Le trappole della lobby gay a papa Leone e quei tentativi di dialogo con Putin

11/09/2025

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di Cesare Sacchetti

Appena terminata la sua udienza con papa Leone XIV, il gesuita James Martin, “apostolo” del mondo LGBT, si è precipitato su X per scrivere quanto, a sua detta, sarebbe stato discusso durante il colloquio con il Santo Padre.

Secondo padre Martin, Leone avrebbe dato la sua piena “benedizione” al percorso intrapreso dal sacerdote gesuita, il quale ha dichiarato che il pontefice vorrebbe fare suo il messaggio di “inclusività” verso gli omosessuali che si era già visto ai tempi di papa Francesco.

Ai tempi del papa venuto dalla fine del mondo, lo scandalo era arrivato sino alla cima della cupola di San Pietro.

A San Pietro, erano di casa trans che venivano ricevuti con tutti gli onori da papa Francesco, che non disdegnava persino di farli mangiare alla sua tavola.

La cosiddetta “inclusività” della quale parla Martin ha portato il Vaticano ad essere una succursale della potente lobby LGBT che si è infiltrata in ogni ambito della società, e purtroppo anche dentro Santa Romana Chiesa.

Bergoglio stravedeva per Martin.

Padre James Martin

Talmente era vasta la sua ammirazione per il portavoce delle istanze LGBT in Vaticano che il papa gesuita scrisse persino la prefazione all’ultimo libro del sacerdote newyorchese.

La strettissima liaison tra i due iniziò nel 2019, quando per la prima volta Francesco e Martin si incontrarono per parlare appunto di tutte quelle sensibilità del mondo omosessuale che la Chiesa, secondo i vari ambienti gay, aveva troppo spesso trascurato e condannato.

La Chiesa in passato aveva semplicemente seguito il suo catechismo che definisce esplicitamente l’omosessualità come un peccato, e il magistero cattolico non può pertanto esimersi dalla condanna di una tendenza sessuale che è chiaramente contro natura.

A ricordare, tra gli altri, questa semplice verità cattolica ci aveva provato negli anni scorsi il cardinal Robert Sarah che emise delle parole di condanna nei confronti dell’omosessualità, ma non erano queste le parole che venivano pronunciate da Jorge Mario Bergoglio.

Bergoglio aveva una missione ben diversa.

A lui spettava il compito di portare il Concilio Vaticano II sino alle sue più estreme conseguenze, fino a far diventare il papa un vero e proprio messaggero dell’errore, della menzogna, e soprattutto del peccato, se si pensa che Francesco si è macchiato pubblicamente di idolatria verso una divinità pagana, come la Pachamama.

Francesco e i cardinali ai piedi della Pachamama nell’ottobre del 2019

Ad aiutare Francesco nella sua missione, che di cattolico aveva nulla e di massonico invece molto, ci sono stati appunto personaggi come padre Martin, che non appena venne annunciata la morte di Bergoglio, scrisse una accorata lettera nella quale riconosceva i suoi immensi “meriti” nell’aver “salvato” la vita delle persone gay, da lui evidentemente messe al primo posto e mai condannate, se non attraverso qualche scomposta uscita sulla cosiddetta “frociaggine” che Francesco stesso in realtà ha portato ai massimi livelli.

Il papa gesuita era così.

Faceva due passi avanti e mezzo indietro per non far sembrare troppo traumatici i suoi strappi con la tradizione della Chiesa Cattolica, ma intanto la direzione di questa istituzione virava sempre più verso il peccato, sino a far diventare predicatori della Casa Pontificia personaggi come padre Roberto Pasolini, secondo il quale tra gli apostoli potevano esserci tendenze omosessuali.

Le Sacre Scritture vengono così riscritte in una versione blasfema e queer pur di far posto a peccati e situazioni che non ci sono, e ciò fa comprendere perfettamente la dimensione dell’apostasia nella quale si trova la Chiesa da molti decenni a questa parte.

Leone XIV sembra una fine della continuità bergogliana, e sin dalle prime settimane del suo pontificato si è subito notato un certo malumore tra i vari ambienti omosessuali che stravedevano per Bergoglio.

Leone sembra aver scelto un approccio che non cerca lo scontro frontale con i bergogliani, ma intanto sembra aver già impresso una rotta diversa alla barca di San Pietro.

La nuova rotta di papa Leone XIV

Ad esempio, lo si è visto lo scorso maggio, quando nel corso dell’inaugurazione del corpo diplomatico presso la Santa Sede, il Santo Padre ha ricordato come la società deve essere fondata sulla unica forma di famiglia possibile, quella naturale, tra uomo e donna, e non quelle parodie del mondo LGBT che cercano di costruire sedicenti nuclei famigliari, dove il bambino viene privato dei suoi genitori per soddisfare il capriccio, e in molti casi il vizio , delle varie coppie gay che “adottano” questi bambini.

Dalle parti del mondo queer, si è subito vista una certa agitazione e una protesta che montava nei confronti del nuovo papa, giudicato troppo freddo, come lo ha definito lo stesso Zuppi, l’uomo di Sant’Egidio, a certe istanze, a differenza del suo predecessore, e allora i vari “apostoli” LGBT si sono dati da fare attraverso una serie di infide trappole.

Secondo fonti vaticane vicine al Santo Padre, Leone XIV sarebbe rimasto molto contrariato dalla scelta di padre Martin di parlare alla stampa dopo il colloquio avuto dai due, e di dire che il pontefice avrebbe intenzione di proseguire sulla strada del suo predecessore, Francesco, per ciò che riguarda l’apertura alle coppie gay, culminata con la disgraziatissima Fiducia Supplicans, che ha consentito la benedizione delle coppie omosessuali.

In realtà, tali fonti riferiscono che non c’è stata nessuna “benedizione” di papa Leone XIV verso le posizioni di Martin nei confronti degli omosessuali, e la medesima situazione si è verificata a breve distanza dall’udienza del prete gesuita con l’incontro tra il vicepresidente della CEI, monsignor Francesco Savino, e il Santo Padre.

Al termine dell’udienza, Savino è stato contagiato dalla stessa “loquacità” di padre Martin, e ha fatto subito sapere alla stampa che Leone gli avrebbe detto di andare a celebrare la messa con i “cattolici” LGBT, ma anche in tal caso, non risulta che Leone XIV abbia detto qualcosa del genere a monsignor Savino.

Monsignor Savino

Savino ha parlato a non molta distanza di tempo da padre Martin, ed entrambi ci hanno subito tenuto a far sapere che il Santo Padre gli avrebbe detto di proseguire sul cammino della “inclusività” con gli ambienti gay, e appare dunque evidente queste due uscite a stretto giro di posta siano parte di una manovra concordata e preparata in anticipo.

Visto il fallimento del conclave per i progressisti che avevano puntato tutte le loro carte sul cardinale Parolin, il porporato che sussurra al gruppo Bilderberg, le fila dei modernisti si sono date alle attività che meglio gli si confanno.

Quelle dell’intrigo, dell’inganno e della menzogna, nel deliberato tentativo di dirottare questo papato verso un binario molto lontano dalla tradizione, e invece molto più vicino all’apostasia che sotto il disgraziato pontificato bergogliano ha raggiunto limiti inauditi.

Paolo VI diceva che il fumo di Satana era penetrato in Vaticano, nonostante né lui né i suoi successori abbiano fatto granché per farlo uscire dalle stanze vaticane, ma anzi si sono tutti impegnati ad accompagnare la Chiesa verso questo abisso che ha portato l’istituzione fondata da Cristo ad essere del tutto simile alla un tempo avversa libera muratoria, chiamata e accolta in termini amichevoli nel corso degli ultimi 60 anni, fino ad arrivare al famigerato “cari fratelli massoni” del cardinal Ravasi, uno degli uomini più vicini al pontefice argentino.

Leone è giunto così, in punta di piedi, con il suo sguardo mite e la sua grande umiltà che lo sta portando a seguire la linea della prudenza, nel tentativo di evitare uno scontro frontale con la lobby gay e la massoneria ecclesiastica che, purtroppo, sarà comunque inevitabile se il Santo Padre proseguirà sulla via dei primissimi mesi.

Senza troppo clamore, papa Leone XIV sta correggendo i vari errori, ed eresie, pronunciati da Bergoglio.

Lo ha fatto, ad esempio, con il citato elogio della famiglia naturale, ma lo ha fatto anche attraverso una condanna indiretta della convivenza, nella quale, a detta di Bergoglio, ci sarebbe stata invece la “grazia”.

Si è visto lo stesso spirito paterno di voler sanare i guasti del pontefice preferito dalla libera muratoria e dalla sinistra progressista, anche quando il papa regnante ha condannato l’adorazione della natura, il panteismo seguito da Francesco e i suoi cardinali che hanno sostituito la natura a Dio, ed è impossibile non vedere come Leone sia un papa molto diverso dal suo predecessore.

La guerra a papa Leone

Leone si è trovato accerchiato sin dai primi istanti del suo pontificato.

Appena sedutosi sul soglio di Pietro, si è ritrovato vittima di una macchina del fango che lo accusava di aver coperto presunti abusi di sacerdoti nella sua arcidiocesi di Chiclayo, in Perù, quando il cardinal Prevost nemmeno era ancora giunto nella cittadina peruviana.

Il cardinal Prevost seguì alla lettera il protocollo previsto dalla Santa Sede.

Trasmise subito le denunce ricevute agli uffici competenti del Vaticano che apparentemente non trovarono conferma di questi presunti abusi avvenuti contro tre donne che mai prima dell’inizio dell’arcivescovado di Prevost avevano detto una parola al riguardo.

Si mise in moto una trappola contro il cardinale originario di Chicago, nella quale si vide l’attiva partecipazione di un gruppo editoriale peruviano di proprietà di una ricchissima famiglia locale, i Miró Quesada, molto vicini ai Rockefeller, e di un’associazione anti-cattolica, la SNAP, già sorpresa in altre occasioni a fabbricare calunnie e diffamazioni contro sacerdoti, completamente scagionati poi dall’accusa di abusi che la SNAP gli aveva gettato addosso.

Si assistette ad un fenomeno soltanto apparentemente contradditorio all’epoca.

SI vide una sorta di convergenza tra la stampa mainstream e alcuni sedicenti ambienti “tradizionalisti” che non si premurarono nemmeno di fare le verifiche essenziali per vedere se queste accuse di “insabbiamento” reggessero o meno alla prova dei fatti.

Si vede lo stesso allineamento di questi pianeti anche ora.

Alcuni ambienti “tradizionalisti” hanno subito riportato le parole di padre Martin e di monsignor Savino, senza provare anche in tale occasione a capire perché mai Leone avrebbe dovuto incoraggiare i due prelati a seguire sulla strada dell’errore, e senza nemmeno notare come le dichiarazioni dei due personaggi siano state fatte a distanza di pochissimo tempo, chiaramente coordinate.

Il papato di Leone ha tanti nemici.

Ce li ha ovviamente nei corrotti ambienti omosessuali che negli ultimi anni hanno insozzato la Chiesa portando scandalo e vergogna, sino a consumare orge gay nelle stanze vaticane, e ce li ha anche tra alcuni sedicenti “tradizionalisti” che ormai non hanno più a cuore che la Chiesa venga finalmente liberata dall’apostasia, ma che sembrano piuttosto intenzionati a provocare uno scisma.

L’assalto a Santa Romana Chiesa è su tutti i fronti e al timone di questa barca c’è ora questo papa che si aggrappa alla Croce sperando di uscire dalla tempesta e di portare finalmente fuori dalla burrasca la Chiesa.

Il canale diplomatico con Putin

Leone si sta impegnando molto però anche sul fronte della diplomazia, alla ricerca di una politica estera più vicina alla autentica missione della Chiesa.

Se Bergoglio aveva trasformato la Chiesa in una cassa di risonanza del forum di Davos e dell’Unione europea, papa Leone cerca invece di restituire al Vaticano quel ruolo di portatore di pace nel mondo che era sparito con Francesco.

Secondo fonti diplomatiche vicine alla Santa Sede, il Santo Padre ha infatti avviato in maniera riservata dei contatti con il presidente russo, Vladimir Putin.

All’indomani del vertice tra Trump e Putin tenutosi ad Anchorage, Leone XIV aveva espresso ottimismo sulla possibilità di mettere una buona volta fine alla guerra in Ucraina, che grazie alla scellerata strategia suicida di Zelensky è costata la vita a 1 milione e 600mila ucraini, una cifra spaventosa, disumana che dà l’idea di come il regime nazista ucraino abbia mandato al massacro un intero popolo in una guerra folle, già persa in partenza.

A Leone, la fine della guerra sta molto a cuore, e così la Santa Sede e la Russia hanno avviato degli scambi diplomatici attraverso il parroco della Chiesa russa a Roma, lo hieromonaco Antonij, che avrebbe appunto riferito al Cremlino la volontà del Vaticano di proporsi come mediatore.

Vladimir Putin in una visita in Vaticano nel 2015

Putin avrebbe dato tutta la sua disponibilità a trattare con la Santa Sede, e a chiudere la guerra, ma avrebbe chiesto rassicurazioni sulla effettiva volontà di Kiev di porre fine al sanguinoso conflitto perché Zelensky, dopo l’umiliazione alla Casa Bianca, sembra essersi trincerato dietro il silenzio in attesa forse che qualcuno possa tirarlo fuori dal pantano nel quale si trova.

Leone ha iniziato così quindi il disgelo tra il Vaticano e Mosca.

Sotto il papato di Bergoglio, i rapporti si erano fatti freddi e distanti perché il Cremlino, non a torto, percepiva Francesco non come un mediatore, ma come una parte attiva del conflitto, vista la sua simpatia verso il regime nazista ucraino.

Lo scenario di un pontefice che inizia a dialogare con la Russia evoca nella mente di molti la profezia mariana di Garabandal del 1961, nella quale Maria rivelava come un giorno un papa si sarebbe recato a Mosca.

Sembrano essere non pochi i segnali che suggeriscono che Leone possa essere il papa delle profezie mariane di Fatima e Garabandal, e forse ciò spiega perché il Santo Padre dopo nemmeno 3 mesi di pontificato sia già accerchiato dai suoi nemici.

Sarà un pontificato difficile. Sarà un pontificato dove la Croce dovrà essere portata sino all’ultima stazione.

Leone XIV dovrà fare conti con tutti i nemici della Chiesa, sia che siano lupi senza maschera, sia che siano lupi travestiti da agnelli.

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5 Commenti

  1. Pi

    Mi permetto di andare fuori tema: l’argomento “11 settembre” è diventato talmente imbarazzante per le elite che conviene a loro stesse farne passare il 24 anniversario in silenzio.

    Rispondi
  2. Ruggero

    Per comprendere che questa chiesa, ora governata da Prevost, non è la Chiesa di Cristo, ci vuole la Fede. Fede che hanno perso la quasi totalità dei battezzati. Sono rimasti in pochi i veri cattolici: si tratta del Piccolo Resto, profetizzato anche da Benedetto XVI. La gerarchia ecclesiastica del dopo Vaticano II si è allontanata dalla Chiesa di Cristo, tenendosi muri e ori. Anche papa Prevost è papa materiale, quindi non è Papa (Tesi Cassiciacum, Casa Mater Boni Consilii).

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    • La Cruna dell'Ago

      Una “tesi” confutata da un pezzo. L’apostasia dei pontefici post-Concilio non determina la fine della continuità pastorale.

      Rispondi
  3. alberto

    Trappole? Ma qui a concesso l’uddienza a Mr. Martin?

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    • La Cruna dell'Ago

      Martin l’ha chiesta, e gli è stata accordata a precise condizioni che il gesuita non ha rispettato.

      Rispondi

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