L’omicidio di Charlie Kirk: la guerra di Israele all’America e al mondo intero

12/09/2025

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di Cesare Sacchetti

Sono stati attimi di terrore e di sconforto quelli che si sono vissuti ad Orem, nello stato dell’Utah, quando è stato brutalmente ucciso Charlie Kirk.

Charlie Kirk era un attivista molto famoso negli Stati Uniti.

E’ stato uno dei primi personaggi ad avvicinarsi al movimento fondato da Donald Trump, il Make America Great Again, ed era diventato negli anni una delle voci più ascoltate tra i vari patrioti che si sono messi in marcia assieme al presidente Trump per restituire agli Stati Uniti la sovranità perduta.

Nonostante la sua giovane età, Kirk mostrava una conoscenza non comune degli affari politici e un eloquio maturo e assennato su molte questioni, anche se qualcuno lo aveva criticato per la sua passione nei riguardi dello stato ebraico, forse conseguenza del suo protestantesimo.

Charlie Kirk

Negli Stati Uniti, esiste una vasta varietà di denominazioni protestanti, e larga parte di esse sono molto vicine all’ebraismo perché percepiscono ancora gli ebrei come il popolo eletto, nonostante il patto che avevano con Dio sia stato da loro infranto nel momento stesso in cui hanno rifiutato Cristo come Messia e Figlio di Dio.

Si può pensare che la stima che Charlie nutrisse per Israele potesse essere la conseguenza di una errata impostazione teologica, ma negli ultimi tempi il 31enne americano aveva iniziato a mettere in discussione il suo sostegno allo stato ebraico e alla sua campagna genocida in Medio Oriente.

Israele ama molto ricorrere al cavallo di battaglia dell’islamismo come spauracchio per mettere il cristianesimo contro il mondo arabo, ma Kirk nelle ultime puntate del suo podcast aveva iniziato ad accusare lo stato ebraico di aver creato il mostro dell’integralismo islamico, qualcosa che lo stava facendo avvicinare molto alla verità.

Il fenomeno dell’islam radicale è qualcosa di molto lontano dalla spontaneità.

Esso è stato allevato in vitro, cullato sin dai sui primi vagiti, quando Israele negli anni’80 decise di finanziare Hamas per costruire una opposizione controllata, perfetta per gli scopi di Tel Aviv.

Tel Aviv ha bisogno dello spauracchio islamico.

Su di esso, si fonda l’intera narrazione delle guerre in Medio Oriente scatenate tramite il pretesto di colpire i responsabili dell’11 settembre, addossando la colpa degli attentati ad Osama bin Laden, creatura della CIA di Langley e già molto malato nel 2001, e a Saddam Hussein, il rais iracheno che era quanto di più lontano potesse esserci rispetto all’islam radicale.

Sotto il falso pretesto della guerra al terrorismo islamico, Israele ha seminato il caos contro coloro che invece si opponevano ai vari tagliagole islamici, sempre accuratamente finanziati dalle monarchie del Golfo, un tempo molto vicine allo stato ebraico, mentre oggi nella nuova geopolitica mediorientale, Israele si trova a scontrarsi con il Qatar, bombardato impunemente da Tel Aviv in un gesto senza precedenti.

Kirk aveva iniziato forse a considerare il ruolo destabilizzante del sionismo nel mondo arabo.

Aveva confessato alle persone che gli stavano vicino che se il suo sostegno a Israele fosse venuto meno, allora probabilmente questo non avrebbe esitato a togliergli la vita, ed è purtroppo quello che è tragicamente accaduto lo scorso mercoledì.

Nei primi scioccanti istanti dello sparo che ha spezzato la giovane vita di Charlie, si è fatto avanti stranamente e improvvisamente un uomo, tale George Zinn, che ha iniziato ad urlare come un ossesso “sparatemi, sparatemi”, tanto che molti hanno pensato immediatamente che costui fosse l’assassino dell’attivista vicino a Donald Trump.

George Zinn

Zinn invece aveva un ruolo diverso.

L’uomo era quasi certamente un diversivo, una cortina fumogena.

I suoi strepiti hanno distratto la folla e la polizia, dando così tutto il tempo necessario al sicario di fuggire e di salire forse a bordo di un aereo privato, che per 20 minuti è scomparso dai radar.

Zinn è un personaggio interessante, che va studiato con attenzione per individuare i mandanti dell’omicidio di Kirk.

Il 70enne risulta essere un repubblicano di origini ebraiche, e lo Utah non è certo lo stato di New York, dove gli ebrei abbondano tanto da rendere la Grande Mela come la città con la comunità ebraica più numerosa al mondo, persino della stessa Tel Aviv.

Sembra che a Zinn interessassero molto gli attentati dell’11 settembre del 2001, un evento nel quale si vedono molte impronte del Mossad e della CIA, e si finisce per incontrarlo qualche anno dopo, nel 2014, proprio per fatti legati al terrorismo per via delle sue minacce di far esplodere la maratona di Salt Lake City, la capitale dello Utah.

Zinn risulta però  avere una storia criminale ben più antica, che risale almeno al 1989.

Nel suo curriculum criminale ci sono reati di vario tipo, come il disturbo della quiete pubblica, la violazione di domicilio, molte frodi e altre decine di condanne per reati simili fino all’episodio della maratona di Salt Lake City, che forse non è stato investigato a fondo dalle autorità locali.

Non si sono compresi i motivi delle minacce terroristiche che Zinn fece nel 2014, e forse se lo si fosse fatto, si sarebbe potuto risalire a delle organizzazioni che si servivano dell’oggi 70enne dello Utah per mettere in atto degli attentati terroristici.

A distanza di 11 anni, si trova nuovamente quest’uomo in un evento nel quale lui sembra aver avuto un ruolo non trascurabile per consentire all’assassino di fuggire.

Appena giunta la notizia dell’attentato, su X si sono fatti vivi i soliti coccodrilli che hanno pianto le solite lacrime di coccodrillo.

Sono giunti in un battibaleno i messaggi di “condanna” del primo ministro israeliano, Netanyahu, che hanno ricordato molto il proverbio siciliano secondo il quale le prime corone di fiori al funerale di una persona uccisa, sono mandate proprio dall’assassino.

Simile sensazione si è avvertita dopo aver letto Laura Loomer, una giornalista americana di origini ebraiche, sionista di ferro, che ha pubblicato un tweet ancora più sibillino e intimidatorio per commentare la morte di Kirk, scrivendo che “voi potreste essere i prossimi”.

Il tweet di Laura Loomer

Non “we”, noi, ma “you”, voi, e se si è un po’ ferrati nell’arte di leggere tra le righe, qui abbastanza chiare, sembra chiaro che il messaggio che questa propagandista sionista voglia mandare sia rivolto a tutti coloro che in qualche modo vengono considerati una minaccia dallo stato ebraico.

Israele ormai è in guerra con tutti, ma soprattutto è in guerra con gli Stati Uniti d’America.

Il sionismo è fuori controllo perché sta perdendo il controllo della nazione che esso ha governato per tutto il secolo scorso.

Non c’era istituzione americana che non contasse, a partire della Federal Reserve Bank, dove non ci fosse il presidio del mondo sionista ed ebraico.

A comandare gli Stati Uniti non sono stati i presidenti.

A comandare l’America erano le più influenti famiglie della finanza askenazita di New York, tra le quali ci sono i soliti ubiqui Rockefeller, i Warburg e i Morgan, i veri signori della FED, che si sono arrogati il potere di creare la moneta dal nulla da quel lontano 1913, anno nel quale fu appunto creata la banca centrale americana.

Se la macchina per stampare moneta era saldamente nelle mani di costoro, lo stesso poteva dirsi per la potentissima macchina da guerra americana che negli ultimi 80 anni è stata usata come un manganello per colpire tutti coloro che sono stati giudicati come una “minaccia” dalla governance globale e dallo stato di Israele.

Washington ha delegato la sua politica estera a Tel Aviv.

I presidenti degli Stati Uniti si sono ritrovati inevitabilmente ad essere degli attori, dei comprimari ai quali veniva affidato il libro della politica estera già scritto da circoli come quello del Council on Foreign Relations, dalla potentissima lobby sionista AIPAC e dall’altra “grande” setta sionista di Chabad che entrava e usciva dalla Casa Bianca quando voleva.

Il MAGA nasce come un movimento politico per riconquistare la libertà che gli Stati Uniti hanno perduto e nel momento stesso in cui l’America ha deciso di separarsi da tale apparato, è stata inevitabile la guerra tra Trump e il mondo sionista, che si è combattuta sin dal primo istante, soprattutto servendosi dell’arte della dissimulazione.

Trump conosce la storia degli Stati Uniti e soprattutto conosce meglio di ogni altro gli ambienti ebraici.

A New York, non si costruiscono sfavillanti grattacieli senza avere a che fare con i signori del mercato immobiliare e della finanza, che sono in larghissima parte di origini ebraiche.

Se c’è qualcuno che conosce la potenza di questi mondi, e quali ambienti orchestrarono l’omicidio di Kennedy, inviso sin dal primo momento a Israele, quello è certamente Donald Trump.

Trump sa anche molto bene che l’intera stampa è fedele allo stato ebraico, e allora era meglio dal suo punto di vista mascherare i suoi veri sentimenti verso Israele attraverso la collaudata dissimulazione, che si manifesta attraverso tiepide dichiarazioni di stima verso Tel Aviv, ma che nella pratica porta al divorzio della politica estera americana da quella israeliana, fino a lasciare solo il governo Netanyahu nelle sue folli guerre alla disperata ricerca della Grande Israele.

Se è vero che Trump e Netanyahu raramente si sono attaccati in pubblico, salvo quando il primo ministro israeliano ha riconosciuto Joe Biden come presidente nonostante la frode, in privato gli scontri sono stati durissimi, e l’ultimo della serie riguarda lo sconsiderato attacco di Israele al Qatar, alleato americano, per il quale il presidente americano è a dir poco furioso.

Sembra impossibile non notare che il ritorno di Trump e il suo allontanamento da Israele siano coincisi con una escalation terroristica senza precedenti negli Stati Uniti.

Appena Trump ha vinto le elezioni, l’America è stata travolta da una violenta ondata della strategia della tensione iniziata con gli attentati di New Orleans eseguiti da Shamsud-Din Bahar Jabbar, membro dell’ISIS, sostenuta da Israele, e già militare della caserma di Fort Bragg, dove si praticano non pochi programmi di controllo mentale per addestrare assassini da usare in missioni suicide.

Si è assistito ad un vero e proprio diluvio di sparatori solitari negli ultimi sei mesi, che sembrano tutti essere stati vittime del famigerato programma MK Ultra, e che si attivano per colpire, guarda caso, prevalentemente i cristiani.

Si parla tanto negli organi di stampa della cosiddetta “emergenza antisemita”, eppure non una sinagoga viene colpita da un attentato, come ha ricordato lo stesso Trump.

A finire nel mirino sono stati i cattolici della scuola cattolica dell’Annunciazione di Minneapolis, i fedeli della chiesa di Wayne, uccisi subito dopo la fine della guerra di Israele contro l’Iran, oppure i 40 cristiani del Congo, massacrati brutalmente dalla solita ISIS, che si muove sempre e solo contro i fedeli cristiani, e mai contro gli israeliani, nemmeno sfiorati con un dito da tali tagliagole.

Robin Westman, lo sparatore trans della strade del Minnesota

C’è un sistema che sta soccombendo e che non vuole accettare la sua dipartita.

Ci sono degli assassini spietati che non hanno alcuno scrupolo nel fare strage di innocenti, non tanto nella speranza di rovesciare le sorti di questo scontro, ma piuttosto animati da una perversa volontà di uccidere perché ormai la partita sembra persa.

Charlie Kirk è purtroppo l’ultima vittima di questa strategia del terrore.

Gli assassini di Charlie hanno voluto mandare un chiaro messaggio a Donald Trump.

Forse ora non possiamo più arrivare a te, come successe quel fatidico giorno a Butler, ma possiamo arrivare a chi ti è vicino, ai tuoi cari, ai tuoi amici.

Si è ormai nella sanguinaria logica della vendetta trasversale.

I sanguinari terroristi che hanno tenuto in ostaggio l’America vogliono uccidere per il gusto di infliggere dolore all’avversario, ma ieri un commosso Trump durante le commemorazioni dell’11 settembre ha risposto loro con un messaggio altrettanto chiaro.

Gli Stati Uniti non si faranno intimidire. Risponderanno con tremenda forza ai loro nemici, fino a schiacciarli.

Il presidente degli Stati Uniti ha già dato la sua risposta agli assassini di Charlie: verrete spazzati via.

Trump sembra intenzionato ad andare avanti.

Trump vuole schiacciare la testa del serpente una volta per tutte.

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4 Commenti

  1. Carmine andrea Caruso

    Schiacciare la testa del serpente significa eliminare fisicamente l’avversario che in questo caso avversario non è ma è nemico, quindi o ci moviamo in questo senso o saremo schiacciati noi.

    Rispondi
  2. Massimo

    Ciao Cesare.Quanti soldati russi perdono la vita? Quanti soldati americani perdono la vita? Quanti cristiani perdono la vita? Ogni giorno , anche chi è sottotraccia , viene ucciso.In guerra e no.Kirk era semplicemente noto.Conosciuto.Questo evento può essere lo spartiacque per far capire alla gente che da secoli è in atto una guerra spirituale e che i cristiani sono il bersaglio di questi pazzi fanatici?

    Rispondi
  3. Claudio

    Credo che per taluni aspetti il Presidente Trump si trovi ad affrontare un mandato ancora più difficile di quello del fu presidente Kennedy…in quanto all’epoca certe lobby vedevano il loro potere in inarrestabile ascesa, agivano pressoché indisturbate, mentre oggi la loro forza pervasiva è seriamente compromessa e questo le rende sicuramente più feroci e pericolose. Mi chiedo però se questa battaglia, che può essere interpretata anche a livello escatologico come di uno scontro tra il bene e il male, si limiterà soltanto ai confini degli Stati Uniti o se la sua portata si estenderà anche ai confini dell’UE, visto che le famiglie della finanza citate nell’articolo sono presenti (anzi ebbero i natali) proprio qui in Europa. Ma soprattutto mi chiedo, sempre in una visione di mondo cristiano in contrapposizione al mondo sionista, se in questo duro scontro il Presidente Trump abbia o avrà l’appoggio (o quanto meno una qualche forma di sostegno) anche da parte del Presidente Putin. Sapere che non è solo in questa battaglia aumenterebbe notevolmente le possibilità di successo e darebbe anche a noi comuni mortali una aspettativa più ottimistica sul futuro.

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    • La Cruna dell'Ago

      Salve Claudio, l’appoggio di Putin già ce l’ha. È proprio quella la forza di quest’alleanza, ovvero la sponda Washington-Mosca. La partita si combatte su tutto il globo, vedi condanna di Bolsonaro ieri.

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