La strategia di Trump sull’Ucraina e l’UE e la pistola fumante della corruzione

25/11/2025

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di Cesare Sacchetti

A Bruxelles, sono molto pratici nell’esercizio della presa di distanza, o meglio sono dei veri e propri specialisti nel fingere di non conoscere situazioni nelle quali loro sono pienamente coinvolti.

Si è vista tale triste messinscena anche nell’ultimo scandalo di corruzione che è emerso in Ucraina, un enorme giro di tangenti e soldi sporchi pari a 100 milioni di dollari finiti in un fiume di appalti e mazzette distribuiti non solo nel giro del “presidente” ucraino.

A gestire la borsa delle tangenti era Timur Mindich, già al fianco di Zelensky quando questi era un comico.

Mindich è un profilo che è stato volutamente trascurato dagli organi di stampa italiani ed europei, impegnati in questi giorni in quello che nel gergo anglosassone si definisce come “damage control”, il controllo dei danni, che sono ben più pesanti di quello che ovviamente trapela sulla carta stampata.

Timur Mindich

Mindich è un uomo prestato alla politica, esattamente come il suo amico Zelensky.

Figlio di una famiglia di origine ebraica, come l’ex comico, e con un passaporto israeliano in tasca, era il proprietario di una società di produzione televisiva fondata proprio assieme a Zelensky, durante i suoi anni da comico televisivo.

Mindich gestiva il portafoglio.

Se c’era da approvare un appalto o una fornitura degli aiuti che Kiev riceveva, doveva esserci il suo benestare, ma il corrotto ufficiale governativo era solito far finire molti di quei fondi a favore di imprese direttamente a lui legate.

E’ il caso, ad esempio, di un acquisto di giubbotti antiproiettile di scarsa qualità fabbricati da una ditta a lui vicino, e che sono stati di pochissima utilità agli ucraini, mandati obbligatoriamente al fronte come carne da macello.

A ordinare l’inchiesta è stato un ufficio ucraino chiamato NABU, un acronimo che sta per National Anti-Corruption Bureau of Ukraine, ovvero l’ufficio nazionale anti-corruzione dell’Ucraina, ma dal NABU finora non era mai venuto fuori nulla.

Gli uomini del NABU non si erano mai mossi prima per indagare la corruzione che c’è attorno a Zelensky, perché l’ufficio era saldamente nelle mani del regime nazista ucraino che puntualmente si metteva in molto per soffocare ogni inchiesta.

Le inchieste di corruzione soppresse dall’amministrazione Obama

Si verificava in pratica lo stesso scenario che si vide nel 2016, quando alla Casa Bianca c’erano Barack Obama e Joe Biden, allora vicepresidente.

Ad avere un mandato particolare per l’Ucraina era proprio lui, Joe Biden, che fece assumere suo figlio Hunter, coinvolto in giri di droga e pedofilia, nella famigerata società del gas Burisma che gli elargiva un lautissimo stipendio nonostante Hunter non avesse nessuna esperienza in quel settore.

Burisma era finita già allora sotto le lenti della magistratura ucraina.

A coordinare l’inchiesta sulle pratiche opache della società e l’assunzione del figlio era il procuratore Victor Shokin, ma il magistrato ucraino mai poté portare a fondo la sua indagine.

Joe Biden assieme a suo figlio Hunter nel 2010

A sbarrargli la strada fu Joe Biden che si recò d’urgenza a Kiev per trasmettere all’allora presidente Poroshenko un vero e proprio ultimatum.

Se non fosse rotolata la testa del procuratore Shokin, sarebbe rotolata quella di Poroshenko, e il corrotto presidente ucraino salito al potere tramite il golpe dell’Euromaidan non ci pensò due volte ad eseguire gli ordini della Casa Bianca.

Stavolta a Washington però non c’è più la sponda dell’amministrazione Obama, né tantomeno di una presidenza nelle mani dello stato profondo e di ferrea fedeltà atlantista, ma c’è invece Donald Trump, il presidente che vuole mettere fine all’era dell’atlantismo e dell’interventismo americano.

A dare la spinta definitiva all’inchiesta è stato proprio Zelensky.

Dopo la sua ultima visita alla Casa Bianca avvenuta lo scorso ottobre, c’è stato un nuovo scontro tra il presidente americano e il capo del regime ucraino.

Trump è stato ancora una volta estremamente chiaro.

Un accordo di pace non può non passare dalla rinuncia a dei territori che sono stati, tra l’altro, sempre russofoni e le possibilità dell’Ucraina di recuperare le regioni Orientali sono praticamente nulla.

Sul fronte, la situazione è a dir poco disastrosa. Il conto dei morti ucraini ammonta a qualcosa come 1 milione e 600mila morti.

E’ un massacro vero, un’ecatombe determinata e decisa da un manipolo di corrotti ufficiali governativi che non ha avuto alcuno scrupolo a mandare gli ucraini al fronte quando non c’era nessuna seria possibilità di rovesciare le sorti di un conflitto segnato da tempo.

Sono tre anni ormai che la Russia ha spazzato via larghissima parte del battaglione nazista Azov, senza contare i vari mercenari stranieri e i “consulenti” della NATO che sono stati trovati più volte sul posto, laddove non avrebbero mai dovuto esserci, visto che Kiev non è parte dell’Alleanza Atlantica.

L’anticipazione di settembre sulla strategia di Trump

Trump ha deciso di usare quindi al meglio la leva della “dissuasione” per far capitolare il “presidente” ucraino”.

Secondo quanto rivelarono già nel mese di agosto fonti dell’intelligence USA a questo blog, il presidente americano aveva già avuto una conversazione con Vladimir Putin, nella quale si era fatto il punto sulla situazione ucraina.

Trump in quell’occasione sarebbe stato molto franco con il suo alleato.

Trump e Putin in Alaska lo scorso agosto

Washington non poteva e non può più tollerare un conflitto che sta producendo un elevatissimo numero di morti ucraini, e soprattutto non può più tollerare che l’Unione europea e la NATO fabbrichino una interminabile serie di provocazioni nella folle speranza di scatenare un conflitto con Mosca e costringere così gli Stati Uniti a schierarsi dalla parte degli Euro-Atlantisti.

Trump ha quindi ancora una volta lasciato cuocere a fuoco lento i suoi avversari.

Ha ribadito la sua ferma volontà di fermare la guerra e di accettare alcune delle imprescindibili condizioni del Cremlino, ma si è tenuto nella manica la carta più pesante.

Quella del magma di corruzione ucraino.

A spingere la NABU a perseguire il filone dell’inchiesta sui 100 milioni finiti nelle imprese di Myndich e altri corrotti ufficiali, è stata l’FBI di Kash Patel che ha portato una corposa documentazione nella quale ci sono i nomi degli uomini del “presidente”, ma anche, a quanto pare, quelli di diversi commissari europei.

Secondo quanto riportato da alcune fonti vicine agli investigatori, il giro dei fondi affluiva direttamente nelle tasche di personaggi come Kaja Kallas, il commissario che si occupa degli affari esteri, e che già due anni prima era stata accusata di conflitto di interessi per via delle attività del marito che ha una ditta di trasporti, attiva proprio nell’odiata Russia.

Kaja Kallas

Sembra essere un vecchio vizio quello che riguarda gli affari dei consorti dei commissari europei, e tra questi c’è forse il marito più importante di tutti, ovvero Heiko Von der Leyen.

Heiko è un medico che ha lavorato in passato presso la scuola medica di Hannover, prima di trasferirsi improvvisamente negli Stati Uniti e ricoprire un remunerativo incarico presso la Orgenesis, una società satellite della Pfizer.

Secondo l’inchiesta condotta dal giornalista rumeno, Adrian Onciu, Heiko si sarebbe portato a casa ben 760 milioni di dollari dalla vendita dei vaccini Pfizer, quella che nel gergo tecnico si chiama commissione premio, ma che in questo caso assomiglia molto ad una tangente mascherata finita direttamente nella casa di Ursula Von der Leyen.

A sollevare la questione dei contratti dei vaccini e dei fondi europei gestiti con troppa “leggerezza” è stato di recente il primo ministro ungherese, Viktor Orban, che nel corso di una recente sessione del Parlamento europeo si è presentato con un corposo dossier che documentava tutte le malversazioni dei fondi UE commesse dal presidente della Commissione europea.

Si dice che la reazione della Von der Leyen sia stata a dir poco scioccata, completamente sorpresa di fronte alla solida documentazione presentata da Orban, e chi l’ha vista uscire dall’aula in quel momento riferisce che Ursula era a dir poco sbiancata.

Oltre all’annosa questione dei fondi di coesione, il primo ministro ungherese sollevò la questione della enorme massa di denaro elargita verso l’Ucraina, che è finita, come si è visto, nelle tasche di Zelensky e dei suoi uomini, oltre che in quelle di alti dirigenti dell’Unione europea.

Trump aveva queste informazioni.

Sapeva l’enorme giro di tangenti che ruota attorno ai fondi ucraini, e questo spiega come mai il NABU, su impulso dell’FBI, si sia attivato dopo un lungo periodo di letargo.

Si è potuto vedere così di nuova all’opera la  diplomazia “muscolare” del presidente Trump, ovvero quella che impone al corrotto governante di turno di firmare un accordo di pace anche se questi non ne ha nessuna intenzione.

Lo si è visto già a Gaza, tramite l’accordo di pace che Trump ha letteralmente fatto a ingoiare a Israele che sarebbe voluta andare avanti con la sua politica di genocidio del popolo palestinese.

Si può vedere soprattutto come siano cambiati completamente i riferimenti della politica estera di Washington.

Se fino al 2016, i capisaldi della geopolitica americana erano fondati su un completo asservimento agli interessi dello stato ebraico e su un sostegno costante all’Unione europea, l’era Trump ha cambiato completamente i paradigmi seguiti dagli Stati Uniti dal’45 in poi, molto più vicini al mondo multipolare guidato dalla Russia di Putin.

Si spiegano così le reazioni oltre il limite dell’isteria da parte di Giuliano Ferrara e di Carlo Calenda, due personaggi dello stato profondo italiano, consapevoli che l’accordo di pace di Trump è il punto definitivo sull’Euro-Atlantismo e sull’ultima frontiera del Nuovo Ordine Mondiale.

C’è poi un altro aspetto interessante, trascurato dagli organi di stampa, sullo scandalo di corruzione e sulla uscita di sicurezza israeliana che diversi dirigenti “ucraini” hanno a disposizione.

Mindich aveva una via di fuga già pronta, una sorta di piano B, qualora tutto fosse precipitato.

Il corrotto dirigente ucraino è riuscito a lasciare il Paese poco prima che iniziasse la perquisizione della sua casa.

L’ex socio in affari di Zelensky aveva quasi certamente ricevuto una soffiata da qualcuno attivo presso la NABU o l’FBI, perché è riuscito a fare le valige senza difficoltà e ha lasciato l’Ucraina nonostante non sia affatto cosa semplice per tutti gli altri ucraini, compresi i politici dell’opposizione, guardati a vista dal regime di Kiev.

Mindich apparteneva però a quel circolo di “eletti” che governa il Paese dalla caduta del muro di Berlino, ed è il protetto di quegli oligarchi di origine askenazita come Igor Kolomoisky che hanno trasformato l’Ucraina in un centro della corruzione internazionale, oltre che di altri turpi traffici pedofili nei quali risulta essere coinvolta la “first lady” ucraina, Olena Zelenska.

Secondo quanto riportato da alcuni giornalisti indipendenti, Mindich in questo momento si trova proprio nello stato ebraico, accolto dall’intelligence israeliana che era stata già informata ovviamente del suo arrivo nel Paese perché il socio di Zelensky aveva ovviamente un suo canale privilegiato presso Israele.

Si disse in passato che lo stesso Zelensky a guerra finita potesse considerare di rifugiarsi in Israele, anche se il presidente ucraino ha coltivato molto la pista italiana nei mesi passati per via della sua stretta amicizia con Giorgia Meloni.

Se si è confusi da quella che potrebbe apparire come una alleanza sulla carta impossibile, ovvero il sodalizio tra il mondo sionista e nazista, allora non si deve fare altro che ripercorrere la storia dell’Haavara e degli appoggi che Adolf Hitler ricevette dalla finanza anglosionista che vedeva bene una sua ascesa al potere, fondamentale per la nascita dello stato di Israele, al quale la Germania nazista diede un contributo decisivo.

Le vie di fuga verso Israele potranno forse salvare qualche dirigente del regime di Zelensky, ma l’inchiesta dell’FBI è soltanto il primo avvertimento di Trump non solo a Zelensky, ma a tutta l’Unione europea.

Se Bruxelles si metterà di traverso per far saltare il piano di pace, allora l’indagine sui 100 milioni di dollari dei fondi ucraini, sarà solo l’antipasto.

A Mosca, ne sono ben consapevoli.

Secondo Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo,  i commissari europei sono dentro fino al collo nel giro di tangenti di Kiev.

Nelle ultime ore, sembra che la “medicina” di Trump abbia già iniziato a fare i suoi effetti.

La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, riferisce che Zelensky avrebbe accettato buona parte del piano di pace preparato dal presidente americano.

Sono quindi queste le probabili ultime battute di un conflitto che è costato tantissimo sangue agli ucraini per colpa di una scellerate e corrotta dirigenza che già ha iniziato a lasciare il Paese.

Se non ci saranno sorprese o colpi di mano all’ultimo momento, entro la settimana il “presidente” ucraino dovrebbe firmare l’accordo, o in caso contrario, l’inchiesta dell’FBI e della NABU salirà al livello successivo.

Se si dovesse arriavare a tale scenario, allora Trump non dovrà fare altro che premere il bottone per far saltare in aria ciò che resta del regime ucraino e dei suoi referenti a Bruxelles.

Verrà inevitabilmente fuori tutto il verminaio della corruzione di Kiev e dell’Unione europea.

Si scoperchierà tutto il vaso di pandora del malaffare della Commissione europea e del regime nazista di Kiev.

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5 Commenti

  1. Isabel.

    Buongiorno, Cesare. Grazie mille per il tuo lavoro meticoloso. Sei un vero ricercatore che offre informazioni che non compaiono sulla stampa sensazionalistica e bastarda che raggiunge i cittadini comuni. Pur vivendo in un paese in via di sviluppo, sono sempre stata interessata alla geopolitica e alle complessità della politica internazionale. Ora, da quando ho scoperto il tuo blog, posso accedere a informazioni di prim’ordine grazie alla tua mente brillante. Cordiali saluti da Mendoza, Argentina. E grazie, come sempre, per continuare a far luce nell’oscurità.

    Sensazionalista

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  2. Massimo

    Salve Cesare .Personalmente spero che Zelensky non accetti questo piano di pace e se lo accettasse fa nulla.Non possono passare sempre impuniti, figli , nipoti, cugini , parenti di quella gente che fecero una farsa nel processo di Norimberga.Un processo farlocco o mi sbaglio? Abbiamo bisogno questa volta di condanne certe senza che fuggano in giro per il mondo.Sei d’ accordo?

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    • La Cruna dell'Ago

      Salve Massimo, Trump punta a chiudere l’accordo. Dopo farà uscire comunque tutto.

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  3. Carmine andrea Caruso

    Sarebbe opportuno che premesse altro bottone.

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