trame per raggiungere la cima del potere, di essere un eretico e un antipatriota”.
Il tribunale non sembra avere alcun dubbio al riguardo.
“Dietro il nome dell’Opus Dei si nasconde un ramo ebraico della massoneria.”
I giudici che Franco aveva nominato per individuare e perseguire la massoneria erano arrivati alla conclusione che l’Opera di Escrivà era uno di quei corpi estranei che si era posto nel seno della Chiesa, nel tentativo di infiltrarla e di deviare il suo cammino fino a trasformarla in un braccio armato del liberalismo e della secolarizzazione.
Sembrava tutto perduto per l’Opus Dei, fino a quando non arriva un ordine tassativo al generale Saliquet di mettere fine all’inchiesta e al processo contro l’Opera per via di ordini superiori, emessi dagli amici del sacerdote spagnolo che erano riusciti a infiltrarsi con successo anche nel governo di Franco.
Il Cammino dunque non si arresta.
Prosegue, diviene sempre più influente, apre sedi in diverse parti del pianeta, accumula una vastissima ricchezza, pari secondo alcune stime a 3 miliardi di dollari, e arriva a diventare uno dei movimenti più influenti nel Vaticano.
La morte di Escrivà nel 1975 è soltanto l’inizio di una ulteriore espansione.
A dare al sacerdote il titolo di beato è il pontificato di Giovanni Paolo II che soltanto dopo 6 danni della morte del fondatore dell’opera decide di aprire il processo di canonizzazione del sacerdote di Huesca.
Wojtyla è il papa che consente all’Opus Dei di fare il definitivo “balzo in avanti”.
L’Opus diventa sempre più forte e la sua influenza ormai appare inarrestabile.
Nella curia abbondano i suoi alleati.
A tessere le sue lodi sono in particolare il cardinal Palazzini, descritto come una specie di cheerleader dell’Opera, e l’ex cardinale vicario, Ugo Poletti, il cui nome comparve nella lista degli ecclesiastici massoni pubblicata nel 1978 dal giornalista Mino Pecorelli sulle pagine di Osservatorio Politico, e responsabile della decisione di far seppellire il corpo del criminale della banda della Magliana, Enrico De Pedis, nella basilica di Sant’Apollinare.

Il cardinal Poletti, a sinistra, assieme a Giovanni Paolo II
Una volta che nel 1986 si chiude la prima fase del processo di beatificazione, Poletti dichiara che Escrivà è stato il precursore del Vaticano II, e difficilmente si può essere in disaccordo con tale affermazione, seppur da una prospettiva molto diversa del porporato quasi certamente massone.
Cos’altro è stato il Vaticano II se non l’incontro della Chiesa con il mondo, o meglio l’assoggettamento della prima al secondo, la rinuncia della difesa delle verità cattoliche, sostituite dalla predicazione del liberalismo, del modernismo e del relativismo fino ad arrivare al famigerato documento Nostra Aetate attraverso il quale la Chiesa tolse l’accusa di deicidio agli ebrei?
Escrivà è stato un precursore del processo rivoluzionario nella Chiesa perché nella sua “teologia” e nei suoi metodi c’è poco di cattolico e molto invece di modernista e liberale.
A dare la definizione probabilmente più puntuale di ciò che rappresenta veramente l’Opus Dei è stato il blog Mysterium Iniquitatis, che scrive come l’Opera rappresenti un conservatorismo vacuo, svuotato di ogni reale riferimento alla tradizione, che va a braccetto con il liberalismo e l’ecumenismo conciliare che mette di fatto ogni religione sullo stesso piano.
Si entra così inevitabilmente nella logica dì una contrapposizione controllata, nella quale, da un lato, si trova il conservatorismo apparente di Escrivà, e dall’altro il progressismo di teologi come Rahner e i suoi più recenti succedanei, su tutti il cardinal Martini, in forte odore di massoneria.
Si può scegliere il lato destro o quello sinistro, ma si resta sempre nel novero della chiesa post-conciliare di natura ecumenica, seduta prim’ancora che ai piedi della Pachamama, vicino alla statua del Buddha che Wojtyla lasciò mettere sull’altare della basilica di Assisi.
Escrivà trionfa perché è il Vaticano II che trionfa, e soltanto così si spiega tutto il proliferare di movimenti e movimentini “cattolici”, di natura liberale e progressista, che sono diventati nel corso degli ultimi 60 anni, la forza che dirige la Chiesa.
Nelle ultime settimane, sembra però addensarsi qualche nube nel cielo del Cammino.
Alcuni siti cattolici hanno scritto che il Santo Padre, Leone XIV, sarebbe intenzionato a dividere l’associazione in tre parti per arrivare quindi ad un suo definitivo smembramento.
Il papa ha già avuto un colloquio con il prelato dell’Opera, monsignor Ocariz, e il pontefice avrebbe dato al movimento 6 mesi di tempo per eseguire delle profonde riforme che cambierebbero completamente la creatura di Escrivà fino ad arrivare ad una sua possibile dissoluzione.

Leone XIV riceve monsignor Ocariz, alla sua sinistra
Negli ultimi tempi, l’Opus Dei si trova al centro di un altro scandalo in Argentina, laddove diverse persone hanno accusato l’Opera di traffico di esseri umani e di manipolazione di soggetti deboli.
Sono le tecniche della setta denunciate da diversi giornalisti e osservatori cattolici, ma finora nessun pontefice ha osato sfiorare l’Opus Dei, divenuta nel giro degli ultimi 50 anni una potentissima lobby.
Leone XIV sembra che voglia addentrarsi in un terreno inesplorato dai suoi predecessori, e se il papa ordinerà di mettere fine alla setta di Escrivà, ci sarà da attendersi un ulteriore accerchiamento nei suoi confronti da parte della massoneria ecclesiastica che non lo voleva sul soglio pontificio.
Sta al Santo Padre adesso scegliere la via per ricomporre i frammenti di una Chiesa lacerata dal pontificato bergogliano, ma soprattutto da decenni di strisciante apostasia, denunciata proprio recentemente dal cardinal Burke.
Se Leone XIV partirà dall’Opus Dei, finirà inevitabilmente per arrivare al nodo del Concilio, e se si entrerà in tale territorio lo scontro tra il papa e la massoneria ecclesiastica sarà durissimo.
Dalle parti dell’Opera intanto l’aria è a dir poco tesa.
La strada del Cammino dell’Opus Dei per la prima volta non è più sgombra, ma di fronte a sé ha l’ostacolo di un papa che dopo molto tempo vuole vederci chiaro nella fitta rete di segreti che avvolge il movimento di Escrivà.
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