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Il governo M5S-Lega proverà ad uscire dall’euro?
di Cesare Sacchetti
Probabilmente dovranno ancora passare 24 ore di tempo prima di veder nascere il nuovo governo gialloverde formato da M5S e Lega. Dopo il pomeriggio di ieri, le delegazioni dei due partiti hanno fatto l’atteso nome del premier al quale vorrebbero affidare la guida del futuro governo, e le anticipazioni hanno confermato quanto previsto.
Il nome indicato da Salvini e Di Maio è quello di Giuseppe Conte, professore di diritto privato all’Università di Firenze. Le notizie dal Quirinale raccontano che Mattarella abbia preferito prendersi una pausa di riflessione prima di decidere se accettare l’indicazione dei due leader politici.
Ma le tensioni e i dubbi del Colle non sembrano essere solamente sul nome di Giuseppe Conte, tanto anche su quello di alcuni ministri.
Tra questi si fa insistentemente largo l’ipotesi che Paolo Savona, noto economista e accademico della LUISS molto critico nei confronti della moneta unica, possa andare al ministero dell’Economia. Il professore non ha smentito questa notizia, e ha parlato di una “tenzone” intorno al suo nome. Non è difficile immaginarne le ragioni.
Savona è stato uno dei primi economisti in Italia ad esprimere tutte le perplessità sulla struttura dell’unione monetaria già fin dal 1992, all’alba del Trattato di Maastricht che diede vita all’Unione Europea.
Il professore, ministro dell’industria nel governo Ciampi nel 1993, caldeggiò apertamente per l’Italia la soluzione dell’opting out, ovvero l’opzione nei trattati esercitata già da Gran Bretagna e Danimarca, che ha consentito ai due paesi di restare fuori dall’euro.
La storia purtroppo è nota. Il suggerimento di Savona non venne ascoltato e i successivi governi di centro sinistra degli anni’90, Prodi prima e D’Alema poi, proseguirono dritti sulla strada dell’unione monetaria senza nemmeno tentare di negoziare condizioni più favorevoli.
Ma il professore non si arrese e le sue perplessità sull’adesione all’euro per l’Italia finirono in un saggio del 1996 intitolato “L’Europa dai piedi di argilla”.
Negli ultimi anni il professore ha continuato a definire l’euro come “un cappio europeo che si va stringendo attorno al collo dell’Italia.”
Le regole europee soffocano l’economia italiana ed è quindi l’ora di “esaminare l’opportunità di restare o meno nell’Unione o nella sola euro area, come ha fatto e fa il Regno Unito”, aggiunse l’economista.
Dunque le fibrillazioni intorno al suo nome sono perfettamente comprensibili, specialmente da parte del Colle che nelle ultime settimane è sembrato più preoccupato a chiedere il rispetto dei trattati europei che quello della Costituzione italiana.
Se Savona riuscirà ad entrare a via XX Settembre, la tensione probabilmente salirà ancora. Per la prima volta da molti anni, ci potrebbe essere un ministro dell’Economia che ha suggerito apertamente di prendere in considerazione l’uscita dall’euro.
Washington pronta a sostenere il governo gialloverde?
E’ una partita che potrebbe giocarsi con ogni probabilità su opposte sponde dell’Atlantico e che vedrebbe fronteggiarsi da un lato Washington, con l’amministrazione Trump critica delle politiche della Germania che continua ad accumulare enormi surplus commerciali, e dall’altro l’asse franco-tedesco, più spostato verso Berlino, che non ammette deviazioni dalla sacra linea del rigore.
In mezzo, l’Italia, che giocherà ancora una volta un ruolo chiave per i destini dell’eurozona e probabilmente delle relazioni internazionali.
Se dunque Parigi e Berlino speravano in un governo formato da PD e M5S, molto più spostato verso l’asse preferito da Bruxelles, questo esecutivo targato M5S-Lega sembra pendere molto di più verso Washington ed anche Mosca, dal momento che è c’è la possibilità che possano essere rimosse le sanzioni alla Russia.
Un eventuale asse Washington-Roma-Mosca avrebbe sicuramente tutto il peso necessario per rimettere in discussione non solo le politiche economiche dell’UE a guida tedesca che hanno portato ad un aumento del debito pubblico di 15 punti percentuali dall’avvento di Mario Monti a Palazzo Chigi e ad una disoccupazione costantemente a doppia cifra, ma la stessa appartenenza dell’Italia all’euro.
Savona se riceverà la nomina, potrebbe essere proprio l’uomo ideale per guidare questa transizione. La sua lunga esperienza e le sua profonda conoscenza degli equilibri internazionali sono gli strumenti migliori per gestire quello che potrebbe essere un delicatissimo passaggio.
La sua appartenenza all’Aspen Institute, il noto think tank di ispirazione atlantista, potrebbe anche rivelarsi utile per cercare di utilizzare delle divisioni che da tempo ci sono all’interno dell’establishment politico ed internazionale.
Divisioni che si possono vedere nello stesso Aspen Institute, dove ci sono da un lato Mario Monti, l’uomo che si è fatto portavoce ed esecutore del rigore di Berlino a Roma, e Romano Prodi, uno dei padri dell’euro, e dall’altro Giulio Tremonti e lo stesso Savona, i più euroscettici tra i membri italiani del gruppo.
Si sta consumando quindi una durissima battaglia tra le èlite sulle sorti della Penisola e la sua appartenenza all’euro? Probabilmente sì, e questo esecutivo che sta per nascere potrebbe trovarsi proprio al centro di questa “tenzone” come l’ha definita lo stesso Paolo Savona.
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