di Cesare Sacchetti A Pavia, improvvisamente vengono aperte inchieste che soltanto 4 o 5 anni fa...
Gli Elkann trattano con il fisco: Margherita Agnelli vicina alla vittoria per l’eredità di Gianni Agnelli?
di Cesare Sacchetti
Si è passati dalle negazioni più convinte e ostinate riguardo alla truffa perseguita ai danni del fisco italiano, alle trattative con il fisco.
Sembra infatti che gli Elkann abbiano deciso di scendere a compromessi con l’agenzia delle Entrate e di versare 175 milioni di euro a titolo di risarcimento per le mancate imposte sulle tasse di successione non versate allo Stato italiano per via del testamento di Marella Agnelli Caracciolo, residente fiscale fittizia in Svizzera, mentre in realtà lo era in Italia.
A leggere le dichiarazioni del legale dei tre Elkann, Ginevra, Lapo e John non si può fare a meno di sorridere, perché, a detta dei tre figli di Marella, loro avrebbero deciso di risolvere la controversia con il fisco italiano per “chiudere rapidamente e definitivamente una vicenda dolorosa sul piano personale e familiare”.
Si apprende quindi che si versa la ingentissima somma di 175 milioni di euro allo Stato soltanto per ragioni di carattere “emotivo”, ma ogni volta che si segue la controversa storia della eredità di Margherita si apprende evidentemente qualcosa di nuovo.
Se si accantonano per un istante i paradossali comunicati dei legali della famiglia Elkann, si avverte invece la netta sensazione che gli eredi designati da Gianni Agnelli si stiano dando da fare per evitare il processo penale per truffa ai danni dello Stato nella speranza che il reato contestato venga estinto.
John Elkann non può permettersi a questo giro di chiedere il patteggiamento perché se lo facesse la condanna penale definitiva a suo carico lo estrometterebbe dagli incarichi societari che oggi ricopre, e questo complicherebbe di molto la situazione di una famiglia che già da qualche tempo a questa parte attraversa una profonda crisi non solo economica, ma anche famigliare.
Le origini della guerra fratricida tra Margherita e i suoi figli
La faida con la madre dei tre, Margherita Agnelli, nasce non oggi, ma molti anni addietro, quando l’avvocato Gianni, aveva deciso, incredibilmente, di tagliare fuori dall’asse ereditario la sua figlia carnale, appunto Margherita, per lasciare il posto al delfino da lui designato, John Elkann, e fondere di fatto ciò che restava della dinastia della famiglia di imprenditori fondata da Giovanni Agnelli in un ramo degli Elkann, una famiglia di origini ebraiche imparentata con i Rothschild.
Gianni Agnelli e John Elkann
Gianni voleva essere sicuro che lo scettro della FIAT non passasse ai suoi figli e come un novello conte Ugolino ha fatto di tutto per assicurarsi che Edoardo e Margherita non ricevessero nulla e fossero estromessi dalla guida della FIAT.
La storia della cospirazione contro i figli di Gianni Agnelli prim’ancora che con Margherita Agnelli nasce però con Edoardo Agnelli, erede designato della dinastia della casa automobilistica di Torino, che non aveva affatto alcuna intenzione di cedere le redini dell’impero all’inesperto John Elkann, ma rivendicava la guida di ciò che gli sarebbe spettato di diritto.
Pur di screditare Edoardo, gli organi di stampa si sono adoperati per darne una immagine falsa, quella di un uomo “debole” e troppo introverso per poter guidare un colosso automobilistico, ma i veri motivi della fatwa contro il figlio maschio di Gianni sono la sua conversione all’islam sciita e la sua passione per l’Iran, il grande “nemico” di Israele, una “nazione” invece particolarmente cara non solo agli ambienti mondialisti frequentati dal patron della FIAT, ma anche dagli stessi Elkann, che diventeranno poi i nuovi padroni della FIAT.
Edoardo Agnelli in preghiera a Teheran
A mostrare tutta la predilezione per lo stato ebraico è stato proprio il marito di Margherita e padre di John, Alain Elkann, che invitò nel 2010 gli ebrei di tutto il mondo a trasferirsi in Israele per mettere così fine alla diaspora iniziata dopo la distruzione del Tempio da parte dell’imperatore Tito nel 70 d.C., così da evocare il definitivo compimento della Grande Israele, l’impero che il partito del Likud di Netanyahu vorrebbe follemente costruire.
Edoardo dunque doveva uscire di scena.
Troppo ingombrante la sua figura, troppo lontana dalle aspirazioni e dai desideri di quel mondo autocratico che invece suo padre Gianni voleva a tutti i costi servire.
Arriva così il giorno della sua fine già scritta, il 15 novembre del 2000, quando lo trovarono sotto il ponte dell’autostrada Torino – Savona, presunto “suicida”, secondo la versione ufficiale, nonostante sul suo corpo non ci fosse l’ombra di una frattura, e nonostante nessuno avesse visto il 46enne, che camminava con il bastone, arrampicarsi sulla balaustra e gettarsi nel vuoto.
La magistratura non dispose nemmeno l’autopsia per accertare le cause del decesso.
C’era fretta da parte di archiviare un caso che non assomigliava per nulla ad un suicidio, ma invece aveva tutte le caratteristiche dell’omicidio soprattutto se si pensa che mani esperte, quelle probabilmente di professionisti, avevano rimosso ogni singola impronta digitale dalla FIAT Croma di Edoardo.
La Croma di Edoardo Agnelli parcheggiata sulla autostrada Torino-Savona
Si sarebbe potuto vedere chi aveva accompagnato fuori dalla sua villa l’erede di Gianni, ma non fu possibile perché la solita DIGOS nemmeno sequestrò le immagini della residenza di Edoardo per vedere chi c’era con lui quel giorno.
Edoardo però non era l’unico “indesiderato” che poteva salire al trono dell’impero della FIATO.
C’era un’altra persona che poteva aspirare a quel ruolo, ed era sua sorella Margherita, che si trovò vittima di un complesso “artificio” al quale parteciparono sua madre e i suoi nipoti pur di estrometterla dall’asse ereditario.
Il piano partì negli ultimi anni di vita di Gianni che mise il suo patrimonio in una società agricola segreta, la Dicembre, che fino al 2021 era rimasta pressoché sconosciuta fino a quando un cambio di legislazione, forse non casuale, non fece emergere quella che si poteva considerare a tutti gli effetti la cassaforte del presidente della FIAT.
Dopo la morte di Gianni nel 2004, sua moglie Marella passa le quote della Dicembre ai suoi tre nipoti, John, Lapo e Ginevra attraverso una donazione a favore dei tre, che, secondo la procura di Torino, sarebbe stata concepita espressamente per escludere Margherita dall’asse ereditario e per evitare le imposte sulla tassa di successione che invece avrebbero dovuto essere versate al fisco.
Più semplicemente, Gianni Agnelli e sua moglie Marella avrebbero agito deliberatamente per escludere dall’eredità i due loro figli, qualcosa che può apparire assurdo all’esterno se non ci conosce la “filosofia” di Gianni, per tutta la sua vita vicinissimo a certi club e circoli del mondialismo che avevano una idea ben precisa di quale posizione economica sarebbe spettata all’Italia, ovvero quella della colonia.
Nell’ottica dei centri di potere quali il Bilderberg e il club di Roma, l’Italia doveva subire una violenta deindustrializzazione, un depauperamento di un Paese tra i più ricchi d’Europa che dopo la famigerata svendita del 1992 e l’ingresso nell’eurozona si è anche trovata privata della facoltà di stampare moneta, rimessa alla BCE, banca “centrale” atipica che non risponde agli Stati europei e non finanzia il loro deficit.
Gianni voleva esattamente questo. Non era interessato alle sorti del Belpaese.
Voleva che l’Italia e l’Europa si dirigessero verso la tanto, da lui, agognata governance globale che si era definita nel corso delle annuali riunioni alla Commissione Trilaterale e al Bilderberg, del quale Agnelli era un membro privilegiato.
La svendita dell’Italia prevedeva anche la internazionalizzazione della FIAT che infatti oggi non è nemmeno più tale.
Oggi la FIAT si è fusa in una holding internazionale, Stellantis, nella quale la parte del leone la fanno le società automobilistiche francesi, in particolar modo Peugeot e Citroën, partecipate dallo Stato francese tramite la banca pubblica Bpifrance, spostando così l’asse economico dell’Italia verso Parigi, in perfetta continuità purtroppo con il trattato del Quirinale firmato nel novembre del 2021 dall’ex presidente del Consiglio, Mario Draghi, e il presidente della Repubblica, Mattarella, del quale ancora oggi non se ne conosce esattamente il contenuto.
Affermare che il piano, perché di questo si è trattato, per estromettere Edoardo e Margherita dalla loro eredità sia parte di una più generale pianificazione di spossessamento e colonizzazione dell’Italia è perfettamente coerente con ciò che voleva Gianni, che voleva consegnare la FIAT non agli Agnelli, i suoi figli, ma agli Elkann, che oggi l’hanno ridotta nelle pietose condizioni che tutti possono vedere.
Margherita però non è mai stata così vicina dal vincere la sua battaglia come lo è ora.
A settembre i suoi avvocati chiederanno di assumere nel processo civile in programma i documenti attraverso i quali i tre Elkann di fatto riconoscono che la residenza fiscale di Marella non era in Svizzera, ma in Italia, e, quindi, di conseguenza, viene ammesso che c’è stato un raggiro fiscale per non pagare le imposte in Italia ed estromettere la figlia di Gianni dall’asse ereditario.
La genesi dell’inchiesta di Torino e l’ingegner De Benedetti
Ci si chiede però, legittimamente, perché soltanto ora, a distanza di più di 20 anni dalla morte dell’avvocato, la macchina giudiziaria della procura di Torino, prima ferma, si sia improvvisamente messa in moto per risalire alle tracce di un raggiro che forse avrebbe potuto essere scoperto molti anni addietro, e, anche in tal caso, se non si prendono in considerazione i vari dissapori, o faide, in corso nell’establishment italiano, difficilmente si viene a capo di qualcosa.
Dovrebbe essere noto ormai che la magistratura è tutto tranne che “indipendente” come recita ipocritamente la Costituzione del 1948, in quanto essa è un organo correntizio dominato dalle varie logge massoniche che si servono delle toghe come un randello per colpire gli avversari o come una scopa, a seconda delle esigenze, per insabbiare i casi più scomodi.
Negli ultimi tempi, c’è stata una frattura in seno a questi ambienti che ha provocato a sua volta l’apertura di inchieste, si vedano quelle di Garlasco e della procura di Caltanissetta sull’agenda rossa di Borsellino, prima sepolte e che oggi si rianimano dopo essere state chiuse per lunghi anni nei polverosi armadi delle varie procure italiane.
A spingere i togati torinesi ad aprire un’inchiesta sugli Elkann è stata con ogni probabilità la faida con un altro capitalista tristemente noto nella storia italiana, il famigerato ingegnere Carlo De Benedetti, anch’egli di origini ebraiche come i tre Elkann, che non ha affatto gradito come questa famiglia dopo aver acquistato l’impero mediatico dell’ingegnere, formato da La Repubblica e L’Espresso, lo stia di fatto lasciando andare alla deriva, senza preoccuparsi troppo di tenerlo in vita.
Ad esternare questo malumore, se non vera e propria furia, è stato proprio l’ex socio in affari del massone Roberto Calvi, quando l’anno scorso disse testualmente che John Elkann “aveva distrutto La Repubblica”.
De Benedetti nella sua intervista su La7 tuona contro John Elkann
L’ingegnere se pensa che John Elkann ha avuto questo merito si illude perché anche se il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari fosse rimasto nelle sue mani, non sarebbe cambiato poi granché.
Avere in mano un gruppo mediatico della carta stampata significa mantenere un enorme carrozzone in perdita, che costa tantissimo e che rende pochissimo, perché i quotidiani dei “grandi” gruppi, sia nella loro versione cartacea che in quella digitate, non hanno più la capacità di spostare l’opinione pubblica come una volta.
Un tempo avere in mano Il Corriere o La Repubblica significava avere in mano la possibilità di decidere cosa far sapere e dunque pensare a milioni di persone, ma oggi non è più così.
L’ingegnere forse non lo ha ancora capito, ma è arduo non vedere come lo scontro tra lui e gli Elkann abbia “propiziato”, per così dire, l’inchiesta della procura di Torino.
Margherita quindi oggi ha davvero una possibilità di entrare in Exor, la finanziaria olandese, perché gli Elkann è lì che pagano le tasse, che possiede The Economist, La Repubblica, La Stampa, ma soprattutto la Ferrari, la Juventus oltre ad avere una partecipazione nell’altra holding, la citata Stellantis, più francese che italiana, dove ci sono la FIAT, l’Alfa Romeo e la Lancia.
Se Margherita Agnelli dovesse vincere la causa civile, è difficile prevedere cosa faranno gli Elkann, che hanno già messo sul mercato i due quotidiani, La Repubblica e La Stampa, che difficilmente troveranno un compratore, considerata la situazione debitoria e il poco profitto che questi decotti asset producono.
Non è da escludersi qualche colpo di mano, qualche altra improvvisa vendita o svendita degli altri gioielli, dopo la vendita del gioiello della robotica, Comau, al fondo americano One Equity.
Si è visto chiaramente qual è la filosofia che governa la famiglia alla quale Gianni Agnelli disgraziatamente ha consegnato le chiavi della FIAT.
E’ quella del profitto ad ogni costo, e se ciò vuol dire svendere allo straniero qualche altro gioiello, poco importa.
Si sta chiudendo così la stagione della repubblica angloamericana di Cassibile.
Tra le faide più feroci dei suoi tenutari ormai rimasti senza le protezioni di un tempo.
Il prossimo autunno, la resa dei conti in corso nello stato profondo italiano si annuncia ancora più intensa.
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Letto tutto d’un fiato!! Io ho una certa età….non dovrei più meravigliarmi di come vanno certe cose…eppure ogni volta che ritengo che il fondo si sia toccato, puntualmente vengo smentito da accadimenti come quelli narrati in questo articolo. Ringrazio il dott. Sacchetti per il suo preziosissimo lavoro, mi auguro ardentemente che si possa, in qualche modo, riscattarci in futuro da questi ultimi 40 anni.
Salve Claudio, ti ringrazio. L’occasione sembra più che propizia.
John & C. con questo “pagamento” all’Erario NON richiesto, a mio modesto parere hanno commesso un madornale, grande errore: hanno ammesso esplicitamente e di persona, che donna Marella risiedeva in Italia e non in Svizzera. Ora si deve solo sperare che i togati piemontesi continuino sulla loro linea e non si fermino.
Non lo vedo un procedere così semplice. Non dovessero fermarsi ci divertiremo e gli Elkhan (ndr: traduzione Signor Khan), vecchia potentissima famiglia semitica, potrebbero finire male. Hanno puntato tutto sulla finanza, distruggendo passo dopo passo tutte le attività produttive, ma anche la finanza, in un tempo ragionevolmente breve, potrebbe ricevere una pesante spallata, che potrebbe ridiscuterne tutte le regole speculative, attualmente in uso.
Queste storie di famiglia sono normali, mio padre, volutamente con la minuscola, non riuscendo a mettere le mani sui fondi di mia Madre (li gestiva mia Madre ma erano miei), sfruttò un momento di debolezza di mia Madre, che non era proprio in ottima salute, e riuscì a bloccare tutto e a rendermi tutto non disponibile. Mi ci sono voluti quasi 15 anni, per recuperare ciò che era mio. Margherita, prima di iniziare la sua rivalsa e per salvarsi, ha trasportato molti dei suoi averi in Uruguay, lontano dalle grinfie e dalle leve europee, gestibili e utilizzabili dagli Elkhan, per danneggiarla.
Ciò che mi ha meravigliato di questa storia, è la posizione di Lavinia Borromeo, la consorte di John. La credevo l’agnello sacrificale, finito nelle grinfie del lupo; assolutamente falso: è peggio di John e anche più intelligente.