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Caso Skripal: la Russia non ha più armi chimiche dal 2017
di Cesare Sacchetti
Nelle ultime 72 ore si sono succedute una serie di eventi che stanno portando ad una escalation senza precedenti di tensione diplomatica tra la Russia e il Regno Unito sul caso Skripal.
Il primo ministro del Regno Unito, Theresa May, ha accusato esplicitamente Mosca di essere responsabile del tentato omicidio dell’ex spia russa, Sergei Skripal, condannata dalle autorità russe nel 2006 con l’accusa di alto tradimento per aver collaborato con i servizi britannici.
Secondo la versione di Londra, Skripal è stato avvelenato con una sostanza tossica, il Novichok, un tipo di gas nervino utilizzato dall’ex URSS negli anni’70, che è stato somministrato all’ex agente segreto in un giardino pubblico di Salisbury, dove era presente sua figlia Yulia, risultata contaminata anche lei dalla stessa sostanza.
Nonostante le richieste di Mosca di avviare un’indagine internazionale sulla vicenda e di ricevere un campione della sostanza per poter rispondere alle accuse di Londra, il governo britannico ha deciso unilateralmente di espellere 23 diplomatici russi di stanza nel Regno Unito e ha chiesto una convocazione d’urgenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Per fare ordine sulla grave crisi diplomatica che sta evolvendo in queste ore tra il Cremlino e Downing Street, è utile citare un importante fatto taciuto fino a questo momento dai media occidentali.
La Russia ha distrutto le sue armi chimiche
La Russia ufficialmente non dispone più di armi chimiche come quella utilizzata per l’omicidio di Skripal, perchè ha distrutto interamente il suo arsenale chimico lo scorso settembre del 2017 alla presenza degli ispettori dell’OPWC, l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche.
L’OPWC è una organizzazione internazionale fondata nel 1997, alla quale hanno aderito tutti i 192 paesi firmatari della Convenzione per le armi chimiche, e non è dunque in alcun modo riconducibile a Mosca per il suo operato.
La stessa organizzazione è stata più volte elogiata pubblicamente per la sua attività dalle Nazioni Unite, istituzione con la quale l’OPWC collabora attivamente, e per il suo impegno dedicato alla proibizione delle armi chimiche ha ricevuto anche il premio nobel per la pace nel 2013.
La Russia fa parte di questa organizzazione e ha firmato la convenzione per le armi chimiche, un trattato internazionale dove i firmatari si impegnano alla completa distruzione dei loro arsenali chimici a disposizione. Mosca e Washington avevano preso l’impegno formale di distruggere i rispettivi arsenali a disposizione entro il 2007, con una parziale estensione di questo impegno nel 2012.
Gli Stati Uniti non hanno ancora portato a termine la distruzione dei loro arsenali, e l’organizzazione per il controllo delle armi chimiche si aspetta che Washington smantelli le sue armi chimiche entro il 2023.
La Russia invece ha portato a termine l’impegno preso nel settembre del 2017, e lo ha fatto sotto la stretta supervisione degli ispettori dell’OPWC, presenti alla fase di smantellamento delle armi chimiche.
Gli ispettori dell’OPWC si sono esplicitamente complimentati con la Russia per un evento che è stato definito una “pietra miliare”.
Per celebrare l’avvenimento, l’organizzazione internazionale ha consegnato lo scorso ottobre a L’Aia al capo dell’autorità nazionale russa, Georgy Kalamanov, una targa commemorativa dello storico traguardo.
E’ stato lo stesso direttore generale dell’OPWC, Ahmet Üzümcü, a consegnare la targa a Kalamanov, che ha ringraziato pubblicamente per il prestigioso riconoscimento l’organizzazione internazionale e gli stati membri. In totale, la Russia si è disfatta di 39.367 tonnellate di armi chimiche.
Il direttore dell’OPWC consegna la targa commemorativa a Kalamanov
Le operazioni di distruzione sono state concluse nel 27 settembre 2017 sempre alla presenza degli ispettori dell’OPWC, e in quella circostanza il presidente russo Vladimir Putin non ha mancato di sottolineare che Mosca aveva fatto la sua parte, rispettando la convenzione sulle armi chimiche, mentre altri stati, gli USA su tutti, non avevano ancora rispettato gli impegni presi per una bizzarra “mancanza di risorse finanziarie”.
Tutto questo porta ad una semplice considerazione: se ufficialmente Mosca non dispone di armi chimiche come può aver ucciso Skripal, avvelenato con un’arma chimica come il Novichok?
Una domanda che nessuno sembra essersi posto nelle cancellerie occidentali che prima ancora di capire cos’era accaduto, avevano già celebrato il processo ed emesso una sentenza di condanna contro Mosca.
Il caso Skripal quindi sembra essere solamente un pretesto per fabbricare un casus belli, indispensabile ai paesi della NATO per alzare il tiro contro il Cremlino.
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