I bambini “rubati” e la società deviata creata dalla scuola di Francoforte

28/11/2025

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di Cesare Sacchetti

A Palmoli,  c’è un posto in mezzo ai boschi e ci sono delle case di persone che da tempo vivono lì, alla ricerca probabilmente di uno stile di vita diverso, più vicino a quello di un tempo a contatto con la natura.

E’ la storia di Nathan Trevallion e di sua moglie Catherine che da qualche anno si trovano lì, con i loro bambini, in una casa dove non fanno male a nessuno, e dove crescono i loro bambini senza che questi frequentino le scuole come fanno altri loro coetanei.

I bambini non stanno crescendo nell’analfabetismo.

La famiglia di Nathan Trevallion

Vengono istruiti dai loro genitori attraverso la scolarizzazione domestica, una formula scelta da altre famiglie in Italia e nel resto del mondo da genitori forse stanchi di una scuola sempre meno volta all’insegnamento dell’italiano, della storia e della matematica, e sempre più cassa di risonanza invece del “verbo” del liberal-progressismo e della società infetta che tale deviata ideologia ha partorito.

Sui banchi di scuola non si studia nella prima infanzia soltanto l’alfabeto o le addizioni, ma si viene “edotti” sull’agenda 2030 delle Nazioni Unite, sulla bugia antiscientifica dei cambiamenti climatici, e in seguito, quando si diventa un po’ più grandi, si inizia ad essere iniziati al culto olocaustico e alla propaganda femminista che vuole demascolinizzare i bambini.

Se si è padri e madri di bambini e giovani, non si possono condannare quei genitori che decidono di ricorrere alla scolarizzazione famigliare, perché ormai si è giunti all’inevitabile e imprescindibile necessità di difendere le giovani generazioni da un sistema pensato per distruggere le loro menti, tanto da sollevare in loro criminali confusioni sulla loro identità di genere e aprire la porta così al deviato e satanico progetto del gender.

Il sistema vuole, più semplicemente, costruire una generazione di “uomini” femminilizzati che si avvicinino alla omosessualità, che inizino a considerare il maschio, soltanto quello bianco però, come una sorta di irriducibile predatore che incarna la “disgraziatissima” società del patriarcato così tanto odiata dal femminismo.

Sono le parole e la musica di una non compianta “scrittrice” come Michela Murgia, che negli anni passati arrivò persino a parlare della “necessità” di adottare un fascistometro,  una sorta di termometro del livello di fascistizzazione di una determinata tendenza o abitudine, il tutto per respingere qualsiasi cosa che possa arrestare o minacciare il processo di ingegneria sociale in corso ormai da almeno 57 anni, ovvero da quell’infausto ’68.

Le origini della guerra alla società cristiana: la scuola di Francoforte

Michela Murgia però non ha inventato nulla,tantomeno lo hanno fatto personaggi del “calibro” di Laura Boldrini, Paola Cortellesi, Corrado Augias, Emma Bonino e degli altri agenti di questa guerra alla società tradizionale cristiana.

Sono ognuno a loro modo discepoli e discepole dell’infausta scuola di Francoforte che ha concepito la moderna società in ogni aspetto che si vive purtroppo al giorno d’oggi.

A dichiarare guerra per primi all’Europa cristiana attraverso una sintesi del pensiero marxista e della psicanalisi di Freud è stato questo manipolo di filosofi, in larghissima parte tutti tedeschi di origini ebraiche, che avevano in mente una società del pessimismo, dell’abbandono, della perdizione e dell’abulia spirituale.

A pensare un tipo di società che facesse guerra a Dio è stato il capostipite di tale scuola, il famigerato Theodor Adorno, che ebbe un ruolo chiave non soltanto nella guerra alla tradizione, ma anche nella diffusione di uno stile di vita nichilista, nel quale l’uomo si lascia andare al consumo di droghe, all’odio verso la sua patria e verso la famiglia, il nucleo di tutta la società cristiana dalla notte dei tempi.

Theodor Adorno

Adorno aveva una missione. Doveva distruggere. Doveva fare in modo che i giovani che crescessero in quel periodo iniziassero a provare un moto di repulsione verso i loro padri, a considerare il cristianesimo come un inganno, per costruire un altro tipo di uomo, senza valori e perfettamente pronto ad accettare una società del degrado, scristianizzata, e in preda ad una sempre più crescente demoralizzazione.

La scuola di Francoforte nasce esplicitamente per tale scopo. Essa serviva ad abbattere un mondo per sostituirne con un altro, dove la famiglia non c’è più, e i figli non sono di nessuno, ma dello Stato.

A concepire prim’ancora una società senza famiglia, sono stati altri due filosofi tedeschi anch’essi di origini ebraiche, e considerati i padri del comunismo, ovvero Karl Mark e Friedrich Engels.

Marx e Engels volevano una società nella quale il bambino non dovesse più crescere con il padre e la madre.

Il bambino doveva essere trasferito in una sorta di comune, laddove i figli erano di tutti, e quindi di nessuno, e la trasmissione dei “valori” non avrebbe dovuto essere altro che quella del pensiero comunista, fondato sul materialismo storico e sull’ateismo.

Si trova chiaramente espressa l’idea della post-famiglia del comunismo nell’opera di Engels, “Origini della famiglia” nella quale il filosofo elogiava apertamente il nascente movimento femminista.

Engels dichiarava apertamente che bisognava erigere una società del matriarcato al posto di quella del patriarcato, e la guerra al maschio nasce proprio da qui, dall’esigenza del comunismo di abbattere l’uomo, il padre, la famiglia e di conseguenza tutto il mondo antico che da moltissimi secoli si era retto su tali fondamenta.

Una volta sradicata la famiglia si arriva al collettivismo famigliare, e una volta giunti lì, c’è l’ultima fermata, il riconoscimento della pedofilia voluto da tali filosofi.

Nathan Trevallion e sua moglie sono soltanto le ultime vittime di questa guerra alla famiglia iniziata molto tempo prima, e che aveva già iniziato a dare i suoi primi “frutti” negli anni successivi al’68, quando iniziarono a comparire le prime comuni, tra le quali c’era il famigerato Forteto in Toscana.

Attorno al Forteto c’era un sistema collaudatissimo.

I suoi fondatori, Rodolfo Fiesoli e Luigi Goffredi, non erano altro che orchi travestiti da benefattori, emissari della rivoluzione sessantottina che commettevano abusi contro i minori e i bambini che finivano ospiti della loro comune.

Rodolfo Fiesoli

Verso i primi anni’80, iniziano a fioccare le denunce contro gli uomini, arrivano le condanne in via definitiva, eppure il tribunale dei Minori di Firenze, continua a mandare a questa comune i bambini, nonostante le gravi condanne penali subite dai suoi fondatori.

Al Forteto, c’è il pellegrinaggio della politica che conta e c’è chiaramente la protezione di una magistratura che ha sempre fatto di tutto per proteggere questo luogo degli orrori, nonostante fossero evidentissime e definitive le prove degli abusi.

In un verbale nascosto e “dimenticato” dalla stampa negli anni passati, l’informatore dei Carabinieri Domenico Rizzuto afferma che nella comune di Fiesoli si recavano magistrati di altissimo livello della regione.

Sarebbe così evidente la ragione per la quale il Forteto ha potuto operare nell’impunità per più di 35 anni.

C’era il sistema giudiziario a proteggere gli orchi perché il primo era ed è praticamente indistinguibile dal secondo.

Se si comprende quindi il processo rivoluzionario concepito dagli intellettuali di Francoforte, noti apologeti della pedofilia, si comprende quanto accaduto 30 anni prima nel cuore della Toscana, e di conseguenza si arriva a comprendere quanto capitato oggi alla famiglia nel bosco.

La guerra culturale ha una concatenazione logica praticamente matematica, perfettamente esatta e che porta ogni volta allo stesso risultato.

Le dinamiche sono pressoché le medesime anche oggi.

Si può vedere ancora una volta la magistratura, sempre attraverso il tribunale dei Minori, che sottrae dei bambini ad una famiglia normale soltanto per la mera motivazione di un contesto “poco adatto”, anche se in quella casa non c’è nulla che sia una vera minaccia per gli infanti, e anche se altre realtà estremamente e realmente degradate, non vengono sfiorate nemmeno con un dito.

Se si cerca il degrado, quello vero, allora lo si può trovare nei campi rom,  dove i bambini crescono tra furti, ricettazione, analfabetismo rampante e traffico di esseri umani, perché in tali luoghi vanno e vengono anche diversi bimbi scomparsi.

Lì i riflettori dei tribunali dei Minori però non si accendono.

Lì non interessa proteggere la vita del minore e del bambino, perché le comunità rom sono parte di un sistema che vuole premiare chi vive al di fuori del vivere civile e chi invece cerca di condurre una vita normale.

Si vuole eseguire una sorta di osmosi.

Ogni cosa dev’essere rovesciata, ogni tradizione sovvertita, in nome di una falsa protezione delle minoranze, culturali e sessuali, che in realtà serve semplicemente a cancellare l’identità di una nazione, i suoi usi, i suoi costumi, e soprattutto la sua religione.

Ad iniziare il sovvertimento morale furono già nell’800 filosofi e sessuologi come Albert Moll, anch’egli tedesco di origini ebraiche e precursore dell’ancora più famigerato Magnus Hirschfeld, che esaltavano come “modelli” sociali disadattati ed emarginati di vario tipo, tanto da trasformarli in “eroi” perseguitati dalla società, fino ad arrivare alla contemporanea applicazione nella quale la devianza è divenuta “normalità” e la normalità devianza.

Proprio in Hirschfeld si fa ancora più evidente e marcata l’idiosincrasia verso la cristianità odiata dal pedofilo fondatore dell’istituto delle scienze sessuali, poiché il suo retaggio impediva quella che ai suoi occhi di “devoto” praticante talmudico era la “emancipazione”,  ovvero la rimozione di ogni tabù, il riconoscimento della pedofilia, della bestialità e financo dell’incesto.

Magnus Hirschfeld

Agli occhi di tali portatori della perversione, il cristianesimo era come un pesantissimo macigno che andava rimosso per arrivare alla manifestazione definitiva della devianza, e ciò porta all’infezione odierna.

Ciò porta ai moderni discepoli di Moll, Adorno, e Hirschfled, degli “intellettuali” da strapazzo promossi dai mezzi di comunicazione in quanto megafoni di tale ideologia, e lo stesso avviene per la cosiddetta magistratura “indipendente” allevata alle idee di Francoforte e dintorni.

La rivoluzione ha marciato passo dopo passo, anno dopo anno, decennio dopo decennio, fino al tempo presente.

Sono stati così attaccati i pilastri della tradizione, per cercare di mettere al loro posto le fragilissime colonne del liberal-marxismo che ha contaminato ogni espressione delle istituzioni.

Il caso della famiglia del bosco può quindi essere considerato un altro capitolo della guerra alla famiglia, ma ancora di più una applicazione della tattica dell’intimidazione collettiva che si ispira al motto di Mao “colpirne uno per educarne cento”.

L’apparato liberal-massonico sa evidentemente che la situazione gli sta sfuggendo di mano.

Sa che ormai non sono pochi gli italiani e le italiane che hanno sviluppato i necessari anticorpi alle bugie di un potere che non ha fatto altro che attentare alla vita delle famiglie e dei bambini non solo attraverso la propaganda progressista che vuole distruggere le menti, ma anche attraverso i farmaci che stanno portando ad una mortalità infantile mai vista prima della farsa pandemica.

Sembra essere questa dunque una sorta di aggressione scomposta, una disperata e parossistica ricerca per voler trascinare a tutti i costi la società verso una rivoluzione che ha già sparato tutte le sue cartucce, e che al momento attuale pare aver superato la soglia di efficacia.

Adorno e i suoi non avevano previsto che superata una certa soglia, qualsiasi tentativo di voler far ingoiare a forza alla popolazione il degrado della loro “filosofia” avrebbe portato ad una reazione uguale e contraria.

Se si guardano con attenzioni i tempi attuali, si vedrà come ormai sia già iniziata una crisi di rigetto di questa società della devianza e di tutte le sue aberrazioni morali e culturali.

Arrivati a tal punto, qualsiasi ulteriore sforzo nella direzione di costruire il collettivismo famigliare e di demonizzare la tradizione, produrrà il risultato contrario.

Ed è esattamente quello che sta accadendo.

In Italia e in Europa, i popoli chiedono e vogliono il ritorno dell’Europa cristiana perché da troppo tempo vivono sulla propria pelle l’inferno e la follia della rivoluzione sessantottina.

Il’68 e i suoi cattivi maestri forse dopo quasi 60 anni stanno finalmente per finire.

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