Jeffrey Epstein e il mistero delle origini ebraiche di Adolf Hitler

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16/12/2025

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di Cesare Sacchetti

Steve Bannon è un tipo molto diverso da quello che voleva e vuole far credere.

Gli organi di stampa danno di lui una descrizione del filosofo del MAGA, l’uomo, che secondo tale caratterizzazione, avrebbe partorito la dottrina del fare di nuovo grande l’America, il potente messaggio sul quale Trump ha costruito il suo movimento sovranista americano.

C’è poco di vero, in realtà.

Bannon si è avvicinato dopo che il presidente Trump aveva lanciato il suo movimento, e i suoi interessi erano molto più in linea con quelli che toccavano da vicino il suo portafoglio, oppure quelli che riguardavano soprattutto lo stato di Israele.

Steve Bannon: un sionista “cristiano”

Bannon infatti è quello che si definisce un sionista cristiano, una sorta di ossimoro, due parole che un tempo era impossibile associare per il semplice fatto che le due erano e sono l’una la negazione dell’altra.

Se si è sionisti, allora si mette al primo posto l’idea secondo la quale gli ebrei non solo avrebbero il “diritto” ad occupare la Palestina, ma anche ad inseguire il “sogno” della Grande Israele, ovvero l’idea in base alla quale gli ebrei laggiù avrebbero “diritto” a costruire un impero israeliano governato dal cosiddetto “moshiach”.

Se si è cristiani invece, si è consapevoli che il patto che esisteva tra gli ebrei e Dio, è stato infranto dai primi nel momento stessi in cui essi rifiutarono di riconoscere Gesù come il Figlio di Dio, e come il Messia tanto atteso.

Sono due idee, come si vede, impossibili da far condividere, per il semplice fatto che l’una di fatto annulla l’altra, e ad essere annullato è sempre ovviamente il cristianesimo.

Bannon era ed è un sionista a tutti gli effetti, e la sua frequentazione intima con Jeffrey Epstein conferma anche che di scrupoli morali, l’ex collaboratore di Breitbart, ne ha ben pochi.

Negli anni nei quali Bannon ed Epstein si frequentavano, il secondo era stato già condannato anni prima per traffico di esseri umani, ed era noto a tutti che il miliardario di origini ebraiche fosse un pedofilo.

A Bannon non sembrava interessare più di tanto la questione.

A lui interessava collaborare con l’uomo del Mossad, tanto che in quel periodo, dal 2018 al 2019, stava studiando per Epstein una sorta di documentario, una “opera” che avrebbe dovuto servire a “redimere” il pedofilo del Mossad agli occhi dell’opinione pubblica.

Steve Bannon e Jeffrey Epstein

Non si fece in tempo a fare nulla perché Epstein venne arrestato su ordine dell’amministrazione Trump nel 2019, e si verificò lo scenario che il miliardario temeva più di tutti.

Jeffrey Epstein disprezzava Donald Trump.

Sapeva che il magnate newyorchese era diverso dagli altri ricchi dell’alta società newyorchese, e che aveva una morale a differenza di molti in quel mondo.

Trump sorprese Epstein a molestare una minorenne in uno dei suoi locali in Florida.

Non si voltò dall’altra parte come fanno molti in quel giro, ma prese Epstein e lo cacciò fuori dal suo club, fino a collaborare negli anni successivi con la giustizia americana per farlo arrestare.

Epstein sospettava che fosse stato proprio Donald Trump a farlo arrestare, e l’ipotesi che il magnate fosse un infiltrato per conto dell’FBI negli anni a venire ha preso sempre più consistenza, soprattutto se si considera il fatto che una volta divenuto presidente, Trump ha fatto di nuovo mettere dietro le sbarre la sua vecchia conoscenza.

Epstein parlava con Bannon, gli confidava queste paure e altre, e mentre i due si scambiavano le loro email, c’è uno scambio piuttosto interessante che gli organi di stampa, probabilmente volutamente, hanno trascurato.

La preoccupazione di Epstein di essere associato a Hitler

Epstein scrive al giornalista americano che l’ultima cosa di cui ha bisogno è quella di essere associato dai media mainstream ad Adolf Hitler, ma perché il pedofilo del Mossad avrebbe dovuto essere in qualche modo accostato al fuhrer della Germania nazista?

L’uomo del Mossad aveva in testa questa preoccupazione dopo che aveva letto un vecchio articolo di un quotidiano dello Utah che riguardava il periodo viennese di Adolf Hitler.

Hitler giunse nella capitale austriaca a soli 18 anni.

Allora il giovane Adolf era a tutti gli effetti uno spiantato, non aveva soldi con sé, e per sbarcare il lunario si arrangiava vendendo i suoi dipinti attraverso un suo amico, Reinhold Hanisch, un uomo di origini ebraiche.

Hitler era nell’ultimo posto dove ci si sarebbe aspettati.

Viveva presso un dormitorio gestito da una famiglia di origini ebraiche, e l’amico che lo aiutava a tirare su qualche soldo, era anch’egli un ebreo.

Hitler e la sua simpatia verso gli ebrei

Nell’aspirante artista di Braunau am Inn, non c’era la minima traccia di ostilità verso gli ebrei.

Le roboanti frasi contro gli ebrei padroni del capitale che si trovano nel Mein Kampf non erano allora minimamente nella mente del giovane Hitler, che anzi esprimeva simpatia e stima per gli ebrei, oltreché frequentarli assiduamente nel suo tempo libero.

Hanisch scrisse un libro sui suoi anni viennesi con Hitler, dal titolo “Ero l’amico di Hitler”, testo che uscì nella metà degli anni’30, quando Adolf era già diventato il fuhrer del nazismo, e la Germania veniva modellata da questa nuova ideologia dominante.

Hanisch racconta verità molto scomode.

Reinhold Hanisch

Secondo l’amico del giovane Adolf Hitler, il 18enne pittore aveva tutto altro che parole di fuoco verso la famiglia Rothschild, il casato di banchieri da secoli simbolo dell’oppressione dell’alta finanza sui nazioni e sui popoli.

Hitler invece era ammirato dalle loro capacità e aveva una simile stima anche per tutto il popolo ebraico, nonostante negli anni a seguire, espresse idee di segno opposto.

Hanisch scrive nel suo libro questo di lui.

“Hitler a quel tempo aveva un aspetto molto ebreo, tanto che spesso scherzavo con lui dicendogli che doveva essere di sangue ebraico, visto che una barba così folta raramente cresce sul mento di un cristiano. Aveva anche piedi grandi, come deve averli un vagabondo del deserto.”

Adolf non sembrava risentirsi nemmeno un po’ di essere accostato per via del suo aspetto ad un ebreo, ma anzi continua ad avere parole di stima verso gli ebrei, gli unici ai quali riesce a vendere i suoi dipinti, e che poi una volta divenuto nazista si tramutarono improvvisamente in suoi nemici.

Hanisch non fa in tempo a raccontare al mondo la sua storia che finisce presto proprio sotto la lente del fuhrer.

Hitler lo teme.

Sa che quell’uomo è il depositario di un imbarazzante passato e di segreti che se fossero venuti alla luce avrebbero potuto svelare un enorme inganno sul nazismo e le sue origini, così come avrebbero potuto spiegare perché la Germania nazista si diede tanto da fare per far trasferire gli ebrei tedeschi in Palestina, dando così al futuro stato di Israele le necessarie risorse di cui aveva bisogno per stabilirsi su quelle terre e far nascere lo stato ebraico.

Hanisch finisce agli arresti su esplicito ordine del fuhrer nel 1936.

Viene messo dentro un carcere di Vienna, nel quale muore presumibilmente per un attacco cardiaco, anche se non c’è certezza su questa causa di morte.

Hitler però non aveva ancora portato a termine il suo “lavoro”.

Doveva far sparire ogni traccia del suo passato viennese, e così ordina la distruzione della casa del padre del suo vecchio amico ebreo Hanisch, nella quale probabilmente c’erano altre prove, altri elementi che forse potevano dimostrare che Adolf Hitler non era chi diceva in realtà di essere.

Le indagini sul passato di Hitler e le sue origini ebraiche

Il fuhrer sembrava letteralmente ossessionato da quegli anni viennesi, tanto da commissionare al suo avvocato, Hans Frank, una ricerca sulle sue origini per avere conferma che lui, il padre del nazismo, fosse ebreo.

Frank esegue gli ordini e scopre che il nonno di Hitler era ebreo, dopo che il nipote del fuhrer, Patrick Hitler, aveva iniziato a ricattare suo zio rivelando a tutti che egli in realtà era di sangue ebraico.

Frank non sopravvive alla fine della seconda guerra mondiale.

Alcuni nazisti vengono portati negli Stati Uniti nell’ambito del piano dell’OSS chiamato Operazione Paperclip, mentre altri, come lui, vengono giustiziati forse perché portatori di scomode verità.

Verità che ossessionavano il nuovo leader della Germania.

Secondo lo storico Christian Graf, nel 1930 il fondatore del nazismo disse che nessuno doveva sapere da dove venisse e quale fosse la storia della sua famiglia.

Una storia che apparentemente aveva molto poco di nazista e molto invece di ebraico, se si considerano le indagini che aveva fatto fare su di lui il cancelliere austriaco Dollfuss.

Engelbert Dollfuss

Secondo quanto rivelato da Walter Lange nel suo libro “Il rapporto segreto”, in base ad un rapporto segreto dell’OSS americana, la polizia di Dolfuss giunge alle stesse conclusioni di Hans Frank.

Gli investigatori del cancelliere austriaco avevano scoperto che il padre di Hitler, Alois, era il frutto di una relazione illegittima tra la nonna del fuhrer, Maria Schicklgruber, e il barone austriaco di casa Rothschild, presso il quale la donna prestava servizio.

Si comprenderebbe così perché il giovane Hitler avesse tutt’altro che disprezzo per i Rothschild, ma Dolfuss segue la stessa sorte di Hanisch.

Viene ucciso su ordine del cancelliere tedesco, una circostanza che irrita più di tutti Benito Mussolini, il primo probabilmente a capire quale pericolo rappresentasse Hitler per l’Europa.

Il fuhrer vuole nascondere quell’inconfessabile passato, e ogni qual volta spuntano tracce e documenti in grado di dimostrare quali sono i veri ispiratori e burattinai del nazismo, esse vengono prontamente soppresse, come accaduto anche all’editore di un libro firmato da un autore sotto pseudonimo, Sidney Warburg che scrisse un libro dal titolo “Le origini finanziarie del nazionalsocialismo.”

Nel libro, ci sono informazioni che soltanto chi era nel partito nazista o tra i suoi finanziatori poteva conoscere.

Warburg racconta tutti i generosi prestiti che importanti esponenti della finanza internazionale elargiscono ad Hitler.

Tra questi, c’è un prestito della banca olandese von Heydt Bank a favore dei nazisti, un fatto che emerse soltanto 52 anni dopo la pubblicazione del libro quando il governo tedesco iniziò a declassificare i documenti che raccontavano le varie transazioni finanziarie a favore di Hitler.

I nazisti non trovarono chiuse le porte delle banche. Tutt’altro.

I cordoni delle borse dei banchieri si sono generosamente aperti per questo partito, nonostante sulla carte gli ambienti del “grande” capitale non dovrebbero dare un centesimo a coloro che sulla carta dovrebbero essere i loro più agguerriti nemici.

Eppure non è ciò che avviene.

Warburg nel suo libro racconta di incontri ad altissimo livello, ai quali prendono parte esponenti della Bank of England e della famiglia Rockefeller, e i vari padroni del capitale dopo delle discussioni tra di loro decidono di aprire delle linee di credito al partito nazista.

Si vuole favorire l’ascesa del fuhrer.

Si vuole che salga al potere un politico che è pronto a tutto, che ricerca uno spazio vitale, necessario per precipitare l’Europa in un’altra guerra globale, dalla quale poi verrà fuori l’ordine dell’impero americano e lo stato di Israele, che ancora oggi ha un debito di riconoscenza verso la Germania nazista.

Jeffrey Epstein e l’articolo sugli amici ebrei di Hitler

Jeffrey Epstein si stava interessando di tutto questo. Aveva sulla sua scrivania un articolo del citato giornale locale dello Utah che era stato pubblicato molti anni prima, nel 1976, e che non era di certo d’attualità in quei giorni.

Il pezzo al quale si stava interessando Epstein

Eppure l’uomo del Mossad sembrava molto interessato a quell’articolo nel quale si raccontavano le vicissitudini del giovane Hitler.

Nel pezzo, vengono raccontate tutte le difficoltà del 18enne Adolf.

Le sue fatiche per sopravvivere nella fredda Vienna d’inverno, senza nemmeno un vestiario adeguato, in un dormitorio ebraico che Hitler avrebbe dovuto ripudiare e che invece considerava di casa, fino al fatto che  ad aiutare il pittore in disgrazia nella pensione dove soggiornava fosse una famiglia ebraica di nome Epstein.

Epstein scrive tra il serio e il faceto che l’ultima cosa di cui ha bisogno è quella di essere associato a Hitler per via del suo passato, ma nessuno aveva e ha citato quell’articolo di giornale fino ad ora.

Nessuno scrisse che il fuhrer da giovane era aiutato da degli Epstein in Austria, tantomeno qualcuno scrisse che Jeffrey Epstein fosse imparentato con loro, anche se il nome Epstein sembra avere una certa frequenza negli ambienti ebraici, e tra questi si può pensare ad un altro famoso personaggio come Brian Epstein, manager e costruttore dei celebri Beatles.

Epstein però ci aveva pensato e lo aveva fatto presente a Steve Bannon.

C’è qualcosa che gli storici e i media non vogliono assolutamente dire su Adolf Hitler, perché serve tenere in piedi una certa falsa narrazione che contrappone il mondo sionista e quello nazista.

Sembra essere una verità questa conosciuta, ma taciuta dalle cancellerie internazionali.

Qualche tempo fa, il ministro degli Esteri russo, Lavrov, affermò che Adolf Hitler era di origini ebraiche.

Mosca sa evidentemente la verità, e volle rivelarla al’alba della guerra con il regime nazista di Kiev, composto in larghissima parte da individui di origini askenazite, a partire dallo stesso Zelensky.

A  sapere questa verità e delle liason “pericolose” del fuhrer, c’era probabilmente proprio lui, il pedofilo del Mossad: Jeffrey Epstein.

La vera storia del’900 attende ancora di essere raccontata.

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6 Commenti

  1. Claudio

    Ogni volta che leggo i suoi articoli non riesco a fare a meno di pensare a quante balle ci hanno da sempre propinato e di come continuino a farlo tutt’ora, nonostante l’evidente minor seguito di cui godono i cosiddetti padroni del pensiero unico. Lei afferma, giustamente, che la storia del novecento attende ancora di essere raccontata, sono perfettamente d’accordo con lei, ma prima si dovrà smantellare il monopolio dell’informazione che è in mano ai soliti noti e poi ci vorrà tutta la pazienza di questo mondo per “rieducare” le masse a un secolo e mezzo di fatti storici che dovranno essere raccontati per come si sono verificati realmente. Sarà dura e ci vorrà davvero tanto tempo. I miei complimenti per i suoi sempre tanto apprezzabili quanto documentati articoli.

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  2. Gabriele

    1. Le due guerre mondiali ovviamente sono state progettate a tavolino dai soliti per portare al nascere delle strutture sovranazionali quali onu,oms, ue, stato Israele e tutto il resto che e’ arrivato fino ad oggi, indispensabile per arrivare al governo globale preceduto dalla terza e ultima guerra mondiale, come giustamente più volte riportato dal suo blog. Gli adolf hitler della situazione così come i vari personaggi del passato e del presente come napoleone bonaparte, carl marx ecc sono state solo figure di facciata, manifesti.

    2. Non ho mai capito come possa Gesù discendere dalla stirpe di re Davide quando quest’ ultimo era ebreo.

    3. Se e’ vero che la chiesa Cattolica e’ stata fondata con Pietro (Simone), com’e’ possibile visto che quest’ ultimo era pure ebreo.

    4. Com’e’ possibile che ancora ad oggi siano sempre di mezzo visto che recentemente l ‘ebreo kushner sia stato invitato da Trump ai colloqui ucraini, quando invece dovrebbero starne fuori e isolati.

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    • La Cruna dell'Ago

      La 2 e la 3 non hanno molto senso. Una parte di ebrei seguì Cristo, un’altra purtroppo no. Per quello che riguarda l 4, Kushner è soltanto uno strumento di cui si serve Trump. Esegue solo degli ordini e non ha molta scelta visto che Trump lo ha colto im più di un’occasione a fare gli interessi di Israele.

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  3. Gian Franco

    In questi ultimi anni si sono dette tante “novità” su Hitler: la sua presunta origine ebraica, la sua ascesa al potere finanziata dalla finanza USA, la sua fuga nel 1945 in Sudamerica e altri particolari che però non sono sostenuti ne da documentazione ne da prove certe. Si parla di voci, di testimoni e quant’altro ma nessuno ha mai esibito la benché minima prova. Che fosse di origine ebraica ho qualche dubbio ma se anche lo fosse stato non vedo cosa cambia. Il suo giudizio verso gli ebrei maturò dopo, quando le vicissitudini della prima guerra mondiale, l’ascesa del bolscevismo in Russia e la fame in Germania durante la Repubblica di Weimar gli aprirono gli occhi su una realtà che gli era sconosciuta anche perché risaliva ai primi anni del 900 quando lui, appunto, era diciottenne.

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    • La Cruna dell'Ago

      Quindi il suo “giudizio” sarebbe maturato dopo per poi prendere da loro i soldi? Perché mai poi le banche avrebbero dovuto aiutare chi sulla carta era un loro presunto nemico?

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