I legami tra il mostro di Firenze e la setta pedofila del Forteto

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04/07/2025

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Di Cesare Sacchetti

La storia del mostro di Firenze è una storia dove non c’è soltanto un maniaco solitario che si aggirava per le campagne fiorentine per poter soddisfare la sua deviata sete di feticci umani.

C’è molto di più. C’è un vero e proprio sistema massonico-criminale che dal 1943 in poi ha avuto il pieno controllo di questo Paese e ha scritto le pagine della cronaca nera e del terrorismo italiano.

Ancora oggi, esiste una certa scuola di pensiero che afferma che il mostro di Firenze fosse soltanto un assassino seriale solitario che colpiva con micidiale precisione ed efficacia, ma tale scuola trascura, volutamente o meno, tutte quelle prove che dimostrano come l’assassino avesse delle coperture eccellenti.

Tra queste forse le più vistose sono quelle che si sono viste con l’ormai famigerato depistaggio da parte degli uomini del SISMI che avvenne nell’estate del 1982 dopo che il mostro, per una volta, non aveva dimostrato così tanta efficacia e precisione, quando a Baccaiano, nei pressi della strada provinciale di Montespertoli, compì un vero e proprio pasticcio.

Il mostro non riuscì ad uccidere una delle sue vittime, sempre coppie di fidanzati, ovvero il giovane Paolo Mainardi, che era stato portato presso l’ospedale di Empoli, ancora vivo.

Paolo Mainardi

Gli inquirenti che avevano in mano l’inchiesta, tra i quali la dottoressa Silvia Della Monica, fecero diffondere astutamente un depistaggio per indurre in errore il mostro, facendo credere che Mainardi aveva parlato e messo a disposizione informazioni importanti per risalire all’identità del maniaco.

Dopo quel preciso momento, iniziarono a partire delle telefonate presso l’abitazione e il luogo di lavoro di uno dei soccorritori giunti sul posto, l’infermiere Lorenzo Allegranti, che appena tornato a casa già il giorno successivo iniziò a ricevere delle chiamate telefoniche da parte di un sedicente rappresentante della procura di Firenze, ansioso di sapere cosa avesse detto eventualmente il povero Mainardi.

Dall’altro capo del filo, non c’era nessun uomo della procura, ma quasi certamente uno degli uomini negli apparati dello Stato che non agiva per consegnare il mostro alla giustizia, ma per proteggerlo e assicurargli che egli restasse impunito e continuasse la sua serie omicida.

Allegranti non fu lasciato in pace nemmeno due anni dopo i fatti,  nell’estate del 1984, quando recatosi in vacanza a Rimini, ricevette una telefonata presso il ristorante dove stava mangiando con la sua famiglia.

Ancora una volta dall’altro capo del filo, c’era un uomo che lo minacciava ed era un uomo che doveva avere accesso ad informazioni privilegiate, se si pensa che sapeva alla perfezione gli spostamenti che compiva l’infermiere toscano.

I complici del mostro di Firenze

Il mostro non poteva essere solo.

Aveva delle coperture di altissimo livello, e determinati apparati dello Stato si attivavano per far sì che la sua identità rimanesse coperta e che non si sapesse che quest’uomo non era un semplice deviato, ma qualcuno che dimostrava una abilità non comune con le armi da fuoco e una notevole lucidità nel saper reagire alle situazioni critiche, tra le quali c’è, ad esempio, il delitto degli Scopeti del settembre del 1985, dove il mostro riuscì a sparare in una notte di novilunio, una costante del mostro, al giovane atleta in fuga Michel Kraveichvili, ucciso e raggiunto dal mostro a dimostrazione della sua ottima forma atletica.

Non è questo il ritratto dell’imbolsito contadino di Mercatale, Pietro Pacciani, o tantomeno del postino di San Casciano, Mario Vanni, nonostante quel che ne dicesse il mendace e frenologico testimone della procura di Firenze, Giancarlo Pucci, che pur di soddisfare la volontà degli inquirenti diretti da Pierluigi Vigna di addossare a Pacciani e Vanni la responsabilità dei delitti, si inventò le storie più inverosimili, le quali gli consentirono di avere anche una pensione da testimone privilegiato.

La magistratura non poteva e voleva seguire le tracce che dimostravano che il mostro di Firenze era con ogni probabilità il militare dell’esercito americano, Joe Bevilacqua, che viveva a due passi dagli Scopeti, presso il cimitero americano di Firenze, che gode della condizione di extraterritorialità, essendo parte del territorio degli Stati Uniti d’America.

Bevilacqua era stato persino probabilmente avvistato il pomeriggio del delitto degli Scopeti dal testimone Giovanni Uras che aveva fornito un identikit alle autorità molto somigliante a quello del militare americano, ma la procura seguiva volontariamente la pista che portava a quelle dei cosiddetti compagni di merende, che tutt’al più erano dei guardoni complici e informatori che passavano alla banda del mostro le dritte su dove si appartenevano le coppiette in quell’epoca.

Joe Bevilacqua

Si deve parlare di banda perché il mostro aveva certamente una notevole abilità con la pistola, ma anche una straordinaria capacità chirurgica che gli consentiva di asportare il pube delle povere vittime, tanto da impressionare uno dei periti, il professor Maurri, che eseguì l’autopsia di Carmela De Nuccio, e descrisse la mano che fece quell’operazione come quella di una persona di assoluta abilità medica.

Le minacce a Dorotea Falso: Pacciani e Narducci uccisi dalla massoneria

Va ricordato che questa operazione veniva poi eseguita all’aperto con un coltello, non con un bisturi, a conferma della notevole perizia del soggetto che la praticava che con ogni probabilità era un chirurgo, e tutto lascia pensare che quest’uomo aveva le sembianze del professor Francesco Narducci, gastroenterologo di Perugia.

Francesco Narducci

Sembra impossibile comprendere quali ambienti c’erano dietro il mostro di Firenze senza risalire al filo di questa vicenda che porta dritto a Perugia, una città fortemente presidiata dalla massoneria.

Ad aprire il vaso di Pandora della pista perugina è una serie di telefonate minatorie che sono state fatte alla estetista di Foligno, Dorotea Falso, tra il 2000 e il 2001.

I telefonisti sono apparentemente due, un uomo e una donna, e iniziano a minacciare pesantemente la donna fino ad affermare che le avrebbero ucciso il figlio.

Nel corso di queste chiamate minatorie, gli anonimi telefonisti iniziano a fare delle affermazioni molto particolari e a rivelare nomi e informazioni di cui nessuno all’epoca sapeva nulla.

In una di queste telefonate di minacce al figlio della Falso viene detto quanto segue.

Sarà sacrificato sulle colline del Mugello…farà la fine di Pacciani”.

Il telefonista cerca di intimorire la donna coinvolgendo Pacciani, accusato di essere il mostro di Firenze, e morto in circostanze poco chiare nel 1998 dopo essere stato assolto in appello.

Nelle chiamate successive vengono fatte minacce ancora più esplicite e pesanti.

“Verrai uccisa e seppellita come l’amico di Pacciani, quello del lago Trasimeno… come i traditori di Firenze e il Grande dottore. “Il dottore, il grande dottor Narducci… la tua vagina sarà spaccata come le vittime di Firenze e dei traditori Pacciani e Narducci, che tradirono il nome di Satana.”

Si cita per la prima volta il nome del medico perugino, il dottor Narducci, ufficialmente morto nell’ottobre del 1985 sul lago Trasimeno in seguito ad un annegamento, e all’epoca nessuno poteva sapere che in realtà il medico non era affatto annegato, ma ucciso, se non i suoi assassini e coloro che avevano messo in scena lo scambio del cadavere.

A rivelare che le persone che facevano le minacce dicevano il vero è stato il magistrato di Perugia, Giuliano Mignini, che ordinò la riesumazione del corpo di Narducci per scoprire che non era affatto morto per annegamento, ma per strangolamento.

Sul lago Trasimeno, nell’ottobre del 1985, andò quindi in scena una macabra farsa.

Giunsero sul posto, non autorizzati, uomini della squadra mobile di Perugia che non ordinarono l’autopsia sul corpo del falso Narducci e che poi fecero mettere nella bara il corpo del vero Narducci, riesumato 16 anni dopo dal magistrato Mignini, che scoprì che il medico era stato effettivamente ucciso.

Chiunque abbia minacciato Dorotea Falso sapeva della messinscena e apparteneva con ogni probabilità ad una potente loggia massonica o setta satanica come affermava al telefono con la donna.

Il mostro, come detto in precedenza, è un apparato che si muove compatto.

C’è certamente il primo livello esecutorio che vedeva Joe Bevilacqua impegnato nel seminare terrore nelle campagne fiorentine, ma dietro il deviato ex militare americano c’erano ambienti massonici che volevano raccogliere quei feticci e servirsene in un secondo momento in macabri riti.

Il “progetto”, per così dire, del mostro serviva dunque in tutta evidenza a soddisfare due “esigenze”: la prima di carattere più politico, sulla scia della strategia della tensione, era quella di terrorizzare i fiorentini e i toscani attraverso la figura di un maniaco invincibile che colpisse le persone nei loro momenti più intimi e vulnerabili; la seconda di carattere esoterico, quale quella di procurarsi il materiale umano necessario per tali funzioni di carattere satanico.

A scoprire questo legame tra il mostro e la massoneria, e il medico massone del Grande Oriente d’Italia, Narducci, è stato il poliziotto Emanuele Petri che stava conducendo una sua apparentemente personale indagine che aveva individuato in Narducci l’uomo che eseguiva le escissioni dei pubi femminili delle vittime del mostro, custoditi apparentemente nelle case che il chirurgo aveva in Toscana e in Umbria.

Petri è stato probabilmente uno di quegli uomini dello Stato che più di tutti per primo è arrivato vicino alla verità, e i potenti apparati che proteggevano il mostro hanno pensato di eliminare Narducci a solo un mese di distanza dal duplice omicidio degli Scopeti forse perché il poliziotto stava avvicinandosi troppo al piano superiore di questa complessa e torbida vicenda.

I legami tra il mostro e il Forteto

Nelle telefonate a Dorotea Falso non ci sono soltanto delle fondamentali verità per capire che dietro il mostro ci sono influenti e potenti ambienti massonici e satanici, ma c’è la chiave, come si vedrà in seguito, per risalire alla verità su un’altra altrettanto torbida vicenda che riguarda il Forteto

Il Forteto

Il Forteto è quella comunità sorta a Vicchio, vicino alla zona operativa del mostro di Firenze, nel 1977 e che ancora oggi è ricordata da molte delle sue vittime come un vero e proprio lager.

Dopo il 1968, e dopo la rivoluzione marxista voluta dalla scuola di Francoforte, a poco a poco in Italia inizia ad essere iniettato un veleno che contamina le istituzioni tradizionali della famiglia, giudicata “superata” dalla intellighenzia liberal-marxista che invece vede di buon occhio invece altri modelli, come quelli delle comuni hippie che in tale ottica dovranno sostituire la famiglia e far sì che i figli non siano più di nessuno.

Il Forteto segue la falsariga del cattolicesimo post-conciliare perfettamente compatibile con lo spirito della scuola di Francoforte e la secolarizzazione imperante dall’68 in avanti, e questa comunità non fa altro che indossare i panni dell’agnello per nascondere il suo vero volto da lupo.

Al Forteto, c’erano orrori di ogni sorta. C’era pedofilia, zoofilia, e pratiche persino più ripugnanti di queste.

La comunità si proponeva di dare assistenza ai bambini e ai giovani meno fortunati, spesso senza una famiglia, ma una volta che varcavano la soglia di questa comune, gli orchi che la gestivano, Rodolfo Fiesoli e Luigi Goffredi, abusavano dei loro bambini e hanno continuato a farlo indisturbati per decenni, nonostante fosse giunta per loro una condanna definitiva della Cassazione nel 1985.

Se c’era evidentemente una parte della giustizia e della magistratura che aveva condannato per abusi i due criminali, ce n’era un’altra che ignorava le pronunce della Suprema Corte, ed è quella del Tribunale dei Minori di Firenze che ha continuato a mandargli bambini e minori per anni, nonostante fosse noto che in quel luogo i bambini venissero violentati e abusati.

A Firenze, erano forti le protezioni per questa deviata comunità che nel corso degli anni potrà contare su molti appoggi politici, quali quelli dell’ex deputato dell’Ulivo e giustiziere di Mani Pulite, Antonio Di Pietro, che scrisse persino la prefazione al libro di Fiesoli, Fili e Nodi, per non dimenticare quelli dell’ineffabile partito democratico che organizzerà persino una presentazione di un altro libro del pedofilo Fiesoli al Senato nel 2010, quando già era noto da almeno 25 anni chi era il “profeta” Fiesoli, ma la cosa non deve aver turbato evidentemente troppo il PD.

Rodolfo Fiesoli

Il Forteto quindi era chiaramente un potente sistema composto da più livelli così come lo era il mostro che poteva contare come per la comune di Fiesoli su appoggi massonici e giudiziari, ma a far pensare che i due sistemi siano identici sono alcuni fatti indiscutibili che sono nelle citate telefonate minatorie a Dorotea Falso.

A confermarlo è stato l’ex capo della Squadra Mobile di Firenze, Michele Giuttari, che disse che “dalle indagini ( di Mignini ndr) emerse che con la stessa scheda telefonica erano state fatte chiamate anche a ‘Il Forteto’ e all’utenza fiorentina di un ufficio pubblico. Tutte partivano da Foligno“.

Gli esponenti della setta satanica e massonica che minacciavano la Falso sapevano dunque dell’assassinio di Narducci, ma avevano anche uno stretto collegamento con uno dei luoghi privilegiati della pedofilia in Toscana e in Italia.

Il memoriale di Domenico Maria Rizzuto

Ad informare che esisteva un collegamento tra il Forteto e il mostro di Firenze era stato nei primi anni 2000 anche Domenico Maria Rizzuto, un informatore del generale dei Carabinieri, Antonio Colletti, che non appena inizierà a fare le sue esplosive rivelazioni al magistrato Giuliano Mignini venne prontamente messo dietro le sbarre per una vicenda di presunte truffe agli stranieri.

Rizzuto parla di una evidente commistione tra magistratura, massoneria e uomini di alto livello delle forze dell’ordine che erano di casa al Forteto per partecipare a riti esoterici e satanici di vario tipo.

La sua testimonianza è alquanto rivelatrice.

Il Forteto” assunse ai miei occhi fin dall’inizio contorni molto inquietanti. Infatti i minori non potevano essere visti da alcun estraneo, neppure dai clienti che si recavano lì semplicemente per acquistare prodotti agricoli, e non si poteva vedere neanche l’edificio dove i ragazzi erano segregati. Collaboratore de “Il Forteto” (in cosa?) un certo Mauro Sarti, della zona, e capo settore dei buddisti. Mi servii di lui per infiltrarmi ed entrare all’interno della struttura. Rischiai veramente di essere fatto a pezzi, e devo confessare di aver provato un’indegna paura li dentro.  E’ bene ribadire con forza, che all’interno de “Il Forteto”, si sono perpetuati per anni, riti esoterico massonici, ed è sconcertante il fatto che i bambini continuino ad essere lì affidati da “magistrati – massoni”, nonostante che il Presidente e il suo vice, siano stati condannati in via definitiva, per abusi sessuali compiuti con animali e pedofilia. Penso sia necessario far osservare una serie di circostanze che non ritengo affatto casuali, bensì tutte riconducibili alla stessa data: il 1985. Infatti nel 1985 furono arrestati Fiesoli e Goffredo, responsabili de “Il Forteto”, ma fu ucciso anche Francesco Narducci, ed il mostro di Firenze smise di colpire, almeno nei dintorni di Firenze, e con quelle modalità. Questi eventi sono strettamente legati fra di loro: la Loggia massonica in quel periodo rischiò d’essere scoperta, e solo apparentemente cessarono i rituali (continuando altrove), ma si rese comunque necessario eliminare il testimone che avrebbe potuto mettere a repentaglio la sicurezza dell’intera Cupola Massonica che operava all’interno de “Il Forteto”. Francesco Narducci doveva essere ucciso.”

Rizzuto afferma che l’omicidio Narducci fu giustificato dalla necessità di eliminare un testimone scomodo, ed è perfettamente coerente se si pensa che il poliziotto Emanuele Petri era sulle sue tracce da diverso tempo.

L’informatore dei Carabinieri in seguito fa nomi pesantissimi trai frequentatori della comunità pedofila.

“Mediante serrati appostamenti, e grazie alle informazioni prese con molta cautela, da confidenze di ex frequentatori de “Il Forteto”, mezzi “pentiti”, benché terrorizzati al punto di non sbottonarsi più di tanto, ebbi modo di accertare che in quel posto si radunava gente ad altissimo livello, tutti protetti dalle forze dell’ordine, tanto che in determinate ore, e in un determinato giorno, “Il Forteto” diveniva letteralmente inavvicinabile. Chi sono i frequentatori? (nota i nomi citati non è detto che fossero implicati nella setta ma frequentavano il forteto.) Sono i Rosselli Del Turco, il “sig.” Gianfranco Cappelli, gli Antinori, il magistrato Carisiviglia, Gip del Tribunale di Firenze, il famoso Pm Canessa., (saldamente titolare dell’inchiesta sul mostro) . Ma anche l’ex Procuratore Pier Luigi Vigna, e l’ex Procuratore Generale Piero Toni, attualmente Presidente del Tribunale dei Minori di Firenze. Altri personaggi ben noti frequentavano “Il Forteto”, come Maurizio Costanzo, e lo scrittore Bevilacqua.”

Si tratterebbe evidentemente del cosiddetto livello superiore, quello che consentiva al Forteto di avere inspiegabilmente in adozione bambini nonostante le condanne dei suoi fondatori, e quello che, secondo Rizzuto eseguiva riti esoterici in questa struttura superprotetta dal sistema politico e giudiziario, come si è potuto vede in molte occasioni.

Secondo l’informatore del generale Colletti, il Forteto era il luogo che dava protezione e copertura al mostro, e i gestori di questa potente rete pedofila si sono mossi sia per proteggere l’assassino, eliminando tantissimi testimoni scomodi che sapevano, tra i quali i citati Pacciani, Narducci, ma anche una lunga lista di morti collaterali come quella di Francesco Vinci e Milva Malatesta, morta bruciata in auto con il suo bambino di 3 anni.

Cosa rimane oggi delle rivelazioni sconvolgenti di Rizzuto e dell’inchiesta di Mignini che aveva giudicato più che attendibile l’informatore dei Carabinieri?

Rizzuto non venne più cercato, e l’unica ragione per la quale oggi è ancora in vita, è perché, come lui stesso afferma nel suo memoriale, la sua morte avrebbe fatto uscire le prove delle sue rivelazioni, messe evidentemente in qualche luogo sicuro.

Al magistrato Mignini assieme al poliziotto Giuttari fu impedito di continuare perché la procura di Firenze che già aveva dato in pasto all’opinione pubblica Pacciani e Vanni come colpevoli dei delitti del mostro, mise entrambi sotto inchiesta per abuso d’ufficio, reato per il quale furono entrambi scagionati in Cassazione.

Si mise in moto ancora una volta quella macchina giudiziaria – massonica che consentì al Forteto di abusare dei bambini per più di 30 anni, e che consentì all’ex militare americano Joe Bevilacqua di seminare il terrore nelle campagne fiorentine.

La vicenda del mostro di Firenze e del Forteto è la perfetta cartina di tornasole della repubblica di Cassibile, in mano a massonerie e ambienti angloamericani.

A distanza di molti anni, iniziano però a venire fuori verità proibite come quella del magistrato massone Tinebra e dell’agenda rossa di Paolo Borsellino fatta sparire dal luogo della strage di via d’Amelio.

Chissà che presto non sia anche il turno di far emergere tutta la verità sugli inquietanti delitti del mostro e sugli abusi che si consumavano al Forteto da parte di un giro di potenti massoni pedofili.

I tempi sembrano essere più che maturi.

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7 Commenti

  1. Claudio

    Quando leggo gli articoli del dottor Sacchetti resto sempre profondamente turbato dalle bassezze che alcuni esseri umani sono in grado di compiere ma, nello stesso tempo, cresce in me anche un senso di sempre maggior speranza che presto questo Stato sarà in grado di riappropriarsi di quella dignità che per troppo tempo è stata calpestata. Complimenti per l’articolo.

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  2. Isabel.

    Buongiorno, Cesare. Una storia tremenda, a me sconosciuta. Invecchiando, mi accorgo che questi SATRAPI massonici sono sempre alla base di ogni male. Questa è una questione globale, quindi dobbiamo continuare a pubblicizzare e denunciare i loro attacchi per COMBATTERLI e SCONFIGGERLI. Un grande saluto da Mendoza, Argentina.

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  3. Alessandro

    Sono nato e vissuto in Toscana, in quegli anni avevo circa 20 anni, avevo una fidanzata, e come tanti miei coetanei, alla luce di quegli accadimenti, nell’appartarci evitavamo a rimanere da soli.
    Andavamo vicini ad altre macchine, più persone presenti erano una sicurezza.
    Ci condizionarono la vita, spero di vedere la verità e relative punizioni.

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  4. silvio

    Sarà ma , quando forse ,la verità verrà fuori ,non ci saranno più persone imputabili o punibili ,e anche ve ne fossero ,si metterebbe in moto un meccanismo che consentirebbe loro di farla franca ,mi auguro di essere smentito , e che ci siano molte più persone che possano leggere questi articoli …

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    • La Cruna dell'Ago

      Chi non paga qui, paga dall’altra parte un conto immensamente più grande, e comunque la verità dev’essere fatta sapere in ogni caso. Va raccontata la vera storia.

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