di Cesare Sacchetti Se la stampa non fosse quello che è, ovvero una sorta di bollettino dei vari...
La strategia di Trump sull’UE, l’Italia e l’arma (nucleare) dell’Italiagate
di Cesare Sacchetti
Una versione più estesa e dettagliata, ma non resa ancora pubblica, del documento sulla strategia della sicurezza nazionale della Casa Bianca sta circolando in questi ultimi due giorni.
Il documento di 33 pagine che la presidenza Trump ha reso pubblico ha già provocato un vero e proprio terremoto nelle cancellerie europee che hanno potuto vedere nero su bianco come i veri avversari della Casa Bianca non sono più la Russia, la Cina o l’Iran, ma l’Unione europea.
La nuova dottrina americana ha messo al centro dei suoi interessi la difesa dello Stato nazionale.
I Paesi che dunque agiscono per difendere la propria identità e i proprio interessi nazionali non sono più visti da Washington come un ostacolo, ma come degli alleati.
Washington ha dismesso completamente i panni della potenza che in passato era a tutti gli effetti una vera e propria centrale di destabilizzazione internazionale, un presidio della governance globale della quale gli Stati Uniti erano gli indiscussi garanti.
A Yalta, fu stabilito tale “ordine”, e la Casa Bianca non aveva nemmeno una politica estera propriamente americana, ma delle linee guida scritte dai soliti centri del potere parallelo che un tempo dominavano Washington.
Gli Stati Uniti hanno ormai ufficialmente intrapreso il nuovo cammino.
L’idea del MAGA ormai non è più soltanto un potente messaggio elettorale, una frase e un acronimo che hanno accomunato milioni di americani, delusi da una politica che ha pensato a tutto negli ultimi decenni tranne che all’interesse degli Stati Uniti, ma piuttosto a quelli di quegli apparati globalisti e sionisti che si sono serviti dell’America per mettere a ferro e fuoco il mondo.
Trump ora ha trasformato tale messaggio in una politica estera molto precisa e la sua strategia non lascia spazio a interpretazioni.
L’Unione europea è il vero avversario della Casa Bianca.
L’appendice del documento della Casa Bianca e i partner per abbattere l’UE
Nelle pagine del documento integrale che ancora non sono state rese pubbliche, la presidenza Trump spiega ancora meglio come intende fare per indebolire dall’interno la fragile e precaria Unione europea.
I Paesi individuati come potenziali e reali interlocutori sono, tra gli altri, l’Ungheria e l’Italia .
Budapest in questo momento può definirsi sicuramente come l’interlocutore privilegiato dell’amministrazione Trump.
Viktor Orban, ad oggi, può essere definito uno degli statisti più veri e autentici delll’Europa continentale, uno di quelli che ha restituito la pienezza del senso della parola statista a differenza di molti altri suoi “colleghi” europei che indossano soltanto i panni di intermediari di vari gruppi di potere finanziari e bancari.

Viktor Orban
Orban inizia il suo percorso laddove sulla carta non ce lo si sarebbe mai aspettato.
George Soros ai tempi della fine dell’URSS si dava molto da fare nel selezionare i suoi “discepoli” nei Paesi del blocco sovietico, e la sua Open Society elargiva borse di studio e finanziamenti vari a quei giovani studenti che venivano ritenuti più “promettenti”, ovvero quelli che un domani sarebbero potuti diventare a tutti gli effetti agenti della società aperta del multiculturalismo, indispensabile nell’ottica del mondialismo per giungere alla fine delle sovranità nazionali.
Tra questi c’è un giovane studente ungherese di nome Viktor Orban che sa però muoversi con estrema abilità.
Si introduce in quegli ambienti, studia chi gli sta intorno, entra nell’agone politico negli anni’90, e riesce non solo a diventare primo ministro del suo Paese, ma ha la sapienza e la forza di intraprendere una via che non sia quella della cancellazione della identità del suo Paese.
A Bruxelles, sono a dir poco attoniti.
Mai avrebbero pensato che l’ex studente di George Soros si sarebbe rivelato una tale spina nel fianco, ma Orban dimostra che non sempre le proprie idee vanno mostrate apertamente, e a volte, in determinati circoli, paga molto l’arte della dissimulazione che gli ha consentito di diventare il politico più importante del suo Paese, divenuto sotto la sua guida immune a qualsiasi strategia di contaminazione multietnica e multiculturale.
Il primo ministro magiaro si sente così naturalmente a suo agio con un politico della caratura di Donald Trump.
Orban vede in Trump la via per costruire una politica estera che vada al di là della interminabili provocazioni russofobe che Bruxelles rincorre compulsivamente, e soprattutto intuisce sin da subito che il presidente degli Stati Uniti non è più un guardiano dell’Euro-Atlantismo.
Il linguaggio di Washington non è più quello delle bombe come un tempo, ma quello della diplomazia, di una politica estera che non si fonda sulla falsa e ipocrita idea che la Casa Bianca debba esportare la sua democrazia liberale in giro per il mondo, perché gli Stati Uniti stessi ormai riconoscono che la liberal-democrazia è un modello fallace, contrario alla custodia della propria storia e identità, e soprattutto incompatibile con la difesa degli interessi nazionali, considerata la sua vocazione internazionalistica e globalista.
L’Ungheria può quindi considerarsi oggi a tutti gli effetti come un ponte tra Stati Uniti e Russia, i due Paesi che una volta inaugurata la fine della dottrina neocon, si sono avvicinati come mai visto prima nel secolo scorso.
Washington e Mosca sono accomunati dall’idea che non può più esistere un mondo fondato sulla supremazia di un blocco e sull’unipolarismo che partorisce in continuazione regime change dopo regime change sempre alla ricerca di governi telecomandati dal gruppo Bilderberg e dalla Commissione Trilaterale.
Il globalismo deve lasciare inevitabilmente il palcoscenico della storia e uomini come Viktor Orban sono il futuro dell’Europa continentale che ha oggi come mai un disperato bisogno del ritorno sulla scena della politica più autentica, quella legata al suo territorio e al suo popolo, sostituita invece da gregari della tecnocrazia finanziaria che trasmette le sue direttive lontano dai confini nazionali.
L’Italia e il ponte mancato con Trump
Budapest in tale ottica è semplicemente perfetta nel diventare una sorta di leva per dare la spallata decisiva all’Unione europea, ma Washington, come si vede, considera anche altre vie, e tra queste c’è l’Italia.
Sulla carta, Roma era semplicemente perfetta per essere essa stessa l’interlocutore privilegiato dell’amministrazione americana e della Russia.
Ai tempi del berlusconismo, il cavaliere aveva avuto qualche intuizione di politica estera che lo aveva fatto avvicinare alla Russia, conscio forse che Mosca poteva essere una naturale sponda per un Paese trattato alla stregua di un dio minore dall’Unione europea.

Silvio Berlusconi e Vladimir Putin
I rapporti tra Roma e Mosca però non riuscirono mai ad assumere le dimensioni di una vera e propria alleanza.
Nella politica estera del cavaliere c’era troppo approssimativismo politico, molto dilettantismo e dimenticabili boutade, ma soprattutto c’erano troppi conflitti di interesse da parte dell’ex presidente del Consiglio che quando fu messo alle strette nel 2011 e fu chiamato a scegliere tra il Paese e le sue aziende, ci pensò poco a scegliere le seconde.
L’Italia ha quindi continuato a viaggiare sulla nave del commissariamento attraverso i governi di due emissari del gruppo Bilderberg, quali Enrico Letta e Matteo Renzi, fino a quando nel 2018 all’alba della nascita del governo gialloverde non si è aperta una finestra di opportunità per l’Italia.
A Washington, non c’era più un guardiano della governance globale, né tantomeno un garante dell’Unione europea come in passato.
Donald Trump aveva già fatto capire all’epoca di considerare l’UE come un “nemico”, e come un conglomerato di interessi fondamentalmente ostile ai veri interessi degli Stati Uniti, e il primo governo Conte aveva l’opportunità di ricorrere all’aiuto dell’alleato americano per uscire dalla gabbia dell’eurocrazia e di liberarsi del cappio della moneta unica.
A Roma però non c’erano degli autentici alleati del presidente degli Stati Uniti.
C’era una congerie di doppiogiochisti e di falsi oppositori quali lo stesso ex presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, il partito azienda costruito dalla Casaleggio Associati, socio in affari di Enrico Sassoon, e la Lega, che negli anni precedenti aveva indossato la maschera del sovranismo monetario, prontamente gettata via una volta che nell’estate del 2019 arrivarono precisi ordini a Salvini di mettere fine a quell’esperienza di governo sul bagnasciuga del Papeete, e di lasciare campo libero al governo PD-M5S, esecutore del colpo di Stato “pandemico” soltanto 8 mesi dopo.
La classe politica italiana si strinse di conseguenza tutta attorno alla governance globale.
Ogni suo singolo esponente, dal centrodestra al centrosinistra, inclusa la sua appendice del M5S, si sono adoperati per trascinare l’Italia nell’inferno del Grande Reset di Davos.
Il golpe internazionale dell’Italiagate
Si sono tutti dati da fare in particolar modo per aiutare la finanza internazionale, l’Unione europea e le ubique famiglie dei Rothschild e dei Rockefeller per rovesciare il presidente degli Stati Uniti attraverso il colpo di Stato elettorale del 2020.
Si tratta di una vicenda nota, affrontata proprio per primi da questo blog nel dicembre del 2020, e non si sta parlando altro che del caso Italiagate, ovvero del ruolo dell’Italia nella frode elettorale ai danni degli Stati Uniti.
A parlare per primo di come la società aerospaziale Leonardo avesse fornito la sua tecnologia satellitare per spostare i voti dal presidente Trump al candidato democratico, è stato l’ex agente della CIA, Bradley Johnson.
Secondo altre fonti istituzionali americane e italiane che hanno informato questo blog, l’operazione sarebbe stata vasta, avrebbe visto il coinvolgimento dei servizi segreti italiani, dell’allora governo Conte, e del generale Graziano, fedelissimo dell’anglosfera e dell’Unione europea e diventato presidente di Fincantieri negli anni successivi, che morì in circostanze mai chiarite nel 2024.

Il generale Graziano
I vari organi di stampa parlarono immediatamente di “suicidio”, descrissero una presunta dinamica dei fatti, mai corroborata da una qualche autopsia, della quale, se è stata eseguita, si ignorano gli esiti.
Secondo diverse fonti di intelligence italiane, la possibilità che un testimone ingombrante sia stato eliminato, sono alte, ma nulla cambia della storia del golpe elettorale del 2020.
A sollevare nuovamente la questione, è stato pochi giorni proprio Donald Trump che è tornato a parlare della frode del 2020.
Il presidente degli Stati Uniti ha affermato che sa tutto di quanto accaduto quell’anno.
Il presidente è stato sin da subito informato degli attori esteri che hanno partecipato all’hackeraggio delle elezioni americane, e sa perfettamente quanto il governo e la politica italiane siano coinvolte.
Attraverso questo attacco diretto alla sovranità degli Stati Uniti, la corrotta classe politica italiana credeva forse di poter tornare ad avere a Washington un garante dell’anglosfera.
La Seconda Repubblica aspirava, in altre parole, a “riconquistare” il suo ruolo coloniale perché soltanto attraverso la supremazia dell’impero americano, la sua corrotta classe dirigente aveva qualche possibilità di restare aggrappata al potere.
Le illusioni però si sono presto infrante contro la realtà.
Il presidente è tornato ufficialmente al suo posto dopo un intermezzo di quattro anni nei quali Joe Biden non è praticamente mai stato in carica, e la conferma ora è arrivata proprio dall’amministrazione Trump che ha dichiarato illegittimi gli ordini esecutivi firmati dal politico democratico.

Trump annuncia che gli ordini esecutivi di Biden sono annullati
Trump ha quindi in mano l’arma più dissuasiva di tutte contro i partiti della Seconda Repubblica.
Il presidente ha in mano le prove del coinvolgimento dei politici italiani nel golpe ai suoi danni, senza dimenticare anche l’altro scandalo del 2016, il famigerato Spygate, ordinato direttamente da Barack Obama, assistito, secondo George Papadopoulos, dall’allora presidente del Consiglio, Matteo Renzi.
Secondo diverse fonti istituzionali italiane, i partiti italiani sono ben consapevoli delle intenzioni del presidente.
Nei palazzi della politica, c’è timore misto a panico perché il presidente degli Stati Uniti ha in mano le carte migliori e le più pesanti, ovvero quelle in grado di far scatenare una tempesta politica sul Paese forse persino superiore a quella che si vide attraverso Tangentopoli nel 1992.
Oggi la storia però è molto differente da quello che accadde 33 anni fa.
Washington allora era senza dubbio il garante dell’impero, e aveva tutto l’interesse a liberarsi di una classe politica di levatura troppo elevata per gli standard dell’anglosfera, che voleva sostituire quei dirigenti con dei semplice yes man in grado di eseguire tutte le direttive dell’establishment globalista.
Ora Washington vuole favorire un altro tipo di rinnovamento.
Vuole aiutare a rimuovere un grumo di partiti privi di legittimazione politica e che a stento faticano ad arrivare al 50% più 1 della partecipazione elettorale, a dimostrazione di come ormai il presente apparato politico non rappresenti più nessuno se non delle residue sacche clientelari, oltre che i soliti referenti massonici italiani ed internazionali.
Si va verso quindi l’epilogo di un sistema e delle sue vecchie dinamiche perché gli Stati Uniti ormai non vogliono più tenere in piedi tale apparato e vogliono dialogare con futuri nuovi interlocutori politici in grado di costruire nuovi rapporti tra Washington e Roma, molto differenti da quelli del passato.
A Montecitorio e anche al Quirinale, hanno poco da stare tranquilli.
Gli Stati Uniti hanno deciso che l’Unione europea e il sistema politico italiano da essa dipendente devono finire.
La tempesta in arrivo lascerà ben poco della repubblica di Cassibile.
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Splendido articolo che riempie il cuore e l’anima di speranza. Ma il documento integrale sarà pubblicato? O è una sorta di asso nella manica da tirar fuori al momento giusto?
Grazie al dottor Sacchetti per tutto il lavoro che fa, le premesse per avere un Santo e Cristiano Natale ci sono tutte finalmente.
Ti ringrazio, Claudio. Potrebbero farlo uscire in un secondo momento.
Finalmente: il potere di Rothschield e Rockfeller in America è stato battuto. In Europa continua a fare danni, ma speriamo tramonti anche qui
Ottimo articolo.
Hai un’ idea del perché il documento e’ composto da 33 pagine e del perché dal golpe che ha impostato la seconda repubblica sono passati proprio 33 anni? Questo numero non e’ casuale e sappiamo il perché……
Su silvietto dici il vero ma bisognerebbe aggiungere che mai un simile personaggio poteva aiutare l’ Italia, era un massone pure lui, ha contribuito con la sua televisione spazzatura a distruggere generazioni e ha firmato con Bush il documento sulle scie chimiche e teniamo in considerazione che proprio sotto il “suo” mandato e’ iniziata la crisi economica e l euro, infatti la crisi economica in Italia e’ iniziata dalla fine anni 90′ e inizio 2000′, ricordo che già i primi del 2000′ eravamo pieni di immigrati che prendevano il posto degli italiani e di lavoro non c’era nemmeno l ‘ombra tranne che lavoretti precari di call center o comunque altro sotto sfruttamento, quindi di quel personaggio non abbiamo nulla da compiangere….
Hai scritto cose molto chiare sul percorso storico degli ultimi anni, hai ragione in quel periodo inizio 2020 c’ era un tale che scriveva che i ” conti” e i vari leghisti erano operatori trumpiani (operatore 1,2,3,4, ecc).
Ma visto che Trump può fare saltare tutto in aria quando vuole, mi chiedo: perché non lo fa subito? Quale sarebbe il motivo strategico dell attesa? Spygate,Italia gate, caso Epstein e poi la verità sulla pandemia con la pubblicazione di ciò che contengono i sieri, basterebbe questo e in 24 ore salterebbe tutto….. Dobbiamo attendere? Perché?
Anche Putin se vorrebbe da solo potrebbe chiudere la storia ucraina in 24 ore ma danno tempo…
Grazie.
Buongiorno Cesare, un articolo che mette di buon umore e lascia spazio all’ottimismo. Mi auguro,dunque, che dagli Usa arrivi presto un segnale che avvii il repulisti della classe politica italiana, quella che ha consentito l’asservimento del nostro Paese alle logiche che ben hai descritto nel tuo ottimo articolo. In questa direzione spero anche che in Italia prevalga il Si al referendum sulla giustizia, che da anni è il terreno sul quale si sono giocate le partite più importanti, risolte sempre a favore di chi si oppone ad ogni riforma e cambiamento del nostro Paese sulla via della vera indipendenza dall’anglosfera e dalle varie consorterie massoniche. Le toghe di orientamento progressista sono i garanti dello status quo, il più potente strumento di chi dall’esterno muove le leve del potere per farci rimanere nella palude. Leggermente fuori tema, ma mica tanto, ti chiedo infine un’opinione sul perché Trump non abbia trovato ancora il modo di neutralizzare quella centrale finanziaria che fa capo a $oros, che finanzia movimenti, partiti, giornali, centri sociali, dell’Italia in primis, ma anche di vari stati europei, responsabili delle cosiddette primavere, del sovvertimento del risultato delle elezioni, dei disordini e violenze sociali, della propaganda a favore del mondialismo in tutte le sue salse (woke, gender, vax, clima) .Grazie dello spazio concesso. Saluti
Grazie Federico. La centrale che citi è già in corso di smantellamento da un po’. Vedi chiusura dell’USAID. Il colpo di grazia definitivo arriverà a breve. Trump lo ha già annunciato.