di Cesare Sacchetti Il colloquio per schiarire le nubi che si erano presumibilmente addensate tra...
L’allarme dell’intelligence russa:”l’Italia a rischio destabilizzazione per le violenze degli immigrati”
di Cesare Sacchetti
A Mosca, la scorsa settimana si è tenuta una riunione di alto livello presieduta da Vladimir Putin e alla quale hanno partecipato i vari direttori dei servizi dei Paesi dell’Europa Orientale, in particolare la Serbia e la Bielorussia.
Sul tavolo, sono state affrontate varie questioni, soprattutto quelle che riguardano gli scenari previsti per il primo semestre del 2026.
Ad essere presa in considerazione per prima è stata la crisi della Federal Reserve Bank che con l’amministrazione Trump sta perdendo la sua condizione di istituto bancario governato sin dalla sua creazione dalle famiglie dell’alta finanza anglosionista.

La Federal Reserve Bank
Donald Trump ha già pronta una rosa di nomi per sostituire il governatore Powell, che fino ad ora ha perseguito una politica monetaria in netto contrasto con gli obiettivi di politica economica del presidente Trump.
Trump non sta solo abbattendo i pilastri della geopolitica dell’anglosfera, tutti fondati sulla supremazia dell’impero americano e sulla sua capacità di intervenire per rovesciare i governi sgraditi alla governance globale, ma vuole anche liberare gli Stati Uniti dai lacci di Bretton Woods.
A Washington, nel 1944, fu assegnato il potere di avere in tasca la valuta di riserva globale, ovvero di creare dal nulla la moneta che è stata utilizzata per più di 70 anni nelle transazioni internazionali e senza la quale si era in pratica tagliati fuori dal commercio internazionale.
Trump non è per nulla ostile alla dedollarizzazione perché la valuta di riserva globale se assegna un “esorbitante privilegio” come lo definì Giscard d’Estaing porta allo stesso tempo un grave problema.
Essa determina enormi squilibri in negativo nella bilancia commerciale, dovuti ad un eccesso di importazioni, che si traducono inevitabilmente in una perdita dei posti di lavoro nazionali.
Attraverso la sua decisione di tenere alti i tassi di interesse, Powell vuole provare a salvare quell’ordine, ma il suo mandato ormai volge al termine, e la sua uscita di scena non solo accelererà la dedollarizzazione, ma colpirà anche l’euro.
Negli anni passati, la FED ha sempre garantito il trasferimento di dollari alla BCE attraverso la concessione di prestiti necessari per far fronte a determinati pagamenti internazionali, ma il rubinetto della liquidità potrebbe presto chiudersi.
A Francoforte, sede dell’Eurotower, si preparano già agli scenari peggiori possibili, e l’interruzione dei prestiti in dollari avrebbe l’effetto di una mossa di soffocamento di una economia già in crisi permanente da molti anni per via dell’austerità connaturata alla moneta unica.
Alla Casa Bianca sembrano quindi decisi ad avviare una manovra di accerchiamento economico nei riguardi di un blocco, l’Unione europea, giudicato chiaramente ostile dall’amministrazione Trump, e considerato come un retaggio della vecchia politica dell’Euro-Atlantismo, nella quale gli Stati Uniti erano i garanti della governance globale.
La crisi della moneta unica è stata però soltanto uno degli scenari presi in considerazione dai vari membri dell’intelligence russa e dei Paesi balcanici, poiché sul tavolo si è discusso soprattutto di una possibile emergenza sicurezza in Europa, in particolar modo in Italia.
Il ritorno della strategia del terrore
Secondo l’FSB, è da considerarsi alto il rischio che nella prossima primavera in Italia, e in altri Paesi europei, si verifichi un’ondata di violenze e episodi criminali commessi dai vari immigrati clandestini, ai quali risultano essere state date anche diverse armi.
Se ne parlò già in un precedente contributo del dicembre dello scorso anno, quando ambienti dei servizi di sicurezza serbi riferirono che l’intelligence francese e inglese avevano allo studio una serie di attentati per destabilizzare l’Europa.
A distanza di poche settimane dalla pubblicazione di quella analisi in esclusiva, la notte dell’ultimo giorno dell’anno, si verificano praticamente in contemporanea una serie di attentati in Germania e in Italia, dove sono comparsi improvvisamente due accoltellatori.
Una volta che si è chiuso l’anno con tali attentati, il 2025 è iniziato ancora una volta all’insegna del terrore e della paura, soltanto che il teatro del terrorismo si è spostato dall’Europa Occidentale agli Stati Uniti, dove si sono verificati due attentati a stretto giro di posta, a New Orleans e a Las Vegas.
A New Orleans, un 42enne islamico, Shamsud-Din Bahar Jabbar, inizia a travolgere la folla con un camion e ad aprire il fuoco su di essa, fino a quando non verrà ucciso dagli uomini della polizia locale.

Shamsud è un profilo interessante.
Lungi dall’essere un militante islamista allevato da qualche cellula terroristica, è invece un prodotto delle forze americane che lo hanno addestrato a Fort Bragg, una caserma della Carolina del Nord.
Fort Bragg è un posto particolare.
Qui si incrociano i destini di Shamsud, ma anche dell’attentatore di Las Vegas, Matthew Livelsberger che si è fatto saltare in aria davanti alla Trump Tower nella città più famosa del Nevada, in una operazione che sembrava voler mandare sin dal principio dei chiari messaggi minatori al presidente Trump, tornato ufficialmente in carica in quel periodo.
Livelsberger e Jabbar sono due profili che assomigliano molto a quello del classico agente MK Ultra.
A Fort Bragg, fanno questo.
Addestrano dei militari a diventare dei perfetti candidati manciuriani, ideali per compiere attentati di vario tipo ed eseguire delle ormai consolidate operazione di falsa bandiera, utilizzate per destabilizzare il Paese.
Un altro uomo che è passato da quella caserma è Ryan Routh, uno dei vari aspiranti assassini del presidente Trump, che lo scorso settembre si introdusse con un fucile nei campi da golf in Florida dove Trump si era recato per fare la sua consueta partita.
C’è un apparato, composto dai vari club globalisti e dalla finanza anglosionista, che vuole eliminare il presidente americano da molto tempo e che ha concepito una interminabile serie di attentati contro la sua vita dal 2016 in poi, quando sotto il suo palco si vide un uomo pronto ad accoltellarlo, un episodio seguito da un misterioso cecchino che sparò contro il suo elicottero nel 2020, da un drone che per poco non colpiva il suo aereo, fino ad arrivare ad un altro drone che sparò contro la sua villa a Mar-a-Lago, e per chiudere i due attentati dell’estate del 2024.

A sinistra, Ryan Routh, a destra, Thomas Crooks, l’attentatore di Butler
Trump è nel mirino perché la sua presidenza è un qualcosa di unico nel corso della storia degli ultimi cento anni.
Essa non è stata preparata nelle stanze del Council on Foreign Relations come le altre, e non ha una funzione di sostegno di creazione di un supergoverno mondiale, ma si propone invece di difendere la sovranità del suo Paese.
Quanto accaduto tra la fine e l’inizio dell’anno scorso, è stato il principio di una serie di altri attentati nei quali puntualmente si è manifestato uno sparatore solitario che ha iniziato a mietere vittime civili, in particolar modo i cristiani e i cattolici, poiché tali “folli” isolati raramente colpiscono obiettivi di altro tipo, ad esempio, le sinagoghe.
Secondo i servizi russi, in Italia esiste il rischio che vari immigrati clandestini assieme alla temibile mafia nigeriana inizino ad eseguire violenze contro la popolazione civile, armati da ambienti dei servizi Euro-Atlantici.
Si vide già un’anticipazione di questa strategia nel corso delle rivolte degli immigrati di seconda generazione in Francia, nelle quali i vari rivoltosi disponevano di armi da guerra, quasi certamente giunte dal teatro di guerra ucraino, secondo quanto riferito a questo blog da varie fonti istituzionali.
Il giro di armi in Ucraina è vasto e vede la diretta partecipazione non solo del corrotto regime di Volodymyr Zelensky, ma di diversi politici europei.
C’è una torta molto grossa da spartirsi ed è quella della rivendita degli armamenti da guerra dati dall’UE a Kiev, a varie bande criminali in Europa e allo stato di Israele, al quale il “presidente” ucraino non ha fatto mancare la fornitura di armi utilizzate nel famigerato genocidio di Gaza.
I vari governanti europei sono tutti al corrente di quanto sta accadendo.
Sono consapevoli in quali mani finiscono quelle armi, e sono altrettanto consapevoli ovviamente che i profitti generati da tale traffico vengono lavati e ripuliti nella lavatrice albanese, su gentile concessione di Edi Rama, il primo ministro albanese gestito dalla Open Society di Soros, e che ogni volta che vede Giorgia Meloni si inginocchia davanti a lei, forse preso da un irrefrenabile moto di gratitudine.
C’è quindi il rischio concreto che i servizi dell’Europa Occidentale si giochino questa carta in Italia e negli altri Paesi europei, e si sono già avuti dei saggi di questa tattica nei mesi passati.
L’ondata di reati di immigrati in Italia
All’immigrato, clandestino o meno, in Italia e in Europa sembra essere stata data una patente di impunità.
Soltanto negli ultimi sei mesi, si sono verificati una serie di inquietanti stupri commessi a poca distanza l’uno dall’altro.
A Rovigo, lo scorso luglio, una donna è stata violentata a pochi passi dalla stazione ferroviaria, un luogo che dovrebbe sulla carta più sorvegliato, da due marocchini.
Non passano che pochi giorni che a Padova, nei pressi dell’aeroporto, viene stuprata da un branco di tunisini una donna marocchina.
Ci si sposta a Brescia, dove a settembre è avvenuta una violenza ancora più ripugnante commessa da un bengalese ai danni di una bambina di 10 anni, seguita da un’altra ancora, a meno di 150 km di distanza, a Sondrio, dove un maliano al quale era stato concesso lo status di “rifugiato” ha stuprato una donna di 44 anni, arrivando persino a staccarle un orecchio a morsi.
La violenza degli immigrati è ormai un allarme sociale, una fonte inesauribile di criminalità e delinquenza davanti alla quale i governi nulla fanno e dinnanzi alla quale gli organi di stampa si premurano per insabbiare, censurare e nascondere.
Ci sono ordini tassativi e precisi.
Sulle prime pagine dei quotidiani non si devono vedere queste storie.
Non si devono vedere i volti delle vittime né dei loro carnefici, perché l’opinione pubblica sembra satura già da un pezzo del melting pot di kalergiana memoria.
Si assiste a scenari simili al di fuori dei confini nazionali, nel Regno Unito, dove ci sono stati di recente non pochi stupri contro delle bambine commessi ancora una volta dalle solite “risorse”.
Secondo gli apparati di intelligence del Cremlino, stavolta c’è però il rischio di una escalation di queste violenze sollecitata dagli ambienti atlantici per destabilizzare l’Italia e l’Europa che vorrebbero utilizzare gli immigrati come una sorta di milizia irregolare, un esercito di riserva delle élite europee da sciogliere contro la popolazione civile sulla falsariga di quanto scrisse il giornalista francese Laurent Obertone nel suo libro intitolato “Guerriglia”.
Si tratterebbe della prosecuzione di quanto iniziato verso la fine dell’anno passato, e sarebbe un’altra applicazione della strategia della tensione vista nel secolo scorso, soltanto che stavolta non c’è come negli anni’70 una semplice volontà di perseguire un fine politico che allora era la permanenza dell’Italia nel recinto della NATO.
Se si vuole forse individuare una qualche manovra politica che potrebbe trarre beneficio da tale scenario, si potrebbe prendere in considerazione l’ipotesi delle larghe intese volute fortemente da Mattarella, che spinge per un esecutivo di difesa estrema di ciò che resta della Seconda Repubblica e dell’anglosfera.
Il governissimo, se mai dovesse farcela, non cambierà comunque le sorti di un sistema politico profondamente in crisi e sempre più a secco di consensi.
Se quindi nella prossima primavera ci sarà l’escalation di violenze degli immigrati, sarà più che altro una manifestazione della logica del terrore per il terrore, del caos per il caos, di fronte ad una Unione europea ormai sempre più irrilevante e stretta dall’accerchiamento del mondo multipolare e dagli Stati Uniti sempre più vicini a Mosca.
Sono queste le fasi più turbolente, perché sono quelle nelle quali l’apparato che era stato costruito a Yalta sta morendo, e la sua unica risposta a tale crisi è quella di rincorrere la destabilizzazione, di provare in tutti modi a seminare caos e violenza.
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