di Cesare Sacchetti A viale Bruno Buozzi, nel cuore dei Parioli, quartiere roccaforte delle elite...
La cortina fumogena di Report sul Garante per la privacy e le authority in mano alla tecnocrazia
di Cesare Sacchetti
A sollevare l’ennesima cortina fumogena è, ancora una volta, la trasmissione di Sigfrido Ranucci, Report, che ha da poco fatto un servizio sulla presunta parzialità politica del Garante per la Privacy.
Secondo Report, l’authority sarebbe un “tribunale politico” espressione del consenso dell’attuale governo di centrodestra, e ora le cosiddette opposizioni, M5S e PD, ne stanno chiedendo le dimissioni per tale ragione.
Si prova una sensazione di noia, o di repulsione vera e propria, nel leggere le pagine dei quotidiani perché su di essi le vere notizie non ci sono, sostituite da fumose polemiche che servono soltanto a distrarre o confondere l’opinione pubblica per farle credere che esista ancora una qualche contrapposizione nell’agone della democrazia liberale, sempre più in crisi e vicina all’estinzione.
Se si volesse fare un vero e costruttivo dibattito sulle cosiddette autorità amministrative indipendenti, occorrerebbe partire dal principio, ovvero da quando esse furono costruite nei disastrosi anni’90, quando un intero modello politico venne smantellato sull’altare di Maastricht.
Le origini delle authority e il modello capitalista angloamericano
Le AAI, o authority, se si vuole utilizzare il termine in inglese, non sono degli istituti che appartengono alla tradizione giuridica ed economica italiana, ma a quella angloamericana, in particolar modo degli Stati Uniti d’America.
Il principio alla base di esse è che non debba essere il governo ad intervenire o regolare determinate materie perché la tendenza politica di una determinata amministrazione non garantirebbe la necessaria imparzialità nel trattare la questione.
Le autorità sono semplicemente figlie della tradizione neoliberale del mondo protestante anglosassone.
Sono, anch’esse, uno dei vari corpi estranei che sono stati impiantati nella tradizione giuridica ed economica italiana che un tempo seguiva le orme dello Stato imprenditore di mussoliniana memoria, a sua volta ispiratosi con ogni probabilità alla Rerum Novarum di Leone XIII.

Leone XIII
Nella dottrina sociale della Chiesa spiegata così mirabilmente dal pontefice nel 1891, non c’è una preminenza del capitale o quella dello Stato.
Esiste una contemperamento, un equilibrio tra quei due mondi che in entrambi i casi conducono la società verso profonde sofferenze economiche e soprattutto morali.
Nel lato destro della sfera economica, c’è il trionfo indiscriminato del capitale.
C’è ancora più esplicitamente la cosiddetta etica protestante del capitalismo della quale parlava il sociologo Max Weber, che spiegava come tale concezione fosse stata di fatto mutuata in larga parte dall’ebraismo, vera e propria forza motrice del moderno capitalismo e della supremazia della finanza e delle banche.
Una volta che l’Europa viene travolta dallo spirito della rivoluzione francese, vengono meno a poco a poco tutte le barriere che proteggevano le monarchie e i popoli europei dagli usurai e dallo loro spregiudicatezza che aveva e ha come mira ultima quella di rendere gli uomini schiavi del capitale.
Nel Medioevo c’era quella etica e quella morale cattolica che costituiva un formidabile muro di contenimento verso le brame talmudiche, ma la rivoluzione spazza via quel mondo e lascia i popoli alla mercé degi usurai.
L’immensa ricchezza dei Rothschild nasce proprio a cavallo tra la fine dell’ancien regime in Francia e l’avvento della società dei diritti umani che ha sostituito semplicemente il culto di Dio con quello dell’uomo.
Il passaggio è pressoché fondamentale, decisivo.
Mai prima della rivoluzione, una famiglia di banchieri di origine ebraica era riuscita ad accumulare una ricchezza così vasta e sconfinata in grado di sostituirsli agli Stati, di controllare i suoi governanti, di decidere chi entra e chi no in politica perché i cordoni della borsa di aprono ovviamente soltanto per quegli statisti e politici che servono gli interessi della plutocrazia.
Nel XIX secolo, si gettano le basi del moderno neoliberismo. Le grandi famiglie che hanno in mano immensi capitali, i citati Rothschild, i Montefiore, i Morgan, i Warburg, e gli Schiff avevano la necessità di elaborare un sistema politico ed economico che assicurasse il loro dominio incontrastato, e il liberismo e le sue moderne applicazioni sono semplicemente la tutela pratica degli interessi dei detentori del capitale.

Moses Monrefiore
Muoiono così progressivamente gli Stati nel senso autentico e tradizionale del termine, e nascono delle oligarchie nelle mani della banche, ma l’Italia almeno dall’avvento del fascismo in poi, e per buona parte dell’900, si discosta da tale via e costruisce un equilibrio diverso.
L’Italia segue in pratica la via del cattolicesimo, e non quella del protestantesimo.
Lo Stato quindi preserva la sua possibilità di avviare e gestire l’iniziativa economica nei settori strategici della nazione, e il privato, soprattutto la piccola impresa, viene aiutato, sostenuto e detassato da un sistema politico che toglie al capitale il potere assoluto che aveva ai tempi dello Stato liberale, nelle mani di massoni e latifondisti fedeli al mondo anglosassone.
La plutocrazia non fiorisce perché non c’è il brodo di coltura che consenta a questa di prendere il sopravvento.
Tale via resta pressoché intatta per tutto il dopoguerra.
Si celebra molto la costituzione del’48, priva di richiami all’identità cristiana e latina dell’Italia, ma i vari entusiasti della carta si dimenticano di dire che la parte economica della costituzione è stata interamente “plagiata” dal fascismo, perché si seguono le orme che assegnano allo Stato il diritto e il dovere di indirizzare i processi economici senza reprimere eccessivamente l’iniziativa del piccolo imprenditore.
Su tale modello, nasce la fortuna di un Paese.
Dopo il 1945, l’Italia siede su fumanti macerie, ma la ricetta che consentirà all’Italia di diventare una delle più grosse potenze industriali al modo è quella dell’Istituto per la Ricostruzione Industriale.
In questa fase, lo Stato non è un mero simulacro.
Suo è il potere di stampare moneta attraverso una banca centrale, la banca d’Italia, da esso controllata, sua la facoltà di nazionalizzare settori chiave della vita economica del Paese, come le autostrade, la telefonia, e l’energia elettrica per assicurare ai cittadini la somministrazione di servizi essenziali a prezzi calmierati.
L’avvento del neoliberismo in Italia
A circoli però come il club di Roma e soprattutto alla Mont Pelerin Society non piace affatto il modello dell’Italia.
Quello della Mont Pelerin è uno dei circoli più esclusivi dei vari globalisti.
Ad esso appartengono economisti come il famigerato Milton Friedman, padre del moderno neoliberismo, e uno dei primi a teorizzare che l’intervento dello Stato deve ridursi sempre di più per lasciare alla cosiddetta mano invisibile del mercato la facoltà di aggiustare le cose, soprattutto per quello che riguarda la banca centrale, che, a detta degli economisti neoliberali, va sottratta al controllo del governo.

Milton Friedman
La Mont Pelerin elabora così dal secondo dopoguerra in poi la sua filosofia al servizio dell’oligarchia.
La finanza voleva a tutti costi togliere allo Stato il potere di controllare e creare denaro ex nihilo perché una volta tolta allo Stato la capacità di battere moneta, esso diventa un mendicante dei mercati, costretto ad elemosinare prestiti e prebende da istituzioni private.
SI possono vedere ora al “meglio” i frutti della disastrosa capacità di stampare moneta.
L’Italia oggi non è più nelle condizioni di poter fare una spesa pubblica per far funzionare i servizi essenziali.
Si ritrova alla mercé di prestiti truffa quali il famigerato PNRR da parte di istituzioni come l’UE che, ancora più paradossalmente, di fatto “presta” all’Italia i soldi che essa ha dato a Bruxelles in prima battuta attraverso i contributi annui.
Ad attuare i desiderata di Friedman penseranno i due uomini del gruppo Bilderberg, Beniamino Andreatta e Carlo Azeglio Ciampi, che nelle loro rispettive posizioni di ministro del Bilancio e di governatore di Bankitalia, tolsero al governo la possibilità di abbassare i tassi di interesse attraverso la famosa monetizzazione del debito pubblico.
Si tratta del famigerato divorzio, ed è il primo mattone per trasformare Bankitalia nella futura authority indipendente che diventerà in seguito negli anni’90.
Una volta che viene attuato il colpo di Stato di Mani Pulite a bordo del Britannia, i vari globocrati e falchi della finanza avevano l’esigenza di smantellare completamente l’intero impianto economico e politico dell’Italia.
A morire non doveva essere soltanto la potenza industriale dell’Italia, ma anche la sua facoltà di poter controllare la propria economia, di poter fare gli interessi del Paese piuttosto che quelli del capitale.
Maastricht chiedeva, in altre parole, la completa abdicazione dei poteri ed è così che nascono le authority che sottraggono ai governi la facoltà di controllare il mercato e rimettono tale potere a questi istituzioni che in realtà non fanno altro che certificare la supremazia del capitale sull’economia.
Lo si può vedere in qualsiasi settore del quale si occupano le cosiddette AAI, a partire, ad esempio, dall’autorità garante per la concorrenza e il mercato.
In questi giorni, il prezzo del petrolio è in calo, intorno ai 58 dollari al barile, e l’euro ha ancora un cambio forte sul dollaro, eppure nonostante sussistano le condizioni per abbassare il prezzo alla pompa, esso in diversi casi incredibilmente sale.
Il garante è soltanto un fantasma, una sorta di notaio delle varie multinazionali che possono fare il bello e il cattivo tempo in qualsiasi momento senza timore di essere sanzionati sul serio.
Il governo nemmeno si pone il problema.
Non ne parla proprio, e non dicono nulla ovviamente anche le varie cosiddette opposizioni che alimentano soltanto fumose polemiche.
Nulla cambia anche nel settore delle comunicazioni.
All’AGCOM, qualcuno si è mai interessato del tipo di disinformazione fatta dagli organi di stampa riguardo alla cosiddetta “pandemia”?
L’AGCOM ha mai sanzionato i quotidiani per aver diffuso informazioni false sui morti con il cosiddetto Covid, come il caso di Adriano Trevisan, ed è mai intervenuta sulla questione di una “informazione” di natura terroristica omologata su tutti i mezzi di comunicazione?
Viene detto che l’AGCOM deve garantire il pluralismo, ma dov’è esso, e dov’è la possibilità di dare all’opinione pubblica una informazione che non sia quella dettata da quattro gruppi editoriali nelle mani degli Elkann, degli Angelucci, di Caltagirone, di Cairo e di tutto quel reticolato oligarchico e finanziario che di certo non scriverà mai un rigo contro l’euro, l’UE, e i danni prodotti dai farmaci e dai vaccini delle case farmaceutiche.
A palazzo Koch, sede di Bankitalia, lo spartito che si recita è pressoché lo stesso.
La cosiddetta “indipendenza” della banca centrale italiana è di fatto una indipendenza sì dal governo, ma una dipendenza dai mercati, ed è sufficiente vedere l’azionariato di Bankitalia per rendersene conto.
Se prima del 1992, lo Stato aveva la proprietà della sua banca centrale attraverso le famose BIN, le banche di interesse nazionale partecipate dallo Stato, dopo le selvagge privatizzazioni i proprietari di Bankitalia sono banche private come Unicredit e Intesa, nelle mani di fondi di investimento come BlackRock.
La “indipendenza” della quale parlava la Mont Pelerin era soltanto uno spostamento della proprietà della banca centrale dal pubblico al privato.
Le conseguenze sono del tutto evidenti.
Fabio Panetta, il governatore della Banca d’Italia è soltanto un emissario della finanza speculativa, e il suo profilo è quello del classico tecnocrate sfornato dalle controverse università neoliberali che hanno costruito una classe “dirigente” di rappresentanti in mano ai vari think tank di ispirazione globalista.

Fabio Panetta
Suo scopo non è certo quello di denunciare i gravi danni che produce la permanenza dell’Italia nell’eurozona, tantomeno criticare la follia dei parametri di Maastricht che hanno impedito e impediscono al Paese qualsiasi seria possibilità di uscire dal pantano di una crisi che perdura da 17 anni, un unicum nel contesto internazionale perché l’eurozona è l’unico posto al mondo dove invece di eseguire manovre espansive per favorire la vera ripresa di un Paese, si persevera in omaggio ai diktat della Commissione europea.
Panetta quindi si adegua a ciò che vogliono i mercati.
I mercati vogliono disoccupare la manodopera italiana attraverso manovalanza straniera a basso costo e poco qualificata?
Panetta dice che ci vogliono più immigrati per la felicità di Confindustria, buona solo ormai a delocalizzare, o ad assumere immigrati a buon mercato a discapito dell’economia di un’intera nazione.
Il passaggio è quindi del tutto evidente.
Le authority sono servite e privare lo Stato dei suoi essenziali poteri di intervento.
Esse fanno parte della strategia del trionfo della tecnocrazia sulla politica che è stata spogliata progressivamente del suo ruolo per essere ridotta a spettatrice o mera esecutrice di quanto stabilito e deciso da conglomerati finanziari, spesso stranieri.
Sarebbe stato interessante approfondire la vera funzionalità di questi istituti e soprattutto il fatto che essi, nonostante di certo non facciano l’interesse pubblico, sono a carico dello Stato che deve sorbirsi i loro esorbitanti costi pari a 600 milioni di euro con 2300 dipendenti al seguito che non portano alcun reale beneficio e utilità concrete ai cittadini.
Sarebbe stata questa una bella inchiesta da fare, ma di certo non poteva farla Report, perché da quelle parti di fumo ce n’è tanto, ma di arrosto ben poco.
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Buongiorno, Cesare. Leggerti mi lascia sempre con la convinzione che tu sia uno spirito ILLUMINATO in mezzo alla turbolenza di un mondo che sta crollando. Sono così felice di aver scoperto il tuo spazio di eccellenza perché imparo sempre qualcosa di nuovo e confermo che le persone POTENTI di ogni continente, per le quali NON ABBIAMO VOTATO, ci MALGOVERNANO senza scrupoli. Da Mendoza, Argentina, ti invio la mia rinnovata ammirazione per il tuo INSTANCABILE proposito di diffondere LUCE in mezzo all’oscurità.
Grazie mille, Isabel.
Un solo commento …. Grazie !!!
Grazie Giuseppe.