di Cesare Sacchetti A Parigi, non si respira affatto una aria di quiete. Sono passati soltanto 9...
La strategia di Londra per destabilizzare il Venezuela e i Balcani e le contromosse di Trump
di Cesare Sacchetti
Sono almeno 3 i cacciatorpedinieri americani dotati del sistema di combattimento AEGIS che hanno salpato dalle coste degli Stati Uniti per fare rotta al largo delle coste del Venezuela.
A scrivere che sarebbe in corso un tentativo da parte degli Stati Uniti di provare a rovesciare in qualche modo la presidenza di Nicolas Maduro attraverso la vecchia dottrina del regime change, sono stati i soliti organi di stampa in mano all’anglosfera.
A leggere la risposta di Caracas verrebbe da pensare che effettivamente le cose stiano così.
Dal palazzo di Miraflores sono state pronunciate parole di fuoco da parte del presidente Maduro verso gli Stati Uniti e un suo eventuale tentativo di rovesciare il suo governo, magari per mettere al suo posto un personaggio come i leader dell’opposizione come Marina Machado, abortista convinta e a favore della legalizzazione dei matrimoni gay, vicinissima allo stato profondo americano già ai tempi dell’amministrazione Bush e a quegli ambienti che per 25 anni hanno cercato, senza successo, di instaurare un governo fantoccio in Venezuela.

George Bush nel 2005 riceve alla Casa Bianca Marina Machado
Il Venezuela fa gola al potere che conta.
Il Paese, com’è noto, siede su ricchissimi giacimenti di petrolio che in passato erano saldamente nelle mani della varie multinazionali del petrolio.
Si tratta dei “soliti sospetti”.
Sono nomi del calibro della Exxon della ConocoPhillips, ad esempio, che già nel 2007 vennero gentilmente messi alla porta dal presidente Chavez, che decise di nazionalizzare i giacimenti dell’Orinoco.
Chavez finì subito nel libro nero della CIA e del Mossad.
Hugo Chavez
L’ex presidente del Venezuela aveva già iniziato a seguire le orme del socialismo nazionale, e ciò gli valse una feroce campagna stampa ai suoi danni da parte dei media Occidentali, che non esitarono ad apostrofarlo come un “caudillo”, nonostante sia lui che il suo successore, Maduro, avessero vinto elezioni giudicate regolari da diversi osservatori internazionali, ma la verità non alberga certo sulla carta stampata dell’anglosfera.
Nel momento stesso in cui il Venezuela viene considerato una minaccia da gruppi finanziari come BlackRock e Vanguard, esso è stato chiamato come una “dittatura”, mentre il Messico, narcostato in mano ai cartelli della droga che hanno finanziato persino la campagna dell’attuale presidente Claudia Sheinbaum, il primo di origini ebraiche nella storia del Paese, non viene nemmeno sfiorato dai media Occidentali, nonostante nel Paese proliferino gli omicidi politici verso i leader che non prendono ordini dai narcotrafficanti.
A giudicare dalle apparenze, molti sono stati portati a pensare che Trump abbia deciso di rompere la sua dottrina non interventista in Venezuela, e, secondo quanto dichiarato dallo stesso presidente americano ieri sera, gli Stati Uniti avrebbero colpito una nave di narcotrafficanti vicino alle coste del Paese.
In realtà, a Caracas sta andando in scena un altro capitolo della strategia della dissimulazione, della quale Trump ha dato prova in più di un’occasione di essere un assoluto maestro.
Secondo quanto riferito a questo blog da fonti dell’intelligence americane e da altre vicine al governo venezuelano, il presidente Trump ha autorizzato l’inizio di una massiccia missione militare congiunta con il Venezuela, che ha mobilizzato il suo esercito, per dissuadere Londra dai suoi piani di destabilizzazione del Paese.
A tramare una manovra eversiva ai danni di Caracas, non è dunque Washington, ma il Regno Unito, soltanto che Trump non ha scoperto le sue carte sul tavolo.
I precedenti della strategia della dissimulazione: la Siria e l’Iran
Il presidente americano scelse la stessa strategia in nel 2017 e due mesi fa con l’Iran.
Appena insediatosi alla Casa Bianca, il presidente Trump si trovò a dover fare i conti con un false flag eseguito dalla CIA e dal MI6 che misero in scena il falso attacco chimico di Khan Sheikhun, per addossare la colpa al presidente siriano Assad, e forzare così Washington ad intervenire.
Trump accontentò i vari guerrafondai sionisti e neocon prendendosi gioco di loro.
Autorizzò una operazione militare contro la Siria, soltanto che i missili sganciati non colpirono nulla di rilevante, se non qualche luogo deserto o abbandonato del Paese.
Washington si disimpegnò così abilmente dalla morsa di chi voleva trascinare gli Stati Uniti in guerra contro la Siria, sempre per compiacere lo stato ebraico, che voleva, e vuole, annettere la Siria alla ricerca del compimento del folle piano imperialista della Grande Israele.
In Iran, lo scorso giugno, il presidente americano si servì della stessa tattica.
Trump ancora una volta si trovò a dover fare i conti con le folli mire espansionistiche di Israele che in quell’occasione lanciò un attacco all’Iran nel tentativo di ridurre all’impotenza il suo incubo da molti anni, e per cercare nuovamente di trascinare gli Stati Uniti in un’altra guerra voluta dallo stato ebraico.
Israele raccolse dalla sua campagna fallimenti su fallimenti.
Se il primo giorno degli scontri, Tel Aviv ha potuto contare sull’effetto sorpresa, questo vantaggio si è dissipato rapidamente dopo che Teheran ha iniziato a lanciare una pioggia di missili balistici che hanno prodotto una serie di gravi danni, e non pochi morti, anche se lo stato ebraico si è adoperato non poco, attraverso i media Occidentali, per occultare la umiliazione che stava subendo.
Israele è ossessionata dal falso mito della sua invincibilità, e fa di tutto per sopprimere qualsiasi informazione che dimostri come lo stato ebraico sia soltanto una grande tigre di carta senza la protezione dell’America, che lasciò sola Tel Aviv nella sua suicida guerra contro l’Iran.
Israele non aveva dunque opzione migliore che quella di trascinare in guerra Washington per tirarsi fuori dal pantano, ma, ancora una volta, il presidente Trump è ricorso alla strategia della dissimulazione, che in inglese amano chiamare con la parola “optics”, ovvero apparenze.
Attraverso l’improvvisa decisione di eseguire un attacco contro i siti nucleari iraniani, in molti sono stati portati a pensare che ormai il peggio era inevitabile, e che ci sarebbe stato un terzo conflitto mondiale, sulle orme della corrispondenza tra Pike e Mazzini, e invece anche in quell’occasione la Casa Bianca giocò tutti.
Il presidente americano ordinò di eseguire dei bombardamenti che non colpirono le strutture dei siti nucleari, ma, al massimo, i deserti intorno, come hanno potuto costatare gli stessi organi di stampa iraniani.
I media e Israele ebbero così ufficialmente l’intervento americano che volevano, soltanto che questo fu fittizio, artificiale e concordato con l’Iran, come rivelato dallo stesso Trump.
Se ne diede immediatamente conto in un contributo su questo blog mentre i media mainstream e i canali della falsa controinformazione brancolavano nel buio radioattivo della terza guerra mondiale, mossi entrambi da profonda malafede e voglia di depistare i loro sempre più sparuti e smarriti lettori.
A Caracas, si possono vedere ancora una volta in scena le cosiddette “optics”.
Gli organi di stampa internazionale hanno cucito addosso al Venezuela, alla Bielorussia, alla Siria, e all’Iran, l’immagine di “dittature autoritarie”, e Trump per evitare di essere definito come un presidente che protegge dei “tiranni”, ha preferito tenere sotto traccia i rapporti con tali Paesi, seppur negli ultimi tempi siano venuti dei segnali ufficiali di relazioni con questi, soprattutto con la Bielorussia, elogiata pubblicamente da Trump, e la Siria, alla quale sono state tolte le sanzioni finanziarie.
A Caracas, sanno perfettamente che Donald Trump è odiato dai neocon e che nella sua agenda non c’è quella di orchestrare golpe in giro per il mondo pur di compiacere le solite lobby atlantiste e sioniste.
A dirlo fu proprio il presidente Maduro che l’anno scorso, dopo l’attentato di Butler, dichiarò che coloro che stavano cercando di uccidere Donald Trump erano le stessi menti che orchestrarono l’omicidio di John Fitzgerald Kennedy.
Il presidente Maduro denuncia lo stato profondo che ha cercato di uccidere Trump
Sono i gestori del caos, i potentissimi rappresentanti di lobby come Chabad e l’AIPAC che hanno avuto in mano le redini della Casa Bianca per anni.
La fine dell’impero americano e Q
La fine però della continuità imperialista americana ha cambiato completamente gli equilibri che si erano instaurati dal 1945 in poi.
Venuto meno il ruolo destabilizzatore di Washington, Londra ora prova a vestire i panni dismessi da Washington.
Nelle varie cancellerie europee, c’è ancora lo shock dipinto sul volto dei vari “leader” europei perché la fine dell’impero americano significa semplicemente la fine della globocrazia nata dall’45 in poi.
A decidere che gli Stati Uniti dovevano avere il ruolo di guardiano del cosiddetto ordine liberale internazionale, sono state le famiglie dell’alta finanza che hanno in mano la Federal Reserve Bank, e anche qui si incappa nei soliti Rothschild, Rockefeller, Warburg, Morgan e DuPont.
Se c’era la “esigenza” di rovesciare un governo ostile, era a Washington che ci si rivolgeva.
Ad esempio, lo si vide subito nel dopoguerra quando il reparto delle black ops della CIA, eseguì il rovesciamento del presidente iraniano Mossadegh, “colpevole” di aver nazionalizzato le risorse petrolifere del suo Paese
Stesso destino capitò a Salvador Allende, anche lui “colpevole” di aver deciso di nazionalizzare le miniere di rame del Cile, e di aver messo così a repentaglio gli interessi della globocrazia.
Se poi la dottrina del regime change non era sufficiente a rovesciare o uccidere il presidente di uno Stato, allora si passava direttamente all’intervento armato, come accaduto per i talebani in Afghanistan nel 2001, o a Saddam Hussein nel 2003, visto da Israele come una minaccia per i piani di dominio di Tel Aviv in Medio Oriente.
Si è costituita però negli ultimi 10 anni un’alleanza di vari Paesi, una vera coalizione dei volenterosi, che si è fermamente opposta alla governance globale.
A farne parte sono certamente gli Stati Uniti e la Russia, come si è potuto vedere ad Anchorage, in Alaska, durante lo storico incontro tra Trump e Putin, ma lo si è potuto vedere anche dopo il sensazionale tweet scritto da Kirill Dmitriev, uno dei consiglieri del presidente russo.
Dmitriev ha parlato esplicitamente di “Q + “ affiancando a tale scritta le bandierine russe e americane, a voler far intendere che Mosca e Washington appartengono a questo livello privilegiato di tale alleanza.
Il tweet di Dmtriev su Q +
Q è un nome nel quale si è incappati non poche volte negli ultimi anni, e che è stato al centro di numerosi depistaggi, quali quelli degli organi di stampa, che hanno chiamato Q “Qanon” attribuendogli squinternate previsioni e dichiarazioni mai veramente fatte in realtà.
Q invece è qualcosa di molto più sofisticato e preciso.
Si tratta quasi certamente di un gruppo di intelligence militare che affianca Trump dal 2016, e si può avere un saggio della sua precisione attraverso la lettura dei suoi drop, ovvero degli brevi scritti pubblicati sulla bacheca del forum di 4chan.
Ce ne sono diversi che hanno anticipato incredibilmente degli scenari a distanza di diversi anni.
Non si tratta di qualcuno che inganna il suo tempo dietro una tastiera, ma di un gruppo di persone al corrente di scenari che soltanto apparati dei servizi possono conoscere.
Trump e l’intelligence militare hanno operato sin dal primo istante per liberare gli Stati Uniti dai tentacoli di un potere che per lungo tempo ha controllato questa nazione, e questo ha portato la governance globale a cercare un sostituto per Washington.
Londra sì è così fatta avanti per provare a riempire il “vuoto” lasciato dall’imperialismo americano.
Londra vuole tornare ad essere il centro dell’anglosfera come lo era all’inizio del secolo scorso, anche se oggi, rispetto ad allora, tutto è cambiato.
L’impero britannico è tramontato da un pezzo, e la Gran Bretagna non ha nemmeno il 15% della capacità militare di cui dispongono gli Stati Uniti d’America.
Il cosiddetto Nuovo Ordine Mondiale è ormai evidentemente soltanto un lontano miraggio.
Nonostante l’evidenza dei fatti e il cammino della storia siano ormai praticamente irreversibili, sembra che il Regno Unito, l’Unione europea e Israele siano affette da una inguaribile dissonanza cognitiva che le porta a rifiutare la realtà.
Sembrano tutti in preda ad uno stato febbricitante che li porta alla continua ricerca del sabotaggio, dell’incidente gratuito, non tanto perché ormai sia possibile effettivamente giungere al raggiungimento del risultato sperato, ma piuttosto perché si vuole fare terra bruciata prima di uscire di scena.
Londra così prova ovunque a seminare caos e disordine, e non solo in Venezuela.
Nel mirino degli inglesi c’è anche l’Europa Orientale, da tempo al centro dei piani di destabilizzazione del Regno Unito.
Downing Street sta da qualche tempo a questa parte cercando di stipulare segretamente degli accordi militari con vari Paesi dei Balcani, tra i quali c’è la Croazia, molto vicina alla NATO, nel tentativo di creare una strategia di accerchiamento della Russia, non molto differentemente da quello che fece proprio il patto atlantico dopo la caduta del muro di Berlino, quando piuttosto che disciogliersi come avrebbe dovuto, la NATO si espanse in tutta l’Europa Orientale.
I Balcani, come detto, sono un vecchio pallino di Londra.
I servizi segreti inglesi, assieme agli scendiletto dell’AISE e all’immancabile Mossad, avevano provato già due anni orsono a creare una provocazione contro la Serbia a bordo del Goduria nel lago Maggiore, ma in quella occasione gli andò male perché i servizi russi, secondo quanto riferito da fonti dell’intelligence serba a questo blog, intervennero tempestivamente per affondare, è proprio il caso di dirlo, il summit eversivo.
Sembra quindi che siano in corso le prove tecniche per costruire un asse tra Londra e Tel Aviv per ricreare i precedenti equilibri geopolitici del passato, ma nessuno dei due Paesi è in grado di sopperire alla leadership militare americana, che, ad oggi, resta ancora insuperata.
Londra dunque illude soltanto sé stessa e mentre cerca di mettere sul suo capo la corona di un impero che ormai non c’è più, dimentica che al suo interno c’è l’ennesima crisi politica che rischia anzitempo di far cadere l’ultimo inquilino di Downing Street, Keir Starmer, già alle prese con i rimpasti del suo governo alla quale va aggiunta la crisi della dinastia dei Windsor, apparentemente irreversibile dopo la morte della regina Elisabetta, personaggio di spicco del comitato dei 300.
I rottami della governance globale farefebbero meglio ad accettare quanto prima la realtà.
Ogni tentativo di destabilizzazione in giro per il mondo non riporterà indietro le lancette dell’orologio della storia.
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Buongiorno, Cesare. Aggiungo questa inevitabile realtà alla tua valutazione. C’è una dolorosa verità che i media non trasmettono, ed è la DIAPORA venezuelana nel mondo. Ovunque tu vada, trovi venezuelani che hanno dovuto emigrare a causa della fame, dell’insicurezza e della mancanza di opportunità per i giovani. Ho un’amica in Venezuela che non può uscire di casa da sola nemmeno per un giorno per andare a trovare sua madre perché è occupata e la dittatura venezuelana, che non è una democrazia, sostiene gli abusivi. Credo che Chávez fosse una cosa e Maduro un’altra. Sono due leader molto diversi: uno carismatico e l’altro totalmente corrotto. Un grande saluto da Mendoza Argentina.
Salve Isabel, l’aumento della povertà in Venezuela è dovuto principalmente alla guerra finanziaria che è stata scatenata a questo Paese da Washington sin dal 2000. Non è responsabilità diretta di Maduro, anche se si pensa che Chavez, e probabilmente è così, era un leader politico di caratura superiore.
Buongiorno,
quindi a questo punto è possibile che uno dei modi possibili per mettere la parola fine su tutto questo sia un’operazione militare congiunta di Stati Uniti-Russia contro Londra e Israele?
Il filo logico che unisce i vari post di questo blog consentono una visione del panorama geopolitico attuale (nonché di quello storico) tale da garantire, a chi come me legge questi articoli, una notevole serenità per il futuro a venire, oltre che a un incremento del proprio bagaglio culturale. Vorrei però porre una domanda al dottor Sacchetti a tal proposito. Dal momento che non tutti hanno la possibilità di venire a conoscenza di questo forum, avete mai considerato l’idea di trasformare la Cruna dell’Ago in un quotidiano da trovarsi in edicola od a soluzioni simili? Inoltre, tempo fa, lessi che una lettrice qui chiedeva lumi sulla realizzazione di un libro da parte di Cesare Sacchetti. Potrei avere ragguagli in merito? Grazie come sempre per il prezioso lavoro di informazione che fate.
Salve Claudio, ti ringrazio. Un quotidiano cartaceo è alquanto costoso, e servirebbero molti fondi per poterlo fare. Meno costosa sarebbe una versione online, ma anche qui sarebbe necessario un congruo investimento. Il libro procede, ed è a buon punto. Un saluto e a presto.